I ragazzi delle periferie? Inquietudine, paura per le famiglie, insoddisfatti della scuola. Ma voglia di riscatto

La fotografia nel report “Diritti ai margini” di WeWorld. “Dobbiamo intervenire per garantire il diritto al futuro a tutti i bambini e le bambine, partendo da una scuola incentrata anche sul benessere, che annulli le diseguaglianze. Oggi invece non tutte le scuole sono uguali e il nostro sistema lascia indietro gli ultimi: chi vive ai margini (come le periferie) non ha le stesse possibilità per costruirsi un futuro”

I ragazzi delle periferie? Inquietudine, paura per le famiglie, insoddisfatti della scuola. Ma voglia di riscatto

Desiderio di riscatto, paura per l’economia delle loro famiglie, insoddisfazione verso la scuola, tanta ansia e inquietudine verso il futuroWeWorld - organizzazione italiana indipendente impegnata da oltre 50 anni con progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario in 27 Paesi, compresa l’Italia – ha fotografato con il report “Diritti ai margini. Rimettere al centro il futuro di bambini/e e adolescenti delle periferie italiane” emozioni, paure, sogni e desideri di bambini/e e ragazzi/e dagli 8 ai 19 anni, residenti nelle periferie di cinque città italiane dove WeWorld è attiva con i suoi centri per supportare i giovani e le loro famiglie e contrastare disuguaglianze, dispersione scolastica e povertà educativa.

Il Report è partito da una semplice domanda, “Come stai?”, fatta ai giovani delle periferie italiane coinvolti nei progetti di WeWorld, per poi analizzare la loro condizione, con contributi degli operatori che tutti i giorni lavorano con i ragazzi. I ragazzi protagonisti del report sono coinvolti nei progetti di WeWorld a Milano (quartiere Barona) a Roma (San Basilio), Cagliari (Sant’Elia), Catania (San Cristoforo), Aversa, e sono stati interpellati sulla loro situazione socioeconomica ma soprattutto sulle loro emozioni e aspettative per il futuro: il risultato è una “fotografia” delle periferie italiane che ne mette in luce complessità e difficoltà ma anche desideri e speranze.

Ad emergere prima di tutto la necessità di ribaltare la prospettiva sulle periferie: “È ora di riconoscere la centralità e la dignità di persone e luoghi che da troppo tempo sono considerati ai margini: serve una visione trasformativa, che collochi le periferie italiane e i loro giovani al centro dell’agenda politica, sociale ed economica del Paese - commenta Dina Taddia, Ceo di WeWorld -. A rischiare di rimanere indietro, intrappolate nell’immobilità sociale, sono infatti soprattutto le nuove generazioni. Nelle periferie sociali e geografiche italiane il diritto al futuro dipenderà da quanto garantiremo il diritto all’educazione, scolastica ed extrascolastica, grazie all’azione congiunta di tutti gli attori della comunità educante. Maggiore sarà l’attenzione che daremo ai giovani, partendo dalle periferie, migliore sarà il futuro che offriremo alla nostra società”.

“Dobbiamo intervenire per garantire il diritto al futuro a tutti i bambini e le bambine, partendo da una scuola incentrata anche sul benessere, non solo sulle hard skills, che vada ad agire sulle diseguaglianze. Oggi invece non tutte le scuole sono uguali e il nostro sistema lascia indietro gli ultimi: chi vive ai margini (come le periferie) non ha le stesse possibilità per costruirsi un futuro. L’educazione è un diritto che riguarda il pieno sviluppo della personalità umana, nonché condizione per l’esercizio e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Garantire un’educazione inclusiva e di qualità ha benefici non solo sui singoli, ma su tutta la comunità. In questo senso, la scuola rappresenta un potente strumento di contrasto alle disuguaglianze.

Le periferie si trovano un po’ dappertutto: dai quartieri nati abusivamente e ora sanati, lontani dai centri urbani, agli enormi complessi residenziali pubblici, situati a due passi dal centro storico, passando per le piccole località di montagna. “In queste molteplici e diverse periferie sociali, le disuguaglianze si distribuiscono lungo i confini regionali, provinciali e comunali e sono tutte accomunate da minori opportunità formative, di accesso e partecipazione a un’educazione di qualità, incidendo sulle prospettive future, professionali e lavorative di tutti, ma in particolare dei più giovani – sottolinea WeWorld -. Per contrastare queste disuguaglianze è fondamentale introdurre interventi strutturali, che coinvolgano tutta la comunità educante, che agiscano sulle competenze cognitive ed extra-cognitive e, soprattutto, sulla qualità dell’offerta culturale e formativa e sulle possibilità socioeconomiche dei territori. L’obiettivo è che il futuro delle nuove generazioni non sia segnato, fin da subito, dal luogo in cui nascono perché oggi nei territori che hanno minore offerta le competenze di studenti e studentesse sono più basse, come mostrato dai dati del report”. 

Voci dalle periferie: emozioni e condizione dei ragazzi

Venendo al report, va detto che a livello generale, le emozioni più provate sono felicità, rabbia, noia, ansia e confusione; per quanto riguarda la soddisfazione, questa viene soprattutto dai rapporti con famiglia (“molta soddisfazione” per il 55,56%) e dal rapporto con amici/amiche (26,26%). Le risposte più negative sono rivolte verso la scuola e vengono dagli 11-13enni (per il 55,10% sono poco/per nulla soddisfatti della scuola) e dai 14-16enni (20,41%).

Il futuro. Cosa pensano del futuro, i ragazzi e bambini delle periferie italiane? L’indagine pur rilevando un mix di emozioni - felicità (49,49%), ansia (44,44%) e speranza (41,41%), seguite da sorpresa (38,38%) e agitazione (28,28%) – ci racconta che la loro idea di futuro è accompagnata, per quasi 3 giovani su 4, da ansia e inquietudine.

Le Preoccupazioni dei ragazzi per il futuro. Oltre il 43% dei ragazzi/e interpellati ha paura di non raggiungere i propri obiettivi nella vita; le preoccupazioni riguardano poi il fatto di “non guadagnare abbastanza soldi per vivere tranquillamente (38%), e non trovare lavoro (28%). Aspetti che mostrano un diffuso desiderio di riscatto e accesso a possibilità che possano favorire la mobilità sociale.

Inoltre, più del 27% dei partecipanti dichiara di preoccuparsi “spesso” per il lavoro dei propri genitori; il 41% “qualche volta”; dati più negativi si registrano tra bambini e bambine con background migratorio. In particolare, tra gli 8 e i 10 anni, 3 bambini/e su 4 (76,92%) si preoccupano “sempre, spesso o qualche volta” per la condizione economica della propria famiglia; queste preoccupazioni possono avere ricadute su salute e rendimento scolastico, come nella scelta di abbandonare la scuola per contribuire al reddito familiare.

Per quasi il 20% dei partecipanti l’Italia non è un Paese che si occupa del futuro di bambini e adolescenti; per gli interpellati, gli ambiti che dovrebbero essere migliorati sono l’educazione, la scuola e le condizioni economiche delle famiglie. Inoltre, dovrebbero essere create più opportunità di svago e luoghi per fare sport e socializzare. I giovani dei centri di WeWorld nelle periferie italiane manifestano la volontà di sganciarsi dalla condizione socioeconomica di partenza.

“Per chi proviene da un contesto familiare di fragilità, l’educazione rappresenta uno strumento essenziale di mobilità sociale, che permette di contrastare le disuguaglianze di partenza e di accedere a opportunità lavorative per uscire da condizioni di esclusione e povertà - conclude Taddia - Se questa possibilità viene a mancare, aumenta il rischio di trasmissione intergenerazionale della povertà: infatti, i giovani che abbandonano gli studi precocemente sono disoccupati con maggiore frequenza rispetto ai coetanei. Il risultato è la creazione di un circolo vizioso in cui coloro che nascono in condizioni di vulnerabilità socioeconomica hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola, fatto che li rende più a rischio di disoccupazione e povertà. Infatti, percentuali molto elevate di abbandoni precoci si riscontrano dove il livello d’istruzione e quello professionale dei genitori è più basso e nei nuclei con maggior deprivazione economica. Il rischio di povertà delle famiglie in cui i genitori hanno al massimo la licenza media è del 10,9% e l’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 22,7% dei e delle giovani di questi nuclei, contro il 5,9% di chi ha genitori con un titolo secondario. Con WeWorld crediamo che questa tendenza possa e debba essere ribaltata, per questo le nostre proposte per garantire il diritto al futuro delle nuove generazioni partono proprio dalla scuola”.

Le proposte di WeWorld

Grazie alle esperienze maturate sul campo e alla collaborazione con le diverse realtà territoriali, WeWorld ha elaborato alcune proposte concrete per istituzioni, enti locali e la comunità educante un’agenda di priorità che mette al centro i e le giovani delle periferie per costruire un futuro migliore per il Paese, proprio a partire dalla scuola, in quanto fulcro dell’esperienza educativa. In sintesi:

SCUOLA DELL’OBBLIGO 3-18 ANNI: estendere l’obbligo di istruzione dalla fascia 6-16 a 3-18 anni, per estendere i benefici dell’educazione a tutti i bambini, con conseguenze positive nel lungo periodo nelle performance educative e nello sviluppo.
RIMODULAZIONE DEL CALENDARIO SCOLASTICO: “l’attuale calendario scolastico, con nove mesi di scuola a tre mesi di vacanze estive, incide negativamente sulle famiglie e sui loro bisogni, ma aumenta anche il rischio di povertà educativa, soprattutto per i giovani dei contesti più fragili. Chiediamo, dunque, di garantire l’apertura delle scuole anche nei mesi estivi, per assicurare continuità didattica e relazionale e prevenire l’abbandono scolastico”.
RIMODULAZIONE DEGLI ORARI DI INGRESSO E USCITA DA SCUOLA E TEMPO PIENO: “proponiamo di rimodulare gli orari di ingresso e di uscita dalle scuole per una migliore conciliazione dei tempi scuola-lavoro e garantire il tempo pieno nelle scuole alle famiglie che ne facciano richiesta”.

DIRIGENTE DEL “TEMPO EXTRA-SCUOLA”: introdurre un/a Dirigente del “tempo extra-scuola”, incaricato del potenziamento dell’offerta formativa e dell’organizzazione di attività extracurricolari, in collaborazione con le associazioni del terzo settore. “Proprio nei territori più vulnerabili, infatti, bisogna garantire esperienze educative pomeridiane per ridurre il peso dei divari socio economici”.
RAFFORZAMENTO DELLE COMPETENZE DI CITTADINANZA DIGITALE: introduzione di curricula educativi, in contesti di istruzione formale e informale, per permettere a bambini e adolescenti di acquisire competenze digitali di base e sviluppare una coscienza emotiva più attenta rispetto ai limiti e alle conseguenze delle relazioni online, l’alfabetizzazione digitale e strumenti per riconoscere le notizie false.
EDUCAZIONE AD AFFETTIVITÀ E SESSUALITÀ IN TUTTE LE SCUOLE: istituire percorsi obbligatori di educazione sessuale, focalizzati sugli aspetti biologici ma anche sulle dimensioni emotive e sociali della sessualità, per promuovere la salute sessuale di bambini e giovani, e affrontare temi sociali più ampi, come parità di genere e contrasto agli stereotipi.

EDUCAZIONE CIVICA: includendo nei percorsi di educazione civica, oltre agli insegnamenti di diritto e costituzione, anche tematiche come lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza digitale e l'Educazione alla cittadinanza globale.
PRINCIPIO DI GIUSTIZIA INTERGENERAZIONALE: prevedere in tutte le fasi dei processi decisionali una valutazione di impatto intergenerazionale delle politiche adottate e da adottare. Conformare le attività degli organi governativi al criterio di giustizia ed equità intergenerazionale per garantire che le decisioni prese tengano in considerazione gli effetti sulle nuove generazioni e sui loro diritti.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)