Quarantena, le nuove regole mettono a rischio i più fragili? "Serve una deroga, anzi tre"

Sara Bonanno, mamma caregiver di Simone, chiede una deroga al decreto n. 229 per i fragilissimi: “Pazienti immunocompromessi che necessitano di assistenza domiciliare subiscono manovre spesso invasive, in cui non è possibile mantenere la distanza. Per loro restino valide le misure di protezione che non valgono più per tutti gli altri contesti”

Quarantena, le nuove regole mettono a rischio i più fragili? "Serve una deroga, anzi tre"

Una deroga al decreto Quarantene per i pazienti fragilissimi, per scongiurare il rischio che siano assistiti da personale entrato in contatto diretto con il virus: a chiederlo è Sara Bonanno, mamma caregiver di Simone, gravemente disabile e dipendente dalle cure di infermieri e assistenti domiciliari, oltre che da quelle, costanti e continue, della mamma. In una Pec indirizzata alla Regione Lazio, Sara Bonanno denuncia una situazione che accresce le sue preoccupazioni: “In maniera gravemente discutibile il governo, con il decreto in oggetto, ha di fatto abbandonato ogni principio di precauzione verso le persone sanitariamente fragili, che potrebbero continuare a finire in terapia intensiva e morirci, anche se vaccinate con terza dose. Come purtroppo mostrano gli stessi dati ministeriali”.

La conseguenza di questo decreto, che Bonanno definisce “scellerato”, potrebbe essere drammatica: “Nel calderone dei morti irriducibili, che hanno scambiato la cura con il virus, finiranno anche quei fragili che si sono vaccinati - a volte anche supplicando di far presto! - e si sono sempre protetti coinvolgendo noi famigliari che, praticamente, viviamo in condizione di lockdown perenne. Com'è possibile che ci abbiano abbandonato? Per questo mi rivolgo alla sensibilità di voi dirigenti e rappresentanti delle istituzioni, chiedendo di porre, presto, prestissimo, delle misure in deroga al presente decreto in particolare verso chi, fragilissimo perché non autosufficiente, dipende totalmente dall'assistenza di personale specializzato”.

La questione riguarda soprattutto i pazienti in assistenza domiciliare ad elevata intensità con immunocompromissione, “ma anche a tutti quegli immunocompromessi necessitanti di assistenza domiciliare per cui – spiega Bonanno - la sola precauzione della mascherina ffp2 di un lavoratore che è venuto in contatto stretto e/o convive con un positivo al covid, non può rappresentare una barriera sufficiente al contagio. I pazienti Adi ad elevata intensità, infatti, sono soprattutto allettati ed incapaci di qualsiasi movimento autonomo, chi si occupa di loro non può mantenere quella distanza fisica che, insieme alla mascherina - e non in alternativa - rappresenta una misura di difesa al contagio. Non solo: il personale sanitario che opera a domicilio con questi pazienti compie frequentemente manovre invasive, quali l'aspirazione nasotracheale, il cateterismo, lo svuotamento intestinale ecc. Nei reparti questo personale è dotato di tuta di protezione cat.III Livello 2 monouso, maschera schermante trasparente, cuffia, sovra scarpe guanti e doppia mascherina”.

Ma la casa, pur quando diventa luogo di cura, non è certo un ospedale: in una struttura, “l' igienizzazione degli ambienti è continua ed effettuata mediante personale qualificato e, soprattutto, macchinari specializzati nella sanificazione che non possono essere acquistati da una normale famiglia”. In una casa, invece, “non si può pretendere che il caregiver familiare operi una continua sanificazione dell'ambiente, come avviene in un reparto!”.

Le tre richieste

Alla luce di tutto questo, “chiedo che nel caso di infermieri domiciliari si preveda una deroga al decreto Quarantene”. In particolare, tre sono le richieste: primo, che “il personale sanitario domiciliare abbia un obbligo di segnalazione di contatto stretto/convivenza con un positivo al covid”; secondo, “le società in convenzione dovranno dotare il personale di dpi adeguato nei domicili delle persone immunodepresse. Se ne sottolinea e ribadisce l'adeguatezza: perché gli immunocompromessi hanno più facilità di contagio rispetto ad un soggetto nella norma. La sola mascherina ffp2 non è sufficiente ne' per il paziente immunocompromesso ne' per gli altri operatori domiciliari e per gli stessi familiari che, se si ammalano, non potranno garantire l'indispensabile continuità assistenziale”; terzo, “nel caso di personale sanitario che è in convivenza con un positivo si dovrà provvedere, ove possibile, ad una sostituzione con altro personale o ad una sospensione della prestazione in attesa di guarigione e molecolare negativo. Insomma – conclude Bonanno - almeno per chi è in condizione di estrema fragilità sanitaria ed immunocompromissione chiedo che vengano messe in atto tutte quelle condizioni di protezione dal contagio che non valgono più per tutti gli altri contesti”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)