Nel discorso con cui si è presentato alla Camera per il voto di fiducia, Giuseppe Conte ha voluto subito marcare una differenza rispetto al metodo del “contratto” che aveva finito per ingessare il lavoro dell'esecutivo giallo-verde. Il Presidente del Consiglio ha insistito molto sul carattere di “ampio respiro”, di “lungo periodo” del programma del governo
Al di là dei buoni propositi su cui sarebbe difficile dissentire, ci sono però delle sottolineature e degli impegni più specifici che segnano l’identità programmatica del nuovo esecutivo e in alcuni casi marcano le differenze con il governo precedente
Dei 21 ministri, dieci sono espressione del M5S, nove del Pd, uno di Leu (la cui piccola rappresentanza è però decisiva al Senato) e la lista si completa con un tecnico in un ruolo di primissimo piano, quello di ministro degli Interni.
Con uno sguardo alla cronaca politica e uno alla storia, proviamo a rileggere le vicende dell’agosto politicamente più imprevedibile della vita della Repubblica. Parla Paolo Pombeni, storico e analista politico di grande autorevolezza ed esperienza: “La sfida che Conte ha davanti è quella di riuscire a trasferire l’esperienza internazionale nella gestione dei rapporti politici interni. Si tratta di una sfida molto impegnativa. Persino un personaggio come Prodi, che a livello internazionale ha raggiunto i massimi livelli e ha acquisito un profilo che gli viene ancora riconosciuto, in politica interna ha incontrato scogli talvolta insuperabili”
Ci sarà un nuovo giro di consultazioni, tra martedì e mercoledì, perché alcuni partiti hanno comunicato che “sono state avviate trattative per un'intesa” e anche “da parte di altre forze politiche è stata espressa la possibilità di ulteriori verifiche”. Una fotografia che coglie l'ambiguità dei movimenti in corso, con il confronto tra M5S e Pd da un lato e la Lega che tenta ancora i pentastellati. Ma questo secondo giro sarà “per trarre le conclusioni e per assumere le decisioni necessarie”. Dunque a metà della prossima settimana il rebus della crisi di governo dovrà essere sciolto
Se c'è un dato positivo in questo passaggio così impegnativo per il Paese, è proprio la ritrovata centralità del Parlamento e il riconoscimento del ruolo delle istituzioni nella gestione di una crisi che appare più profonda di un semplice avvicendamento maggioranza- opposizione. Il Paese ha bisogno di ritrovare coesione e solidarietà e di ripartire anche in termini economici. Servirebbe un sussulto di responsabilità da parte di tutti. Non è mai troppo tardi per smentire i profeti di sventura
Non è comunque automatico che si vada ad elezioni anticipate, ad appena un anno e mezzo dalle precedenti politiche. Il Capo dello Stato deve infatti verificare l'esistenza o meno di una maggioranza alternativa in Parlamento. Verifica che può essere effettuata attraverso le “consultazioni” dei gruppi parlamentari, sempre che dal passaggio in Parlamento per certificare la fine del governo non emergano già indicazioni sufficienti ed univoche. Il Presidente della Repubblica potrebbe altresì dare un nuovo incarico (anche allo stesso Giuseppe Conte) per tentare di costituire un altro esecutivo con l'obiettivo prioritario di varare la legge di bilancio e, comunque, di gestire la fase elettorale
Il provvedimento si occupa prevalentemente di immigrazione e di manifestazioni pubbliche. E’ soprattutto sul primo tema che si è concentrata la comunicazione politica dei proponenti, all’insegna di una “stretta” sulle operazioni di soccorso operate in mare dalle Ong, che a ben vedere risultano essere il bersaglio sostanziale del decreto
Le previsioni per l'anno in corso misurano in negativo il Prodotto interno lordo delle regioni meridionali: -0,3%, a fronte di un +0,3% del Centro-Nord. Crescita sotto zero, insomma. E torna ad allargarsi la forbice con le altre regioni, che pure procedono con fatica rispetto al tasso di sviluppo dell'Unione europea. Così il Mezzogiorno si trova a subire un “doppio divario”, quello dell'Italia rispetto al complesso della Ue e quello del Sud rispetto al Centro-Nord