Pat di Padova. Il cemento non basta mai

Firmato dopo otto anni il piano di assetto territoriale. Prevista la possibilità di costruire circa 4 milioni e 600 mila metri cubi di edifici urbani. I dubbi riguardanti la crescita demografica e gli effetti della crisi. La decisione sui vari progetti edilizi spetterà comunque al consiglio. Il dibattito sul modello di sviluppo e i rapporti con gli altri municipi.

Pat di Padova. Il cemento non basta mai

È bene chiarire subito un punto: il pat non ha il compito di indicare quanto, dove e come si edificherà in città; non si tratta infatti di un documento cui spetta l’onere di pianificare le costruzioni: è piuttosto un documento programmatico. In pratica il comune di Padova dichiara che cosa vuole essere nei prossimi dieci anni, se intende crescere (almeno dal punto di vista insediativo, ma anche per quanto riguarda i servizi, il verde) oppure se si propone di perseguire una politica di contenimento, all’insegna della non espansione.

Toccherà poi al governo della città, di volta in volta, autorizzare i vari insediamenti e gli sviluppi territoriali. Il pat, quindi, solo apparentemente tocca gli interessi immediati di chi (personalmente o dal punto di vista professionale) vuole costruire: di fatto però delinea il modello di città, dal punto di vista urbanistico, che gli attuali amministratori vogliono perseguire e realizzare. Questione non di poco conto, anzi decisiva per il futuro di Padova.

Qualche numero, tanto per inquadrare le scelte del pat. Il piano sottoscritto qualche giorno fa dal comune cittadino e dalla provincia (delegata anche dalla regione) prevede che, nei prossimi dieci anni, in città si potranno costruire 4 milioni e 600 mila metri cubi di edifici: circa 2 milioni e 600 mila già contemplati dall’attuale piano regolatore e 2 di nuovi insediamenti. Quindi Padova dovrebbe crescere. Perché? La valutazione e le conseguenti proiezioni sono state impostate a partire da alcune tendenze demografiche, che indicavano nella città un luogo di probabile espansione abitativa. Il calcolo di partenza più o meno individuava un incremento in dieci anni di circa 24 mila abitanti; tali previsioni tuttavia paiono al momento fortemente discutibili: Padova nel 2001 aveva circa 209 mila abitanti, diventati 211 mila un paio di anni dopo e 214 mila nel 2011; poi è cominciata la discesa, fino ai 209 mila del 2013 e qualche unità in più negli ultimi mesi. Insomma, negli anni recenti, la città ha perso almeno tremila residenti. E allora, che farne delle previsioni di un aumento costante e inesorabile? Come motivare l’espansione edilizia e urbana, se di fatto a Padova arrivano, per nascita o per immigrazione, sempre meno abitanti? Questo è un primo problema.

Nel numero in distribuzione da sabato 29 e disponibile on line un ampio servizio sul tema. 

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