Neutrini, “spie” del big bang. Il ruolo di Padova nella fisica di base

Un gruppo di ricerca padovano partecipa al grande esperimento T2K che ha ottenuto il Breakthrough prize e sta proseguendo in Giappone con la realizzazione di un enorme rilevatore di neutrini. L’obiettivo è rilevare le differenze nelle oscillazioni tra neutrini muonici ed elettronici rispetto alla loro controparte di antineutrini, per meglio comprendere le origini dell’universo

Neutrini, “spie” del big bang. Il ruolo di Padova nella fisica di base

Piccolissimi, onnipresenti, sfuggenti: i neutrini rappresentano oggi per la fisica di base una delle sfide più estreme, e forse anche per questo stanno attirando l’attenzione di un numero crescente di ricercatori, alle prese con esperimenti enormi e costosi per carpire a questa particella elementare qualche segreto importante.

Segreti che non riguardano solo lei, ma coinvolgono la struttura stessa della materia, oggi descritta con una qualche approssimazione dal cosiddetto “modello standard”. Segreti che coinvolgono perfino le origini dell’universo, risalendo ai momenti in cui le particelle elementari e le forze fondamentali si sono differenziate tra loro. Padova, con l’università e l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), vanta oggi un notevole gruppo di ricercatori “neutrinisti” di cui fanno parte Gianmaria Collazuol, Marco Laveder, Andrea Longhin e Mauro Mezzetto, il direttore dell’Infn di Padova.

Lo scorso anno il lavoro del gruppo è stato valorizzato con l’assegnazione all’esperimento T2K (Tokai to Kamioka), a cui partecipano, del prestigioso Breakthrough Prize, di cui è team leader Koichiro Nishiwawa. Premio assegnato per la scoperta fondamentale e l’approfondimento delle oscillazioni dei neutrini, che rivelano una nuova frontiera prossima e la possibilità ulteriore di perfezionare il modello standard delle particelle fisiche.

L’esperimento si svolge in Giappone e coinvolge 500 studiosi provenienti da 60 diversi istituti di 11 paesi. Un fascio collimato di neutrini, spiega Andrea Longhin, il ricercatore padovano “tornato a casa” dopo un proficuo periodo di lavoro a Frascati, sparati dall’J-Parc, collocato sulla costa occidentale del Giappone (che ha dovuto essere praticamente ricostruito in tempi record dopo lo tsunami del 2011), viene fatto viaggiare per 295 chilometri fino all’osservatorio sotterraneo di neutrini Super-Kamiokande.

I ricercatori padovani si sono occupati soprattutto della realizzazione del rilevatore iniziale, che deve essere molto preciso e che è stato costruito riciclando l’enorme magnete del Cern di Ginevra servito a Rubbia nel 1985 per l’esperimento che gli ha meritato il Nobel. Il magnete è stato donato al Giappone e riutilizzato con un risparmio di vari milioni di euro.

Il Super-Kamiokande, un rilevatore di neutrini costituito da un serbatoio di 50 mila tonnellate d’acqua purissima e diecimila fotomoltiplicatori, registra le interazioni, rarissime, tra i neutrini e gli elettroni o i nuclei dell’acqua che producono un lampo di luce. Dalla forma di questo lampo, che crea una specie di cono nei rilevatori, è possibile determinare il “sapore” del neutrino rilevato. Sono stati finora rilevati tre tipi di neutrini o, dicono i fisici, tre “sapori”. Producendo un fascio di neutrini di un solo tipo e proiettandolo fino al Super-Kamiokande si è rilevato che una percentuale significativa di questi “oscilla”, cioè cambia sapore. L’oscillazione, confermata anche da altri esperimenti in corso nel mondo, ha una prima conseguenza, quella di far riconoscere al neutrino una certa massa. Il che è in contraddizione con il Modello standard. Si tratta quindi di capire a questo punto in che modo il modello va cambiato perché possa accogliere dei neutrini dotati di massa. Ma le prospettive non si fermano qui. A questo punto entra in scena l’antimateria.

Per il futuro, spiega Gianmaria Collazuol, cerchiamo di accumulare più statistiche possibili per capire meglio le differenze di massa tra i vari neutrini e poi si punta a confrontare i parametri dei neutrini con quelli degli antineutrini, per capire se l’antimateria si comporta in modo diverso dalla materia ordinaria. Siamo stati i primi, precisa Mauro Mezzetto, a misurare il parametro di oscillazione e abbiamo trovato che è al massimo valore possibile. Questo ci permette di sperare di avere la sensibilità necessaria per misurare la differenza tra neutrini e antineutrini, i quali sono quattro volte più sfuggenti dei loro già elusivi fratelli.

Studiare eventuali differenze nelle oscillazioni tra neutrini muonici ed elettronici rispetto alla loro controparte di antineutrini consente di aggredire uno dei più grandi misteri cosmici: il perché il nostro universo sia costituito da materia e non da antimateria, la quale è, allo stato attuale di conoscenza, rarissima.

Per fare questo è necessario osservare effetti molto piccoli. Da un lato occorre quindi un nuovo rilevatore a valle, ed è stato progettato l’Hyper-Kamiokande, 25 volte più grande del suo predecessore che contiene un milione di tonnellate d’acqua e costa un miliardo di euro. Per osservare lo stato finale del processo è però necessario anche conoscere lo stato iniziale del fascio di neutrini a un livello altrettanto fine. Purtroppo i fasci convenzionali di neutrini elettronici non permettono questo tipo di precisioni essendo affetti da incertezze intorno al 10 per cento. Per questo l’Unione Europea ha appena finanziato su cinque anni per due milioni di euro il progetto Enubet, in cui è protagonista Andrea Longhin, che mira a produrre un fascio di neutrini di nuova generazione.

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