Premio Galileo, vince Carlo Rovelli: «La scienza serve per capire meglio la vita»

Il giudizio dei giovani lettori premia un autore già affermato nella classifica delle vendite. Giulio Peruzzi, direttore del master in comunicazione delle scienze, evidenzia il crescente interesse degli italiani per una conoscenza che amplia l’esercizio della cittadinanza e si interroga sulla vittoria, per il secondo anno di fila di un nome noto al grande pubblico: i ragazzi scelgono in base al battage mediatico o all'effettivo valore dell'opera? Il dibattito è aperto.

Premio Galileo, vince Carlo Rovelli: «La scienza serve per capire meglio la vita»

I giovani giurati hanno scelto “il top”: offrendo al fisico Carlo Rovelli la palma di vincitore del premio Galileo 2015 per la divulgazione scientifica hanno confermato il successo di uno scrittore-scienziato che ha in questo momento due suoi libri ai vertici della “top-ten” di vendite del settore.

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Convalida del suo appeal o suggestione? Se lo chiede Giulio Peruzzi, docente universitario membro della giuria di esperti che hanno selezionato la cinquina, studioso di storia e filosofia della fisica, il tema per l’appunto trattato da La realtà non è come ci appare che si è aggiudicato il maggior numero di preferenze della maxigiuria studentesca con il doppio dei voti del secondo classificato, Roberto Defez, autore de Il caso ogm. Il dibattito sugli organismi geneticamente modificati.

Peruzzi, che da quest’anno è anche presidente del master dell’università di Padova in comunicazione delle scienze, è un po’ perplesso: «Già lo scorso anno – confessa – con Frans de Waal i ragazzi di quarta superiore hanno scelto “il libro del momento” e non ci si può non chiedere quanto siano influenzati dal battage che si crea attorno a certe opere e quanto invece sia profondo e originale il lavoro di lettura, analisi, valutazione e maturazione delle loro scelte».

Una riflessione che potrebbe portare a qualche innovazione nell’ambito di un premio che comunque si conferma tra i migliori a livello nazionale. «La qualità delle opere – sottolinea Peruzzi – non solo quelle della cinquina, ma anche quelle che vengono proposte dai giurati possono costituire un’ottima guida alla lettura scientifica di qualità. Il fatto poi che siano coinvolti tremila ragazzi, la maggior parte dei quali seriamente impegnati nella lettura critica delle opere, offre un valore aggiunto da non sottovalutare. Un patrimonio acquisito che potrebbe essere meglio valorizzato con scelte ancora più mirate».

In Italia non sempre le valutazioni delle case editrici sono improntate alla qualità e quindi ben vengano gli aiuti a selezionare il meglio, «per un pubblico in crescita e sempre più convinto, anche da noi, che una maggiore competenza diffusa in materia scientifica significa anche un migliore esercizio della cittadinanza. La gente ha voglia di capire e di non delegare ad altri le sue scelte, anche in campi ardui come questi, che hanno implicazioni sempre più importanti nel vivere comune».

Tale motivazione, secondo Peruzzi, rivaluta anche gli obiettivi iniziali del master in comunicazione delle scienze che dirige: «Era nato – ammette – soprattutto con la prospettiva di formare giornalisti scientifici preparati. Ma oggi sono pochissimi i giornali che hanno un giornalista scientifico interno alla redazione e non si affidano ai free lance. Questo a mio parere dimostra una scarsa comprensione della rilevanza che sta assumendo la divulgazione e l’aggiornamento del lettore comune sui molteplici campi della ricerca». Rilevanza che non può limitarsi a pubblicare articoli ben fatti, ma si estende anche al ruolo stesso che queste tematiche devono assumere all’interno del sommario. Oggi comunque gli sbocchi professionali offerti dal master sono perlopiù “dall’altra parte della notizia”: vengono offerti da enti pubblici e privati che attraverso uffici stampa e agenzie si pongono l’obiettivo di una presenza qualificata nei media.

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