Braccio di ferro con l'Europa sul buco in bilancio, "ballano" 4 miliardi di euro

Il 22 febbraio verrà pubblicato il Rapporto sul debito dei paesi membri. L'Europa dopo l'analisi della legge di bilancio chiede nuovi tagli, e se la Commissione dovesse aprire la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, le conseguenze sarebbero pesanti: «Una procedura – ha ricordato nei giorni scorsi il ministro Padoan – comporterebbe una riduzione di sovranità e i costi sulla finanza pubblica risulterebbero ben superiori in termini di tassi di interesse». Basteranno le assicurazioni del governo alla Commissione europea?

Braccio di ferro con l'Europa sul buco in bilancio, "ballano" 4 miliardi di euro

È una partita decisiva anche se entrambe le parti hanno interesse a non farla apparire tale, giocata tutta in punta di fioretto, quella che si sta svolgendo tra la Commissione Europea e l’Italia in tema di rispetto delle regole riguardanti il rapporto tra debito strutturale e Prodotto interno lordo.
Tutto inizia il 17 gennaio scorso, quando da Bruxelles arriva sul tavolo del ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, una lettera – peraltro attesa – con la quale la Commissione evidenzia che, dall’esame della legge di Bilancio 2017, risulta uno sforamento del debito dello 0,2 per cento del Pil: pari a 3,4 miliardi di euro. E chiede una risposta entro il primo febbraio, risposta che dovrà «comprendere un pacchetto sufficientemente dettagliato di impegni specifici e un calendario chiaro per una loro adozione legale rapida» al fine di evitare nei confronti dell’Italia l’apertura di una procedura di infrazione per mancata riduzione del debito.
A molti lettori questo dirà poco; ma è invece il passaggio decisivo per capire quali pesanti conseguenze potrebbero derivare dall’eventuale applicazione di una simile misura.

Il ministro Padoan, nella tarda serata del 1° febbraio, spedisce la risposta alla Commissione.
Si tratta di una lettera di due cartelle e mezzo che accompagna un rapporto di 77 pagine sui «fattori rilevanti per la dinamica del debito», volti a dimostrare, da parte dell’Italia, il pieno rispetto di tutte le regole europee. Ma nella missiva – come invece richiesto – non ci sono cifre né il dettaglio degli impegni specifici.
Il ministro elenca quanto è stato fatto sul piano della crescita e dell’attuazione delle riforme strutturali; ribadisce che si continuerà con decisione sulla strada del sostegno all’economia, all’efficienza e all’equità. Ricorda poi gli eventi straordinari e i relativi costi per l’accoglienza dei profughi (ben 181.405 nel solo 2016), i ricorrenti terremoti e le calamità naturali che hanno colpito le popolazioni del Centro Italia (soltanto per gli ultimi episodi almeno un miliardo di danni). Conclude assicurando che l’Italia adotterà tutte le misure necessarie per ridurre progressivamente il debito pubblico sia (per un quarto della cifra) con tagli della spesa, sia per la parte restante con misure fiscali ottenute dalla lotta all’evasione e da imposizione indiretta e accise su tabacco e carburanti. Circa i tempi di attuazione, Padoan precisa che le misure saranno dettagliate al più tardi nel Documento di economia e finanza da approvarsi entro l’aprile prossimo. Si accontenterà la Commissione europea della risposta data?

Le prime reazioni, anche se solo a livello tecnico, esprimono «delusione», ma a livello politico si è molto più cauti.

Una prima risposta da Bruxelles l’avremo il 22 febbraio, quando verrà pubblicato il Rapporto sul debito dei paesi membri. Certo è che se la Commissione dovesse aprire la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, le conseguenze sarebbero pesanti. Il ministro Padoan, rispondendo qualche giorno fa in Senato a una interrogazione – peraltro di fronte a un'aula deserta, presenti soltanto 13 senatori… – ha detto con parole ben chiare che la cosa risulterebbe «estremamente allarmante perché comporterebbe una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica, e i costi sulla finanza pubblica risulterebbero ben superiori in termini di tassi di interesse».

Basta un esempio numerico per capire le gravita della vicenda.
Se a seguito dell’aumentato “rischio-paese” i tassi di interesse sul debito pubblico dovessero salire anche di un solo 1 per cento, lo stato registrerebbe un esborso aggiuntivo di 22 miliardi di euro! È uno scenario quindi assolutamente da escludere.
La domanda che sorge allora spontanea è: se si sono trovati in fretta e furia 20 miliardi per salvare le banche in dissesto, sarà un’impresa impossibile trovarne 3-4 per evitare che l’Italia venga posta “sotto tutela” e relegata tra i paesi di serie B della Comunità Europea?

Renzo Cocco

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