Iran, nuove minacce all'accordo sul nucleare

Mike Pompeo, designato da Trump a capo della Cia, lo ritiene un disastroso accordo con il più grande stato sponsor del terrorismo. Ma l'Iran, oltre che un'ottima opportunità per l'economia italiana ed europea, è decisivo per stabilizzare il Medioriente e per estendere i diritti umani a 80 milioni di cittadini.

Iran, nuove minacce all'accordo sul nucleare

«Un disastroso accordo con il più grande stato al mondo sponsor del terrorismo». Oppure «un segno di speranza per il mondo intero».
Sembra impossibile, eppure questi virgolettati hanno un unico oggetto: l'accordo tra la comunità internazionale e l'Iran sullo sviluppo del nucleare siglato nel luglio dello scorso anno.
Se il secondo è stato proferito da lady Pesc Federica Mogherini, che ha partecipato alla complessa trattativa per l'Unione europea, la prima frase è invece di pochi giorni fa: un tweet del 14 novembre di Mike Pompeo, il falco anti iraniano che Donald Trump ha designato alla guida della Cia a partire dal prossimo 20 gennaio.

Che ne sarà dunque dello storico accordo che ha restituito al mondo la repubblica teocratica isolata dal lontano 1979?
A sentire Damiano Zoffoli, eurodeputato e vicepresidente della Delegazione per le relazioni con l'Iran del Parlamento europeo, le difficoltà per la realizzazione dell'accordo, almeno per quanto riguarda il fronte americano, non iniziano certo con l'avvento di The Donald alla Casa bianca.

«Il vero nodo – spiega il parlamentare europeo romagnolo – è il sistema bancario iraniano. Fin dalla firma dell'accordo si è sviluppato un febbrile andirivieni dall'Iran da parte di imprese da tutto il mondo, tra cui le Ferrovie dello stato che hanno già sottoscritto contratti per estendere la rete ferroviaria e implementare l'alta velocità. Ma molti contratti rischiano di rimanere lettera morta».

Senza garanzie sui pagamenti e trasparenza sulla circolazione del denaro, sarà infatti impossibile passare dalle parole ai fatti.
«Ma molte delle sanzioni finanziarie che ancora gravano sull'Iran dipendono dagli Stati Uniti e le transazioni avvengono in dollari: è tempo che Washington faccia la sua parte – puntualizza Zoffoli – e smetta di creare difficoltà sul percorso di integrazione del grande paese mediorientale nella comunità internazionale».

Al netto delle preoccupazioni per il cambio di governo in America, sono molti i paesi che scalpitano per raccogliere i frutti, in termini di fatturato, di un accordo arrivato dopo 13 anni di trattative e che prevede una road map di otto anni per essere perfezionato.
«Prima del 1979, l'interscambio commerciale Italia-Iran valeva l'equivalente degli attuali sette miliardi di euro. E nel paese c'è sete di prodotti italiani – assicura l'europarlamentare – a partire dall'arredamento, dalla meccanica e dall'agroalimentare. Ma possiamo fare molto anche nell'ambito tecnologico: in Iran c'è il sole per trecento giorni l'anno, ma mancano i mezzi per sfruttare adeguatamente le energie rinnovabili. La conseguenza è che le principali città sono strette nella morsa dell'inquinamento. Così l'Italia può aiutare Teheran a rispettare i criteri dell'accordo di Parigi (Cop21) e anche a superare il problema dell'approvvigionamento idrico, aggravato dalla desertificazione che affligge alcune aree del paese».

Visti gli interessi in campo non è un caso che la prima visita occidentale del presidente Rohani sia stata proprio in Italia.
E neppure che proprio in questi giorni (dal 22 al 26 novembre) si tenga a Roma “Iran Expo”, una fiera in cui 120 aziende di 15 settori merceologici espongono al Belpaese prodotti e servizi. A far gola all'Italia infatti, oltre alla possibilità di esportare know how in tema di turismo grazie allo sterminato patrimonio archeologico dell'antica Persia (19 i siti Unesco), sono soprattutto le materie prime iraniane: parliamo principalmente di petrolio (di cui Teheran è terzo produttore al mondo), di gas (il secondo) e di zinco e rame.

Ma l'economia non basta a spiegare l'importanza di un accordo che ora ha nel Pentagono una nuova minaccia.

L'Iran conta 80 milioni di abitanti, un terzo dei quali è minorenne. L'età media non supera i 30 anni (è di 45 in Europa). Bastano questi dati per far capire il peso che il paese riveste nel martoriato Medioriente. «La formula dell'accordo sull'Iran – riprende Damiano Zoffoli – è perfettamente replicabile in Siria. Tra i firmatari infatti ci sono i membri del consiglio di sicurezza dell'Onu, più la Germania e l'Unione Europea. Mettere in discussione questo ampio accordo di fronte al caos che regna nella regione sarebbe un errore gravissimo».

Eppure in Iran non mancano problemi gravissimi sul versante dei diritti umani.
Negli ultimi cinque anni sono state ben 260 le esecuzioni capitali, un terzo delle quali a carico di minori. Il parlamento eletto a marzo ha stralciato la pena di morte per i minorenni, ma rimangono aperti i fronti dei diritti della donna, della diffusa tossicodipendenza, incentivata dalla vicinanza delle coltivazioni di oppio afgane, del rispetto delle minoranze etniche e religiose e del milione di rifugiati afgani presenti nel paese.

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