7 italiani su 10 contrari alla genitorialità delle coppie gay. E l'eterologa divide

Rapporto Censis: italiani divisi sulla procreazione eterologa. La maggioranza è favorevole alla inseminazione omologa in vivo (l'85 per cento del totale) e alla fecondazione omologa in vitro (73 per cento). Le opinioni si dividono pero' sulla inseminazione/fecondazione eterologa. Rimane netto il rifiuto della possibilità di avere figli per le coppie omosessuali.

7 italiani su 10 contrari alla genitorialità delle coppie gay. E l'eterologa divide

Italiani divisi sulla procreazione eterologa
La maggioranza degli italiani è favorevole alla inseminazione omologa in vivo (l'85 per cento del totale) e alla fecondazione omologa in vitro (73 per cento). Le opinioni si dividono però sulla inseminazione/fecondazione eterologa. È d'accordo con l'uso di gameti esterni alla coppia il 40 per cento degli italiani (tra i cattolici praticanti la percentuale scende al 30 per cento e sale al 65 per cento tra i non credenti).
Il 35 per cento è favorevole alla diagnosi pre-impianto (il 29 per cento tra i cattolici praticanti). Solo il 14 per cento concorda con la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata (il cosiddetto "utero in affitto"). E appena il 9,5 per cento è favorevole alla possibilità di scegliere in anticipo il sesso del nascituro.

È quanto emerge da una ricerca del Censis realizzata in collaborazione con la Fondazione Ibsa. Solo l'11 per cento del campione afferma di sapere che in Italia esiste una legge che regola la materia (la n. 40 del 2004). Questa piccola percentuale ne dà un giudizio nel complesso non positivo, soprattutto per l'applicazione differenziata sul territorio nazionale (ogni Regione si sta muovendo per conto proprio) e per le limitazioni poste alle coppie. La maggioranza ritiene che dovrebbe essere modificata.

Quanto alla possibilità di avere figli anche al di fuori della coppia eterosessuale tradizionale, per il 46 per cento è legittimo per i single, mentre solo per il 29 per cento è giusto anche per le coppie omosessuali. In questo giudizio la fede religiosa ha un'influenza limitata: è d'accordo il 43 per cento dei cattolici praticanti nel primo caso e il 23 per cento nel secondo.

Cala ancora la natalità. Meno figli anche per colpa della crisi
Nel 2013 in Italia si è registrata una riduzione delle nascite del 3,7 per cento rispetto all'anno precedente, con un calo del tasso di natalità da 9 a 8,5 nati per mille abitanti.
Dall'inizio della crisi a oggi sono più di 62 mila i nati in meno all'anno. Siamo passati dai 576.659 bambini del 2008 ai 514.308 del 2013: mai così pochi nella storia d'Italia (le serie storiche ufficiali partono dal 1862), nonostante l'aumento nel tempo della popolazione, i progressi della medicina e il contributo degli immigrati residenti.
Tra gli italiani c'è una diffusa consapevolezza in merito al problema di denatalità che affligge il paese. L'88 per cento sa che oggi si fanno pochi figli. Il fenomeno viene spiegato soprattutto ricorrendo a motivi economici: per l'83 per cento la crisi rende più difficile la scelta di avere un figlio, e la percentuale supera il 90 per cento tra i giovani fino a 34 anni, cioè le persone che subiscono maggiormente l'impatto della crisi e allo stesso tempo sono maggiormente coinvolte nella decisione della procreazione.

Mancano politiche pubbliche efficaci a sostegno della famiglia
Il 61 per cento degli italiani è convinto che le coppie sarebbero più propense ad avere figli se migliorassero gli interventi pubblici. Sgravi fiscali e aiuti economici diretti sono le principali richieste (71 per cento), il 67 per cento segnala l'esigenza di potenziare gli asili nido, il 56 per cento fa riferimento ad aiuti pubblici per sostenere i costi per l'educazione dei figli (rette scolastiche, servizi di mensa o di trasporto).

Scarsa informazione sulla infertilità
Dell'infertilità il 45 per cento degli italiani ammette di saperne poco e un ulteriore 15 per cento afferma di non essere per nulla informato.
Tra chi invece dichiara di conoscere il problema (il 40 per cento), il 16 per cento è stato coinvolto in maniera diretta, perché il problema ha riguardato una persona vicina (9 per cento) oppure direttamente lui o il partner (7 per cento).
Forti incertezze si registrano sulle possibili cause dell'infertilità. La metà degli intervistati sa che non esiste una prevalenza di cause maschili o femminili, ma il 33 per cento ritiene che nella maggior parte dei casi l'infertilità sia legata alla presenza di problemi in entrambi i partner. Tra le cause, la più citata è quella più generica: lo stress (31 per cento). Seguono quelle che riguardano le donne: problemi o anomalie strutturali (21 per cento), problemi ormonali e ovulatori (15 per cento). L'11 per cento cita genericamente problemi che riguardano l'uomo e il 6 per cento difetti del liquido seminale. Ma il 23 per cento non è in grado di fornire nessuna risposta.
Nell'immaginario collettivo degli italiani il professionista d'elezione a cui rivolgersi per affrontare i problemi di infertilità rimane il ginecologo, citato dal 63 per cento del campione, mentre solo il 3 per cento segnala l'andrologo o l'urologo. Più elevata è la quota di intervistati che ritengono che gli italiani siano poco o per nulla informati sulle metodiche per la procreazione medicalmente assistita (81 per cento).

Le difficoltà delle coppie con problemi di infertilità

Le coppie con problemi di infertilità devono affrontare non poche difficoltà, tra cui oggi sono ritenute prevalenti quelle economiche (67 per cento), come per le coppie senza problemi che vogliono un figlio.
Per l'80 per cento del campione la crisi è un deterrente specifico anche per le coppie che devono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita. Ma ci sono difficoltà anche sul piano delle informazioni, perché spesso non si sa a chi rivolgersi (42 per cento), che si accompagnano alle difficoltà emotive (42 per cento), come la chiusura in se stessi rispetto a un problema che rimane ancora difficile da comunicare e condividere.

«È un'indagine che la Fondazione Ibsa ha fortemente voluto per mettere in luce il vissuto reale rispetto a un tema che deve essere valutato non solo da un punto di vista medico e procedurale. Le profonde implicazioni sociali e morali emerse dalla ricerca dimostrano come il paese sia più avanti di quanto non emerga nel dibattito quotidiano – sottolinea Giuseppe Zizzo, segretario della Fondazione Ibsa – Il fatto che il 2013 sia l'anno in cui si sono fatti meno figli in Italia, compresi gli anni delle guerre, nonostante nel tempo sia aumentata la popolazione e il numero di immigrati, e nonostante i progressi medici e l'allungamento dell'aspettativa di vita, dovrebbe farci riflettere sugli effetti profondi che il perdurante stato di crisi sta producendo sul vissuto reale dell'Italia di oggi e del futuro».

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)