Il martirio dei monaci di Tibhirine in un dramma sacro a Santa Giustina

Il 21 maggio è stato il 20° anniversario della morte dei sette monaci di Tibhirine, caduti sotto i colpi di integralisti islamici in Algeria. Per onorare la figura di questi uomini che hanno dato la vita per costruire un ponte di dialogo con i musulmani del luogo, viene proposta una serata in cui, attraverso le parole di Christophe Lebreton, il più giovane dei padri trappisti di Francia trucidati in quella notte, emergono i valori per i quali i sette martiri sono vissuti fino a offrire il sacrificio della loro vita.

Il martirio dei monaci di Tibhirine in un dramma sacro a Santa Giustina

L’appuntamento è per venerdì 3 giugno alle 20.45 nella cripta della basilica di Santa Giustina.
I monaci accoglieranno i presenti e collaboreranno a dare vita a questo dramma sacro che si gioca sulle poesie che Christophe ha lasciato nei suoi quaderni, una sorta di rivelazioni mistiche, molto vicine al cantico spirituale di san Giovanni della Croce, fatte di parole brevi e di silenzi, di cenni pittorici di mani amorose che tendono verso il Cristo crocifisso, parole spesso sospese.
La rappresentazione, progettata ed elaborata dal poeta Giovanni Costantini come una rapsodia in nove quadri, si rifà al recente testo "Aime jusqu’au bout du feu. Cent Poèmes de Vérité et de vie" nel quale frère Didier dell’abbazia di Tamiè ha raccolto una serie di liriche selezionate all’interno della produzione mistica di Christophe Lebreton.

Queste pagine, in particolare quelle da lui scritte negli ultimi tre anni di vita, riflettono un cuore provato da un martirio quotidiano che dice eroismo.
Infatti, già nella notte di Natale del 1993, un gruppo di terroristi armati aveva fatto irruzione nel monastero minacciando di ritornare se i monaci non fossero andati via. I padri decisero di rimanere. Ee

La notte del 26 marzo 1996 i terroristi si ripresentarono e rapirono i sette trappisti.
Nulla si sa dei due mesi di prigionia, nei quali è rimasta viva la speranza di una loro liberazione. L’annuncio della loro uccisione e il ritrovamento delle loro teste mozzate ha segnato una triste conclusione.

Sappiamo che il martirio non va ostentato e tanto meno brandito quale motivo di vendetta o di alibi ricattatorio.
Al martirio e ai martiri ci si avvicina in punta di piedi, sono terra sacra di umanità: costituiscono dolore, annunciano speranza, allertano sulla disumanizzazione possibile, ma anche sulla vittoria silente dell’amore. Per questo è giusto non passare questo anniversario sotto silenzio, un silenzio rischiosamente colluso con la superficialità.

Papa Francesco, per questo, ha avvalorato nel cammino ecumenico il martirio quale strada di comune umanizzazione, risposta ai gridi fondamentalisti.
Il martirio, infatti, costituisce eccezione preziosa, tiene deste le coscienze, indica la meta e allena a orizzonti lunghi, a intelligenze aperte, a uomini e donne coraggiosamente alternativi.
Per questo l’ufficio ecumenismo e dialogo interreligioso si è fatto carico di sostenere questa serata, nell’intento di celebrare e rinnovare un ricordo che sia cammino di speranza e di rinnovato impegno per il dialogo e la pace tra i popoli e tra le fedi.
Le opere scelte per la rappresentazione sono recitate da padre Federico Lauretta, Eddy Manfroi, Sara Melchiori, padre Giuseppe Pegoraro e dall’abate Giulio Pagnoni, e sono accompagnate da violoncello (Gianni Chiampan), violino (Giovanni Zordan), flauto bansuri (Angelo Sorato)... e dalle voci del soprano Cristina Mantese. Nel finale il canto gregoriano e dei monaci benedettini diretti da padre Filippo Resta. La regia è di Cristina Antonini.

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