Vescovo Bizzeti: l'amicizia tra Antiochia e Padova cresce

Domenica 29 novembre il novello vescovo Paolo Bizzeti, gesuita e guida del centro giovanile Antonianum di Prato della valle a Padova, ha preso possesso del vicariato apostolico di Anatolia che papa Francesco gli ha affidato perché lo guidi da pastore, succedendo idealmente a mons. Luigi Padovese, assassinato cinque anni or sono. Si stringe la relazione tra Padova e Antiochia, una sorta di debito morale nei confronti della città di san Luca, il cui corpo è custodito a Santa Giustina.
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Vescovo Bizzeti: l'amicizia tra Antiochia e Padova cresce

Domenica 29 novembre il vescovo Paolo Bizzeti ha preso possesso, con una solenne concelebrazione nella cattedrale di Iskenderun in Turchia, del vicariato apostolico dell’Anatolia. Un territorio che si estende oltre Ankara, a occidente, fino al confine a sud con la Siria e a sudest con l’Iran.

Appena pubblicata la nomina, il vescovo Antonio ha confidato l’auspicio che possano riprendere e continuare le relazioni tra le due chiese in vista anche di un gemellaggio. Il vescovo Claudio ha detto a padre Bizzeti di condividere quel disegno pastorale. Di fatto già nel 2005 mons. Mattiazzo formulava questo progetto e volle guidare e presiedere un primo pellegrinaggio diocesano ad Antiochia. Quasi... un debito nei confronti di san Luca, le cui spoglie sono custodite a Padova nella basilica di Santa Giustina e Antiochia è la città che secondo la tradizione ha dato i natali all’evangelista.

Altri pellegrinaggi diocesani contribuirono a favorire uno scambio crescente con quella chiesa. Da un lato se ne scoprì la freschezza e originalità pastorale di oggi in una terra che comprende una florida comunità ortodossa e conosce la complessità della terra di Turchia, d’altro lato si avviò una collaborazione con la comunità di Antiochia mirata a obiettivi di carità. Anche dopo l’uccisione di mons. Luigi Padovese, nel 2010, i pellegrinaggio sono continuati.

Domenica scorsa, nel suo discorso di saluto pronunciato in italiano a Iskenderun all’inizio della celebrazione e immediatamente letto in turco, il vescovo Paolo – che ha ricordato di aver iniziato a frequentare la Turchia dal 1978 – riconosce alla terra tormentata del Medio Oriente di essere stata e di essere ancor oggi la “culla del cristianesimo”, e ricordava le parole del patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah, che «essere cristiani in Medio Oriente è una vocazione particolare, gloriosa e difficile, a volte eroica, una vocazione a favore di tutta la chiesa universale».

Ha poi confessato: «Vengo da voi anzitutto per ascoltarvi, per gioire e soffrire con voi, per costruire un pezzetto di Regno di Dio qui nella terra dei padri e madri nella fede. Ho accettato di farmi straniero perché questo è un modo per me di seguire le orme di Gesù che ha lasciato il suo Regno per venire in un luogo a lui straniero, dove imparare con fatica a parlare, a leggere, a scrivere».

E ancora: «Sono venuto volentieri tra voi perché mi piace l’idea di fare una specie di “contro-esodo”: tanti da qui vogliono venire in Europa e forse sognano che l’Europa sia piena di possibilità, ricca e cristiana... Ma il prezzo del consumismo è alto, la famiglia è in forte difficoltà, c’è molto individualismo, la gente non ha tempo per le relazioni, il senso di Dio è scarso... Non sognate di andare altrove prima di avere esplorato le molte possibilità che ci sono qui...». Ha augurato, specialmente rivolgendosi ai giovani, di collaborare, anche accettando proposte esigenti di servizio consacrato a Dio: «Un bellissimo modo di spendere la vita».

L’esperienza vissuta con il gruppo di una trentina di Amici del Medio Oriente – associazione nata su ispirazione di padre Bizzeti e che ha organizzato la partecipazione al suo insediamento a Iskenderun – ha avuto per me anche il sapore di una prova generale di “pellegrinaggio giubilare”: un viaggio e incontro con una comunità in cui fare esperienza delle misteriose e gioiose vie nelle quali toccare con mano la misericordia di Dio nel mistero della chiesa.

Abbiamo percorso le strade e abitato per qualche giorno la terra della chiesa bagnata dal sangue del suo recente pastore, Luigi Padovese. Abbiamo gioito della concelebrazione del vescovo Paolo Bizzeti con il vescovo siro cattolico di Turchia mons. Levon Zekiyan, l’arcivescovo eletto di Smirne il domenicano padre Lorenzo Piretto, il metropolita siro ortodosso di Adiyaman Melki Ürek e mons. Angelo Accattino, incaricato d’affari.

Abbiamo pregato nella cosiddetta Grotta di san Pietro ad Antiochia e nella chiesa cattolica insieme con il caro amico il cappuccino padre Domenico Bertogli. Poi ancora a Tarso, per visitare e pregare nella chiesa-museo di san Paolo con la piccola preziosa comunità di Figlie della chiesa. Abbiamo condiviso una semplice cena con il parroco di Adana, che ci ha consentito di arricchirci del coraggio umile e fecondo della fede in una città segnata in larghissima maggioranza dalla religione musulmana e da una civile convivenza di pace.

Il vescovo Paolo ci ha comunicato la sua convinzione che l’essere minoranza è una vocazione speciale, intesa a riconoscere anche inventivamente ciò che il cristiano deve saper esprimere con le proprie scelte di vita, nelle quali il vangelo chiede di lasciarsi riconoscere e consente nello stesso tempo di vivere con una riserva di fiducia e speranza sorprendenti. 

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