Al centro universitario tavola rotonda su Simone Weil

Si conclude il percorso sul pensiero di Simone Weil che un gruppo di quindici persone hanno aperto ad altri al centro universitario Zabarella. La tavola rotonda conclusiva mette insieme Martino Dalla Valle, don Roberto Ravazzolo e Francesca Simeoni.

Al centro universitario tavola rotonda su Simone Weil

Giovedì 25 maggio alle ore 18 al Centro universitario di via Zabarella si concludono gli incontri dedicati a Simone Weil con una tavola rotonda a cui partecipano Martino Dalla Valle, don Roberto Ravazzolo e Francesca Simeoni.

«La tavola rotonda – spiega quest’ultima – è la “conclusione aperta” a nuove prospettive del percorso fatto quest’anno sul tema generale di “Fede e libertà in Simone Weil”. Gli incontri pubblici e i seminari di lettura e commento si sono concentrati su alcuni testi di Simone Weil: in particolare due lettere a padre Perrin, alcuni stralci da L’attesa di Dio e soprattutto la Lettera a un religioso. I seminari sono partiti dall’esperienza di un gruppo privato di una quindicina di persone che ha voluto allargare ad altri (una trentina le presenze costanti) il suo confronto con la pensatrice francese; anche quelli che via via si sono aggiunti si sono appassionato ai testi, suscitando un incontro-scontro sui termini del pensiero di Simone, ma anche un attualizzare, un interrogarsi su quello che oggi dice a noi, sia come credenti che come contemporanei».

La tavola rotonda avrà come protagonisti un sacerdote, don Roberto Ravazzolo, direttore del centro universitario, e Martino Dalla Valle, studioso di filosofia contemporanea ed esperto del pensiero ebraico del Novecento. Entrambi proporranno alcuni chiavi di lettura che si concentreranno soprattutto sul rapporto tra fede e libertà di credere.
«Quello che è emerso dai seminari – aggiunge infatti Francesca Simeoni – è appunto la grande libertà di Simone Weil, lei la chiama «probità intellettuale». Sono le richieste della ricerca della verità e dell’intelligenza che orientano la fame spirituale, che quindi è un dialogo tra la ricerca attenta e continua della verità con una grande onestà intellettuale e il progressivo innamoramento del cristianesimo, anche attraverso il rapporto con padre Perrin. Ci ha colpito il fatto che con questa libertà riuscisse ad attraversare, con la sua ricerca di Dio, sia il vangelo sia i testi di altre tradizioni religiose. Simone Weil resta affascinata dalla figura del Cristo, in particolare dalla croce, dalla lettura che offre della sventura umana».

Un altro nodo del pensiero di Simone Weil, che compare soprattutto nella Lettera a un religioso, è il rapporto con la chiesa.
«La sua scelta – conclude Francesca Simeoni – è stata quella di non battezzarsi, non perché criticasse la chiesa, ma perché non si sentiva abbastanza pronta per aderire pienamente e preferiva restar sulla soglia per condividere la sorte con chi rimaneva ai margini. La sua è stata una scelta molto esigente, non di rifiuto o di critica sterile. Anzi, si è confrontata a lungo con padre Perrin sui sacramenti, sulla chiesa come corpo sociale, come custode del messaggio evangelico, senza risparmiare le critiche alla teologia e ai dogmi cristiani che lei sottoponeva alla sua libertà guidata dall’intelligenza. Questa parte critica è stata molto positiva sul confrontarci su come la chiesa possa veramente testimoniare la libertà del vangelo».

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