Il 5 gennaio 1917 la solenne consacrazione dell’esercito italiano al Sacro cuore di Gesù

Le intenzioni di padre Gemelli, promotore dell’iniziativa, erano forse più politiche che religiose, ma l’adesione dei soldati, come quella del papa, era alimentata da una sincera speranza di pace. A Padova era nata già nel 1915 l’Opera degli scapolari del Sacro Cuore

Il 5 gennaio 1917 la solenne consacrazione dell’esercito italiano al Sacro cuore di Gesù

Il primo numero della Difesa del popolo del 1917, che porta la data esatta di capodanno, titola a tutta pagina su “Un nuovo appello del Santo Padre per la pace” affiancandogli un altro titolo, della stessa evidenza, su “Gli stati neutrali invocano la fine della guerra”.

È significativo che in questo avvio d’anno, il terzo di guerra per l’Italia, il quarto per l’Europa, le speranze del mondo cattolico e della gente comune siano tutte puntate su una soluzione del conflitto non più affidata alla vittoria delle armi, ma a una reciproca esposizione delle ragioni del conflitto per arrivare, come dice il presidente degli Stati Uniti Wilson, ad «assicurare i diritti e i privilegi di tutti i popoli e garantirli in avvenire contro l’oppressione e il ritorno della guerra».

Noi sappiamo, a posteriori, che questa folata di pace non era che un’illusione e che, come troviamo scritto già nel numero successivo della Difesa, il movimento per la pace, iniziato dagli imperi tedeschi e continuato dal presidente Wilson, non avrebbe fatto nessun passo avanti, per la mancanza, dicono gli italiani, di “concretezza e sincerità” da parte germanica.

In quegli stessi giorni, il 5 gennaio, primo venerdì dell’anno, avveniva la consacrazione dell’esercito italiano al Sacro Cuore di Gesù. Il settimanale diocesano ne dà notizia, senza gran risalto, in una pagina interna del numero del 15 gennaio. Si spiega che «a coronazione del rapido, efficace lavoro di padre Gemelli che dal giugno 1916 zelò con ardore d’apostolo quest’opera, ebbe luogo da parte di tutti i cappellani militari la tanto auspicata, solenne consacrazione dei nostri reggimenti al Sacro Cuore di Gesù. Egli regna ormai così sulle Armi nostre e le porterà, giusta le Sue sante promesse, alla vittoria».

Va detto che la devozione “nazionale” al Sacro Cuore aveva già avuto importanti manifestazioni in Francia, ma anche in Germania e in Austria. L’“operazione consacrazione”, se così possiamo chiamarla, è stata analizzata di recente da Sante Lesti nel volume Riti di guerra. Religione e politica nell’Europa della grande guerra (il Mulino, pp 260, euro 24,00) che ha colto come il proposito di padre Agostino Gemelli fosse quello di legittimare un’adesione dei cattolici italiani alla guerra non solo come dovere d’obbedienza nei confronti della patria, ma anche come volontà di vittoria sui nemici della patria, e al tempo stesso su quelli interni: l’ateismo e i guasti della società moderna.

S’intendeva, in altre parole, dare ai credenti una ragione di fede per combattere. Le speranze del movimento erano quelle, espresse nella formula del rito, che chiedevano al Sacro Cuore di Gesù: «Illumina, dirigi, benedici e conduci a vittoria il nostro Re, i nostri Generali, noi tutti, soldati d’Italia, rendi la nostra patria grande e cristiana, ridonaci alle nostre famiglie più forti e più buoni, regna sulla Nazione tutta e sui singoli cuori».

La posizione del settimanale cattolico non è nettamente definita. Da un lato l’articolo è pronto ad affiancare all’operato di padre Gemelli l’attività che già dal giugno del 1915 stava conducendo l’Opera degli scapolari del Sacro Cuore, nata proprio a Padova su indicazione del vescovo Pellizzo, con il proposito di sostenere la devozione personale dei soldati e delle loro famiglie. Era indubbiamente un chiaro proposito del vescovo quello di promuovere una “riconquista” cristiana della società.

La Difesa si diffonde nell’attività dell’Opera, tesa a fornire a ogni soldato lo scapolare, «sì che almeno quando spunterà il giorno della vittoriosa pace possano tutti i nostri valorosi soldati, tornando alle loro famiglie, apportarvi nuove energie di religione, di bene, alimentate e conservate in esse dal piccolo scapolare che, se fu loro compagno e difesa nei pericoli, sarà sicuramente il loro più caro ricordo, monito e promessa per l’avvenire».

L’atteggiamento nei confronti della guerra appare invece, pur nell’adesione al doveroso obiettivo della vittoria delle armi italiane, più sfumato. È forse segnale di questa posizione il fatto che sia riportato, in coda agli articoli sulla consacrazione e sul “soccorso infallibile” che anche gli eserciti francesi ebbero nella battaglia della Marna (si tratta di un passaggio contenuto nel “materiale informativo” passato ai cappellani militari in occasione della giornata), la lettera scritta dal segretario di stato cardinale Pietro Gasparri per comunicare l’approvazione del pontefice: «L’iniziativa della consacrazione dei soldati al Sacro Cuore eleva il soldato alle fonti più pure e più consolanti della religione, appare circonfusa di quella luce non dubbia che è destinata a lenire non solo, ma a rendere meritorie pel Cielo le indeclinabili sofferenze della guerra».

Come si vede dal messaggio vaticano è sparito ogni riferimento alla vittoria italiana. Sulla devozione al Sacro Cuore ci saranno vari altri richiami nei numeri successivi del settimanale. In particolare il 3 giugno, in occasione della sua festa liturgica, si riporta l’intervento del vescovo Pellizzo che, cogliendo l’invito del papa a pregare per la pace, quando «tutti gli uomini, figli del medesimo Padre celeste, torneranno a chiamarsi fratelli», auspica la consacrazione delle famiglie e invoca l’intercessione di Maria. Altri trafiletti parlano poi delle “grazie” elargite a singoli soldati dallo scapolare.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: esercito italiano (1), Grande guerra (51), Sacro Cuore (3)