22 ottobre 1866, quando il Veneto divenne Italia

Il plebiscito che segnò l'annessione al Regno d'Italia del Veneto ebbe luogo il 21 ottobre. Su una popolazione di 2.603.009 persone i votanti furono 641.758 a favore del Sì, i voti contrari furono soltanto 69; schede nulle 273. Fu una consultazione veramente democratica o fu una “Grande truffa”?

22 ottobre 1866, quando il Veneto divenne Italia

È deludente come il 150 anniversario di annessione del Veneto all’Italia (almeno finora) sia stato presente sulla stampa più per motivi divisivi anziché di analisi storica.
L’iniziativa della regione Veneto di acquistare e regalare alle biblioteche civiche un testo, che ricostruisce “a modo suo” il senso del plebiscito pro-Italia svoltosi il 21-22 ottobre 1866, ha sollevato non poche perplessità.
L’uso pubblico della storia del Risorgimento non è certo una novità, specie nella nostra regione dove a partire dagli anni ’90 si è fatto strada un partito “localista” che ama rileggere acriticamente il risorgimento considerandolo il campo ideale di battaglie per l’affermazione di una supposta realtà etnica.

Sotto questo punto di vista il plebiscito diventa quindi emblema della sopraffazione della realtà locale perpetrata dallo stato-nazione italiano verso la minoranza veneta.
Se questo è il punto di vista di partenza è ovvia anche la conclusione: il plebiscito del 1866 fu una “Grande truffa”. La storia ci tramanda però fatti diversi.

Quando il Regno di Sardegna, nel 1859, entrò in guerra contro l’Austria a fianco della Francia, Cavour sperò che le truppe piemontesi e francesi avrebbero combattuto insieme sino alla conquista del Veneto e del Trentino. Ma Napoleone III incontrò Francesco Giuseppe a Villafranca, l’11 luglio, e si accordò con lui su un compromesso che avrebbe dato a Torino soltanto la Lombardia. Indignato, Cavour rifiutò di accettare il patto franco-austriaco e dette le dimissioni.

L'occasione si presentò per la seconda volta nel giugno del 1866 quando la Prussia, d’intesa con l’Italia, dichiarò guerra all'Austria. Garibaldi sconfisse gli austriaci a Bezzecca e una colonna comandata da Giacomo Medici si spinse sino a pochi chilometri da Trento. Si ripeté allora ciò che era accaduto nel 1859. Austria e Prussia firmarono accordi di pace, e costrinsero in tal modo gli italiani, isolati, a interrompere le operazioni militari e ad accettare un armistizio. Fu quello il momento in cui Vittorio Emanuele II ordinò a Garibaldi di abbandonare il Trentino e ricevette da lui il famoso telegramma con una sola parola: «Obbedisco».

Nelle settimane seguenti fu deciso che l'Italia avrebbe avuto il Veneto, ma l’Austria non volle consegnarlo direttamente a un paese da cui non si considerava sconfitta. Lo dette quindi alla Francia. Napoleone III voleva il passaggio del Veneto all’Italia, subordinandolo però al suffragio universale di un voto che in un primo tempo aveva indignato tutta la stampa italiana, che riteneva scontato l’ampio consenso.

Il “plebiscito truffa”, come viene spesso definito, ebbe luogo il 21 ottobre. Su una popolazione di 2.603.009 persone i votanti furono 641.758 a favore del Sì, i voti contrari furono soltanto 69; schede nulle 273.
Fu una consultazione veramente democratica? Prima di porci questa domanda va tenuto presente il contesto storico politico del tempo, composto da una società prevalentemente rurale dove il tasso di analfabetismo era ancora elevato e larghi strati della popolazione erano pronti ad accettare le indicazioni dei “ceti superiori”.
L’alto clero, benché filo austriaco, contrario allo stato liberale e sostenitore del potere temporale dei papi, ritenne opportuno allinearsi e dispose che i parroci si schierassero in favore dell’annessione.
A Padova il Comitato per il sì fu tra i più attivi di tutto il Veneto nella sensibilizzazione della popolazione e nell’opera di boicottaggio degli austriaci e degli austriacanti (fece disertare i teatri in forma di protesta). A Padova i voti favorevoli furono 84.375, astenuti 1, contrari 4.

Ma ci sono altre motivazioni che non possono essere sottaciute.
In primo luogo il trionfale ingresso di Vittorio Emanuele II a Venezia dopo il voto popolare dimostrò che la città non aveva dimenticato la sua coraggiosa insurrezione contro gli austriaci del 1848.
In secondo luogo il plebiscito veneto, come quelli che si erano tenuti in altre regioni italiane negli anni precedenti, ebbe uno straordinario valore simbolico e una considerevole importanza costituzionale.

Per milioni di cittadini, sino ad allora alieni dalla vita politica, fu la prima vera occasione per familiarizzarsi con le pratiche della democrazia. Dimostrò, meglio di qualsiasi formula, che il re non avrebbe regnato soltanto “per grazia di Dio”. Grazie ai plebisciti i Savoia divennero effettivamente “Re d'Italia per grazia di Dio e volontà popolare”. E quando la volontà del popolo fece difetto, come accadde il 2 giugno 1946, dovettero lasciare il trono.

Tornando alla domanda: fu una truffa? La storia e gli storici (Isnenghi, Fumian, Franzina, Ventura...) rispondono in un altro modo.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: plebiscito (5), regno d'Italia (1), Veneto (182)