I cattolici oggi: hobbit della fede

di Francesco Jori - I cattolici, oggi: hobbit della fede. Come i personaggi di Tolkien, si muovono in una vera e propria terra di mezzo; solo che questa è realtà, non un racconto.

I cattolici oggi: hobbit della fede

Studioso di lungo e qualificato corso delle dinamiche religiose, responsabile dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto, Alessandro Castegnaro ricorre da qualche tempo a questa suggestiva quanto efficace immagine per inquadrare la situazione del popolo cattolico. O meglio, di una sua larga fetta, che si sottrae all’alternativa tra i “più cattolici” e i “non più cattolici”. In nome di una pratica religiosa radicalmente diversa da quella del passato, ma che in pari tempo rifiuta l’omologazione agnostica del presente.

Castegnaro ne ha tracciato una mappa nel ciclo degli incontri promossi dal Gruppo di conoscenza e formazione sui nuovi movimenti religiosi della diocesi: stimolante al punto da innescare svariati spunti di riflessione. Un primo filone ruota attorno a un concretissimo interrogativo: è un processo che riguarda la chiesa universale, o quella in cui viviamo? Un papa venuto dalla fine del mondo, come egli stesso ha sottolineato all’inizio del suo mandato, spiazza non solo le nostre prassi, ma anche le nostre stesse convinzioni profonde.

In realtà, Francesco non arriva dal “finis terrae”, ma da un mondo radicalmente altro; e mette a nudo la profonda crisi della chiesa europea, d’altra parte inevitabilmente immersa e coinvolta nella drammatica crisi dell’Occidente: che spazia dal dilagare dei populismi all’incapacità di esprimere una visione comune, al logoramento degli ideali e dei valori profondi che dopo due guerre mondiali in trent’anni le avevano impresso una forte spinta propulsiva.

E non è del resto un fenomeno individuale, legato alla figura carismatica di Francesco: dall’America Latina all’Africa profonda, dal medio all’estremo Oriente, c’è una chiesa vitalissima che non si imprigiona nel dibattito sulle regole e sul “religiosamente corretto”, ma parla il linguaggio della gente, le sta a fianco, svolge nei suoi confronti quella funzione preziosa di “ospedale da campo” descritta ancora da Bergoglio. È la chiesa delle periferie, che sa farsi essa stessa periferia anziché arroccarsi in un centro blindato.

Le persone non vogliono norme imposte da un pur autorevole soggetto: cercano un’adesione libera e convinta, che nasca e maturi all’interno di ciascuno, nell’inevitabile percorso di errori e contraddizioni, cadute e resurrezioni. Anche questa è una sottolineatura proposta da Castegnaro, e che viene troppo spesso trascurata. E qui viene in mente un secondo spunto di riflessione, legato alle turbolente vicende di queste settimane della chiesa padovana per i comportamenti di alcuni sacerdoti: il feroce dibattito che ne è nato, e le risposte fornite, hanno ruotato pressoché esclusivamente sui singoli casi, lasciando in ombra la questione centrale. Che è la condizione del prete oggi: una figura lasciata sola a gestire un carico di incombenze tale da rischiare di schiacciarlo.

Anche molti “buoni cattolici” (molto tra virgolette) hanno scelto la strada del giudizio sommario, dimenticando che i tribunali popolari quasi sempre si sono rivelati esiziali: come ha sperimentato su se stesso Gesù Cristo in persona. E archiviando molto in fretta quella virtù della misericordia cui papa Francesco ha dedicato un apposito giubileo. Il fatto è che oggi siamo tutti, credenti e non credenti, in un’insidiosa ma stimolante terra di mezzo: dove nessuno è depositario della Verità, ma ciascuno è chiamato a portare il proprio modesto ma prezioso contributo alla sua ricerca. In fondo alla quale c’è sempre e comunque il volto di un uomo.

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