La Somalia prova a ripartire con il nuovo presidente

Mohamed Abdullahi Mohamed, conosciuto come Farmajo, è stato eletto dal Parlamento lo scorso 16 febbraio in gran segreto, in un compound dell'aeroporto di Mogadiscio per scongiurare attentati di Al-Shabaab. Carestia e sfollati le emergenze da affrontare. Il vescovo Bertin, oriundo padovano, aveva lanciato l’allarme sulla situazione somala: «Un paese a pezzi».

La Somalia prova a ripartire con il nuovo presidente

La Somalia ha finalmente un nuovo presidente della Repubblica: Mohamed Abdullahi Mohamed, conosciuto come Farmajo, è stato eletto dal Parlamento lo scorso 16 febbraio, dopo mesi di rinvii e incertezze sulla tenuta istituzionale del Paese. Mohamed Abdullahi Mohamed è stato ambasciatore della Somalia a Washington dal 1985 al 1989 e dall’ottobre 2010 al giugno 2011 ha ricoperto la carica di primo ministro. 

Il voto si è tenuto in gran segreto e si è svolto all’interno di un compound dell’aeroporto di Mogadiscio, per scongiurare attentati da parte dei terroristi di Al Shabaab. La questione sicurezza in Somalia è talmente precaria che la popolazione è stata costretta a rimanere in casa per tutta la giornata dato il coprifuoco imposto dalle autorità.

Successivamente alla nomina di Farmajo, Hassan Ali Khaire è stano nominato nuovo primo ministro. Si tratta di un ex operatore umanitario e dirigente di una compagnia petrolifera, ha anche la cittadinanza norvegese, ed è stato il direttore generale del Norwegian refugee council. 
L’importante tornata elettorale si è svolta, come detto, in un clima al limite della guerra civile, con notizie di intimidazioni e corruzioni nella corsa presidenziale e la tensione alle stelle alimentata dai continui attentati. L’ultimo in ordine di tempo ha causato 39 vittime: il 20 febbraio in un mercato nella capitale Mogadiscio un attentatore suicida si è fatto esplodere a bordo di un veicolo. Con grande probabilità si sospetta il coinvolgimento dei militanti jihadisti di Al Shabaab. 
Dopo 25 anni di guerra civile, secondo gli osservatori internazionali la nomina di Farmajo potrebbe garantire ad un Paese sull’orlo del collasso un minimo di stabilità istituzionale. Oltre agli attentati e al perenne caos governativo, la Somalia corre infatti il rischio di una terribile carestia.

«È tempo di agire per evitare una nuova catastrofe», è l’appello lanciato dall’organizzazione umanitaria Intersos relativamente alla situazione in cui si trova la regione dell’Est Africa. «Se la risposta umanitaria non sarà efficace e tempestiva, probabilmente ci troveremo di fronte alla più grave carestia del nuovo millennio. In Somalia i numeri sono allarmanti: oltre 6 milioni di persone, la metà della popolazione somala, si trovano in una condizione di urgente stato di bisogno», denuncia l’organizzazione umanitaria. 

Prima delle elezioni presidenziali mons. Giorgio Bertin, vescovo padovano di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, aveva lanciato l’allarme sulla Somalia, parlando di “un paese a pezzi”. «Manca all’interno della Somalia una leadership che abbia veramente un senso del servizio al popolo, devono ricordarsi che sono là per essere al servizio soprattutto dei più diseredati, dei più poveri e sono milioni che rischiano la fame». 
Sta di fatto che l’elezione di Farmajo è stata accolta positivamente dalle truppe somale, spesso in contrasto con il governo per lo scarso equipaggiamento a disposizione nella lotta contro i terroristi di Al-Shabaab e per il ritardo nel pagamento del salario. Il nuovo presidente Farmajo nei prossimi mesi oltre al rischio carestia si troverà ad affrontare anche il dramma dei rifugiati: un milione quelli interni, più centinaia di migliaia presenti nel campo di Dadaab in Kenya che chiuderà prima dell’estate.

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