I mille frutti dell'"Orto sconto" dentro il carcere di Padova

Il grande successo del progetto della cooperativa Angoli di Mondo assieme ad Agronomi senza frontiere che ha portato una serie di internati della casa circondariale (che hanno uno status giuridico dai detenuti) a respirare ore di libertà coltivando i loro prodotti. Hanno così contribuito a rifornire la mensa del carcere ma anche il ristorante equo e solidale Daltrocanto. Da qui, l'opuscolo del fumettista Giacomo Traini "Cavoli a merenda" 

I mille frutti dell'"Orto sconto" dentro il carcere di Padova

«L’orto è l’unica cosa che controlli in prigione e l’idea di essere custode di un pezzo di terra ti regala il gusto della libertà».

Durante i 28 anni di prigionia, Nelson Mandela capì che, attraverso il contatto con la terra, era possibile vincere il tempo, in un luogo che per il mondo esterno è privo di vita.

Nella casa di reclusione Due Palazzi di Padova, la cooperativa sociale Angoli di mondo e Agronomi senza frontiere, finanziati dalla regione Veneto, hanno realizzato il progetto “Orto sconto”: 250 ore tra teoria e pratica con l’obiettivo di realizzare un piccolo campo coltivato e gestito da un gruppo di “internati”, la cui situazione giuridica è diversa dagli altri condannati essendo trattenuti, per un periodo indeterminato, fin quando non vengono più ritenuti pericolosi per la società.

Un percorso complesso, durato un anno, durante il quale i detenuti hanno imparato la semina, l’irrigazione e la raccolta, oltre a riflettere sull’importanza dell’alimentazione: «Ci sono ragazzi del Sud talmente legati ai propri prodotti tipici che non possono nemmeno sentir nominare la polenta – ironizza Monica Baldessari di Angoli di mondo – Ma anche noi, dall’esterno, abbiamo dei preconcetti che, però, svaniscono appena entriamo in contatto e li conosciamo. Parlare di cibo unisce e fa cadere le barriere: alcuni, con occhi lucidi, ripensano alla ricetta della mamma o della moglie».

Mettendosi in gioco, i detenuti hanno capito l’importanza della socializzazione, del rispetto e della responsabilità, aspetti fondamentali nel loro processo di riabilitazione agli occhi della società:

«Zappare la terra, accudire e affezionarsi a una pianta o a un fiore, li ha portati a credere in qualcosa – racconta Vittorio Casalino di Agronomi senza frontiere

Hanno costruito fioriere, una piccola serra e un semenzaio. Un ragazzo ha anche avuto il permesso per lavorare, un paio di mattine, in un’azienda agricola vicino al carcere, avendo la possibilità di uscire dalle mura grigie, ritornando alla realtà».

Così, con pazienza e cura, sono nati pomodori, zucchine, meloni, melanzane, piselli, insalate di vario tipo e rapanelli: ingredienti utilizzati non solo per la mensa del carcere, ma anche consegnati al ristorante equosolidale Daltrocanto in centro a Padova per un menù degustazione pensato in occasione della presentazione di “Cavoli a merenda”, opuscolo conclusivo del percorso.

Sfogliandolo, ci sono testimonianze, alcune curiose ricette e le illustrazioni del fumettista Giacomo Traini che ha immortalato i volti dei detenuti, non potendo scattare foto: «Dalle loro espressioni ho colto i continui cambi di umore dall’idea di vederci e respirare aria fresca a quando sono dietro le sbarre. Uno mi ha anche chiesto di raffigurarlo assieme ai suoi nipoti: segno evidente che la loro mente, nonostante il trascorrere del tempo incerto, è sempre proiettata a chi li aspetta fuori».

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