I vicariati cambiano, per una chiesa in ascolto del territorio

La prospettiva, già reale da qualche anno, di mettere insieme alcuni vicariati – lasciandosi interpellare dal territorio – ha dato vita a un documento emanato dal collegio dei vicari foranei. Sono sei le coppie di vicariati che hanno iniziato questo cammino di unificazione.

I vicariati cambiano, per una chiesa in ascolto del territorio

Una chiesa locale che si fa interpellare sempre più dal territorio.
È il nuovo volto della diocesi che parrocchie e vicariati sono chiamati a incarnare e che nasce da una riflessione dentro gli organismi di comunione diocesani e al tempo stesso da un’esigenza pastorale dal basso.
I primi passi di questo restyling sono stati codificati in un documento emanato dal collegio dei vicari foranei dell’8 luglio scorso, dal titolo appunto “Il territorio e i vicariati”.
«Questa riflessione – spiega don Leopoldo Voltan, vicario per la pastorale – nasce dalla prospettiva, già reale da qualche anno, di mettere insieme alcuni vicariati. Da due anni gli orientamenti pastorali indicano questo orizzonte e l’incontro congiunto del 2015 ha rilanciato questa possibilità. L’idea è di unire vicariati che hanno già fatto un cammino assieme e avviato delle proposte comuni, e di valorizzare, quindi, questi percorsi per arrivare entro un anno e mezzo all’unificazione».

Sono già sei le coppie di vicariati (in un caso sono tre) che hanno iniziato questo cammino.
Si tratta di Lozzo Atestino e Teolo; San Giorgio delle Pertiche e Villanova; Villa Estense-Stanghella (una parte con Este e una parte con Monselice); Piove di Sacco, Pontelongo e Arzergrande; Conselve e Agna; Caltrano e Thiene.
«Hanno sentito come loro esigenza il mettersi insieme. Il documento valorizza questo percorso nato dal basso, dà loro un mandato per continuare su questa strada perché arrivi a completezza. E prevede che anche gli altri vicariati della diocesi affrontino una riflessione al loro interno e si interroghino. Gli esiti saranno quelli che il territorio e le comunità cristiane indicheranno. I vicariati sono tanti nella nostra diocesi e ognuno con la propria storia. Non è scontato dove ci porterà questa riflessione».
Senz’altro a lasciarsi interrogare con forza dal territorio: «Per tanti anni è stato altro rispetto a noi: da un lato c’erano le comunità cristiane, dall’altro il territorio. Adesso le indicazioni che come chiesa abbiamo maturato sono che il territorio è una sorta di mappa: nasconde e rivela tante verità che sono la vita della nostra gente (lavorativa, familiare, relazionale, abitativa) e interpella prepotentemente il nostro modo di essere parrocchia e fare pastorale. Forse addirittura ci spinge a modificarlo».

La comunità cristiana, d’altro canto, resta una presenza significativa e ricca dentro al territorio.
«In primis nel suo essere a servizio di ogni persona. Riporta tutta la freschezza e bellezza del vangelo, ma anche uno “stare” fatto di relazioni e di attenzione al prossimo. La storia delle nostre parrocchie può dire molto in merito, è eccezionale, come punto di riferimento di vita e di carità».

Una chiesa quindi che lascia parlare il territorio e lo sente come elemento unificante al proprio interno, al di là dei criteri ecclesiali.
«È davvero importante che i vicariati accolgano questa prospettiva sempre più territoriale: è necessario che ognuno davvero abbia una propria originalità e una rete fitta di relazioni all’interno di ogni parrocchia e realtà locale, e che metta in atto tre criteri che lo aiutino a non disperdere quel tesoro che possiede».

Sussidiarietà, sostenibilità e prossimità sono appunto i tre criteri chiave che è importante guidino le riflessioni e i passi concreti dei vicariati.
«Dicono che crediamo e vogliamo il sostegno e la vicinanza scambievole e responsabile tra il territorio e le comunità; raccontano l’attenzione alla formazione degli operatori pastorali e il rispetto delle loro situazioni di vita; spingono alla vicinanza, al trovare tutto ciò che unisce per sentirsi davvero vicariato».

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