La scuola apre le celle e insegna la libertà

Il nostro viaggio nelle opere di misericordia del volontariato padovano. Dal 1978 il Gruppo operatori carcerari volontari aiuta i detenuti a raggiungere diploma superiore o laurea, perché solo studio e lavoro combattono la recidiva e la malattia mentale covata da chi è in carcere. Con risultati che si leggono nei numeri: più di 20 lauree, quasi 80 studenti attualmente iscritti alle superiori o all'università.

La scuola apre le celle e insegna la libertà

Il 27 dicembre 2015 il vescovo Claudio ha voluto aprire la porta santa anche al Due Palazzi, connotandola di un forte valore simbolico e richiamando tutta l’essenza di quella misericordia, pensiero e azione del giubileo straordinario indetto da papa Francesco.
E c’è chi quella misericordia da decenni ormai la fa entrare e uscire dalle celle ogni settimana, avendo scelto con il volontariato di praticare l’umana pietas verso chi, dopo essersi macchiato di male e ingiustizia, è condannato a vivere, spesso anche tutta l’esistenza che gli resta, in una cella di cinque metri per cinque, gelata d’inverno e afosa oltre qualsiasi tolleranza d’estate. Dentro, eppure con il cuore e la testa sempre fuori, là dove vivono madri, padri, mogli, figli, amici.

Dal 1978 il Gruppo operatori carcerari porta dentro cultura: libri, quaderni, penne e matite, e sostiene i detenuti a “evadere” leggendo, studiando, aprendo la testa per raggiungere ambiti traguardi magari mai immaginati prima, come il diploma superiore o, addirittura, la laurea. Il riscatto umano e sociale passa anche da qui, aiutando chi si sente spacciato a non lasciarsi scivolare dentro alla tenebra che avviluppa come un bozzolo inestricabile, durante giornate tutte uguali, scandite soltanto dalle mandate alla porta della cella.

«Lo dico sempre: dovremmo costruire istituti di pena che fossero grandi fabbriche e immense aule studio perché chi non fa niente s’impoverisce ancora di più, non impara dal male commesso e, una volta ritornato in libertà, diventa un criminale peggiore di prima».
Giorgio Ronconi, già docente di letteratura italiana all’università di Padova, è fondatore, nonché instancabile volontario tutt’oggi, del Gruppo operatori carcerari volontari che, oltre all’assistenza nello studio, fornisce a chi sta dentro vestiti, scarpe, generi di prima necessità (dallo spazzolino al sapone per lavarsi), ma anche accoglienza nella casa Piccoli passi di Altichiero, dove vengono ospitati i detenuti in permesso premio o che hanno concluso di scontare la pena.
Lì, durante i primi giorni di libertà ritrovata, è dura guardarli dalle finestre, mentre continuano a camminare avanti e indietro in giardino, cauti, quasi con la paura di cadere, come se non ci fosse altro spazio disponibile e l’unico movimento possibile, anche fuori, sia camminare in linea retta con lo sguardo fisso come facevano in prigione.
«Prima del 1990 – racconta Ronconi – quando venne istituita la scuola superiore e i docenti poterono finalmente entrare in carcere, eravamo noi volontari ad andare nelle scuole a domandare chiarimenti sui programmi d’insegnamento al posto di chi stava in cella. Poi ci siamo concentrati sull’università, a volte letteralmente supplicando i docenti di venire a sostenere gli esami in carcere».
Tutto si è semplificato dodici anni fa, quando nel 2004 è nato il polo universitario regionale che ha definitivamente ufficializzato l’esperienza pionieristica dei volontari padovani.

GLI STUDENTI Una trentina quelli superiori e cinquanta gli universitari

Attualmente sono una trentina gli studenti in “formazione” per raggiungere il diploma superiore e una cinquantina gli universitari iscritti a lettere, agraria, architettura, legge, ingegneria, scienze politiche…
«In questi ultimi dodici anni – spiega Giorgio Ronconi – una ventina di carcerati hanno ottenuto il diploma di laurea triennale, mentre altri quattro hanno tagliato il traguardo della specialistica. I tutor esterni inviati dall’università di Padova, con cui l’istituto di reclusione ha stretto un accordo, sono un nutrito gruppo che ricopre tutti gli insegnamenti scelti. Il mio forte rammarico però è che gli studenti e i lavoratori dentro al carcere continuino a essere ancora troppo pochi: su quasi 600 circa 250 lavorano per le cooperative Giotto e Altracittà, ma la maggior parte butta via la vita nell’inerzia più assoluta, aggravando le proprie condizioni di salute fisica e mentale».

In Veneto sono presenti nove istituti di pena con una capienza regolare di 1.839 posti, ma con una presenza effettiva di 2.136 persone (di cui 113 donne e 1.160 stranieri).
Il sovraffollamento è di trecento detenuti in più, con peggiorate condizioni di vita, soprattutto durante il caldo periodo estivo.

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