L'archivio "ritrovato" della veneranda Arca

Il programma degli incontri culturali del Giugno antoniano si è aperto martedì 3 giugno con un convegno di studi intitolato “Carte, uomini e istituzioni nell’archivio della Veneranda arca del Santo”. La giornata di studi si inserisce nell’inventariazione, giunta ormai alla fase conclusiva, dell’archivio dell’Arca, un patrimonio di straordinario valore che viene finalmente restituito alla città.

L'archivio "ritrovato" della veneranda Arca

Quello dell’Arca è «un archivio particolarmente importante per la città di Padova – come testimonia padre Luciano Bertazzo, direttore del Centro studi antoniani, che ha a lungo caldeggiato questo intervento, reso possibile dal generoso contributo della fondazione Cariparo – perché si è conservato pressoché integralmente e ha continuato a essere attivo fino a oggi. I primi atti archiviati risalgono infatti a quel lontano 1396 quando fu costituita l’Arca, una specie di fabbriceria antoniana che in tutti questi secoli ha gestito i beni della basilica, curandone la conservazione. In questo deposito di atti, i più svariati, si è andato costituendo un interessante spaccato di storia padovana, culturale, artistica ed economica, tenendo conto che dei sette membri della direzione ben cinque sono di nomina comunale».
L’archivio – suggerisce Leopoldo Saracini, uno dei componenti della presidenza dell’Arca – fortunatamente in tutti questi secoli non ha subito incendi né saccheggi, è sostanzialmente ben tenuto, ma mancava una inventariazione scientifico-archivistica, un indice completo che tra un anno circa, data prevista per la conclusione del lavoro, metterà a disposizione degli studiosi, con strumenti informatici e cartacei, le indicazioni per meglio esplorare e studiare questi documenti».
Finora, commenta ancora padre Bertazzo, l’archivio era stato esplorato “a singhiozzo”, a seconda degli specifici interessi degli studiosi. Ora invece grazie all’opera di alta professionalità di Giorgetta Bonfiglio-Dosio e di Giulia Foladore, l’esplorazione sarà sistematica, carta per carta, sia per quanto riguarda l’archivio antico, già completato, che quello moderno, dove si sta ora lavorando. Per dare un’idea di quello che si trova tra le carte dell’Arca basta scorrere i settori del convegno.
C’è un gran numero di documenti contabili che forniscono importanti dati storiografici; c’è la memoria del territorio cittadino e del grande “feudo” di Anguillara, che dal 1405 al 1975 è stato amministrato dall’Arca; c’è l’inventario dei beni del Gattamelata che fanno parte del lascito della moglie; ci sono i documenti relativi alla cappella musicale del Santo, ci sono infine i documenti relativi a tutti i cantieri artistici, dal Donatello agli affreschi novecenteschi. Un materiale indispensabile per dare supporto certo alle ipotesi di attribuzione che gli studiosi effettuano sul piano stilistico.
Per quanto riguarda quest’ultima sezione, dalle soffitte è di recente riemersa una montagna di disegni, studi, progetti, sanguigne che Achille Casanova, autore del progetto di decorazione generale del Santo, rimasto incompiuto, aveva lasciato in eredità all’Arca. Si tratta di materiale interessantissimo (da cui è stato tratto anche il disegno del Giugno di quest’anno) e purtroppo di delicata conservazione, trattandosi spesso di disegni a matita o a carboncino.
«Il nostro sogno nel cassetto – confessa Saracini – sarebbe quello di utilizzare l’ex sede del museo civico per allargare il museo antoniano esponendo a rotazione questi bozzetti, ma anche i modellini dell’altare maggiore del Boito e dei portali del 1895 e i modelli in gesso del Pogliaghi per la cappella del Santissimo. Nei grandi spazi dell’ex museo potremmo sistemare in modo accessibile anche l’archivio dell’Arca, fare la nuova sede del Centro studi con annessa sala per mostre temporanee e si potrebbe anche recuperare il vecchio progetto di collocare al coperto, nell’atrio del museo, in modo che sia protetto e visibile da vicino, il monumento equestre del Gattamelata sostituendolo sul sagrato della basilica con una copia, come è stato fatto con i cavalli di San Marco».

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