A Padova aperta la Porta della carità in piazza Duomo

Domenica 6, dopo la chiusura della Porta santa della Cattedrale, il vescovo Claudio ha aperto la Porta della carità: un appartamento, in piazza Duomo a Padova, destinato ad accogliere persone in difficoltà.

A Padova aperta la Porta della carità in piazza Duomo

Si chiude una porta, si apre una casa. Un segno di continuità per una chiesa che interpreta il proprio essere popolo di Dio come un cammino che non può avere soluzione di continuità, che deve manifestarsi, rinvigorirsi, trarre alimento dalle opere. L'anno giubilare è tempo di grazia, che impone anche cambiamenti, conversioni, esami di coscienza di come la comunità ecclesiale sia orientata a Cristo.

La notizia è semplice e ancora non compiuta nelle sue articolazioni, ma è una scelta ormai fatta: la diocesi vuole aprire una Porta della carità, destinando un appartamento di sua proprietà, in piazza Duomo a Padova, a persone in difficoltà. Tutto qui. Anche se non è certo poco, perché la scelta rappresenta un segnale inequivocabile di come la chiesa locale interpreti la carità (nel senso alto del termine) come un frutto dell'anno della misericordia.

«Giubileo - spiega don Gianandrea Di Donna, docente di liturgia alla Facoltà teologica del Triveneto - ha origine dalla tradizione ebraica che fissava, ogni cinquant'anni, dodici mesi di riposo della terra (con lo scopo pratico di rendere più forti le successive coltivazioni), la restituzione dei beni confiscati e la liberazione degli schiavi, questo affinché non ci fossero comunque il troppo ricco o il troppo povero (Levitico 25, 8 e ss.). Per segnalare l'inizio dell'anno di sosta (e di grazia) si suonava un corno di ariete, in ebraico jobel, da cui deriva il termine cristiano giubileo».

Proprio nel cristianesimo, l'anno giubilare assume una valenza spirituale di rinnovamento dell'uomo interiore, di ritorno a Dio, di rinascita morale e spirituale. «Un appello a una conversione globale e integrale della chiesa, insomma, per la quale il cambiamento verso il nuovo riguarda la vita spirituale, in unione con le opere della carità; tutto questo strettamente congiunto».

«L'antico inno Ubi caritas est vera, Deus ibi est – continua don Gianandrea - scritto del patriarca Paolino di Aquileia (fine 8° secolo), ci dà i termini di questo atteggiamento: la carità fattiva, autentica, praticata, è presenza di Dio. Canteremo proprio questo inno aprendo la Porta della carità, che sarà attuazione autentica di una dinamica che la chiesa stabilmente è chiamata a vivere in risposta al vangelo di Gesù Cristo».

I fondamenti storici e teologici, dunque, sono chiari e radicano nel vissuto della comunità ecclesiale la scelta della diocesi. «Non si tratta di un'iniziativa - spiega don Di Donna - ma di uno stile di vita che la nostra chiesa desidera coltivare sempre più, in risposta all'appello evangelico».

Un gesto, anzi l'assunzione di uno stile che in questi giorni proprio la chiesa padovana sta manifestando in maniera inequivocabile con una serie di scelte e di eventi. «Quello che stiamo vivendo va interpretato in un ambito di profonda unità con opzioni e indirizzi della nostra comunità ecclesiale. Pensiamo alla presentazione del bilancio nel sabato che precedeva la "domenica di Zaccheo", come revisione ed esame di coscienza del come usiamo le risorse. E ancora, l'ordinazione di sette diaconi, che si è svolta sabato scorso, ministri della Parola, dell'altare e della carità, istituiti nella chiesa come coloro che servono i più piccoli e i poveri. La fine dell'anno giubilare, la chiusura della Porta della misericordia, l'apertura della Porta della carità, nel complesso del palazzo vescovile, di fianco alla Cattedrale, al battistero, al museo diocesano, sono tutti segni di una chiesa che si mette a servizio dell'uomo in modo integrale. Il vangelo di Cristo Gesù è infatti annunzio di una redenzione globale, di una rivelazione all'uomo di chi è l'uomo nuovo, vero. Ogni dimensione dell'umano è redenta da Cristo».

L'ubicazione del luogo dove apre la porta della carità non è certo casuale, dunque, e lancia un messaggio forte a tutta la città. Piazza Duomo, al centro di Padova, accoglie alcune tra le bellezze più significative, frutto della storia di questa comunità. Anche il dono della bellezza può essere considerato un esercizio di carità, così come la risposta a un bisogno primario, qual è quello di avere una casa.

«La scelta di aprire uno spazio della carità, in piazza Duomo, non è un'opzione sporadica ma una destinazione stabile di quel luogo, deputato alla carità e non semplicemente a rispondere a un'emergenza. La carità come via ordinaria, non straordinaria, della chiesa».

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