Da educatori affrontiamo il terrorismo e la violenza

Come affrontare i drammatici fatti di Parigi con giovanissimi e giovani? In che modo parlarne? Genitori, catechisti, insegnanti ed educatori in generale si sentono senza dubbio provocati da queste domande e nel tentativo di offrire risposte hanno individuato delle possibili piste.

Da educatori affrontiamo il terrorismo e la violenza

«Subito il lunedì mattina e nei giorni seguenti – racconta Elisa Carrà, insegnante di italiano e latino al liceo Curiel di Padova, già responsabile diocesana – ho scelto prima di tutto di far memoria delle morti, in particolare dei giovani, e di vivere con i miei studenti un momento di condivisione di quanto accaduto».
Partendo dalla poesia Non gridate di Giuseppe Ungaretti: «Il dolore, la morte di queste giovani vite può avere un significato solo se riusciamo a far tacere anche dentro di noi sentimenti di vendetta e proviamo a chiederci cosa è successo. Anche facendo del silenzio dentro e intorno a noi».

Tre i tipi di intervento che secondo l’insegnante si possono attuare.
«Innanzitutto aiutare i ragazzi a capire cos’è avvenuto: sono tutti molto frastornati e disinformati, mescolano ambiti e aspetti diversi, e questo può portare a formulare pregiudizi e semplificazioni. È una prima fase che va preparata, organizzata e pensata, e tutti gli insegnanti si dovrebbero sentire coinvolti in quanto educatori».
Secondo passaggio è dar voce agli stati d’animo. «È importante sollecitarli a portar fuori i sentimenti del cuore. Parlarne insieme è già un curarsi! Ho in mente occhi sgomenti di ragazzi di quinta superiore schiacciati dal peso degli eventi».
Terzo passaggio è aiutarli a far memoria. «Il rischio è liquidare in fretta questi eventi toccati ad altri. Quando invece la storia, sempre veloce, ci chiede il tempo di fermarci e sottolineare con i ragazzi i miracoli di amore e solidarietà che stanno emergendo. Questi aiutano a recuperare l’amore per la vita, dicono che c’è un futuro di solidarietà, di bene e di pace. E offrono un respiro nuovo di fronte alla morte».

Dov'è Dio?

«Dio è lì dove c’è la sofferenza e nei tanti uomini di buona volontà che si impegnano a costruire un mondo diverso. Su questo vanno rassicurati i ragazzi, portando testimonianze».

Anche dentro i gruppi parrocchiali e associativi questi fatti d’attualità non possono restare inascoltati.
«Questi sono luoghi privilegiati – sottolinea Carrà – dove insieme si cresce e si fa formazione, dove si capisce come vivere la propria fede dentro la storia. Nel gruppo il clima più confidenziale, inoltre, aiuta i ragazzi a esprimere e chiamare per nome sentimenti e stati d’animo che li attraversano. Nel gruppo parrocchiale inoltre tutto questo si può trasformare in preghiera e può aiutare a vivere i fatti in una prospettiva di fede e ancor più di speranza, spronando all’impegno a costruire un mondo più pacifico, affidandosi e credendo che il Signore è con noi».

Dai ragazzi la domanda più frequente che emerge è “Dov’è Dio in tutto questo? Perché permette che accadano episodi come quelli di Parigi?”.
«Si è parlato di “silenzio di Dio” in qualche momento buio della storia – conclude Carrà – Ma Dio è lì dove c’è la sofferenza e nei tanti uomini di buona volontà che si impegnano a costruire un mondo diverso. Su questo vanno rassicurati i ragazzi, portando testimonianze».

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