«Noi, protagonisti dell’evangelizzazione». Don Leopoldo Voltan all'assemblea dei circoli.

È il tempo della «qualità» e della «creatività» per la chiesa in un mondo in cui la fede «non è più così tanto decisiva». La parrocchia di fronte alla sfida di saper comunicare il vangelo, altrimenti corre il rischio dell’irrilevanza nella società

«Noi, protagonisti dell’evangelizzazione». Don Leopoldo Voltan all'assemblea dei circoli.

Don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la pastorale, ha parlato venerdì 24 novembre ai volontari dei direttivi dei circoli Noi di tutta la diocesi di Padova.

Persone cresciute nello spirito del servizio, testimoni privilegiati dei cambiamenti in atto nella chiesa. Da accogliere, però, con estremo coraggio. «Siamo gli ultimi credenti di un tempo in cui la fede cristiana segnava tutti gli aspetti della vita sociale – ha esordito, citando alcune immagini utilizzate dagli esperti – Forse siamo anche la prima generazione per la quale la fede non è più così tanto decisiva». Eppure, per don Voltan, «non è tempo di nostalgie dei grandi numeri, ma un tempo prezioso e di gratitudine, che ci sfida e ci domanda qualità e creatività».

Alla vigilia dell’assemblea diocesana, il vicario per la pastorale è partito dal testo dedicato alla parrocchia che sarebbe stato consegnato l’indomani. È la parrocchia, infatti, il fondamento dell’attività di ogni circolo Noi: «Ogni parrocchia, con i suoi legami e le sue tradizioni, è unica e speciale soggetto delle scelte che compie. Non è solo una cinghia di trasmissione che riporta scelte prese da altri, ma è protagonista dell’evangelizzazione, arriva a tutti e accoglie tutti».

La parrocchia, poi, dovrà privilegiare la qualità delle sue proposte, anche al costo di farne di meno: «Il nostro tempo è così ricco di offerte che ci si domanda di non essere mai banali o scontati, altrimenti resteremo irrilevanti». Infine, la parrocchia deve rinunciare a ogni forma di autoreferenzialità: «Ciascuna serve le persone nel suo territorio, è ancorata alle sue storie. Abbiamo bisogno di parrocchie che non siano recinti e spazi protetti, ma luoghi di incontro, ponti di dialogo, ambienti di condivisione educativa».

L’indicazione degli orientamenti pastorali di puntare su “esercizi di fraternità” rimarca in maniera orizzontale lo stile da tenere.
Citando don Milani, più che sul che cosa fare, ci si deve interrogare sul come farlo: e questo è lo stile di una vita fraterna, con «relazioni più strette e calde, calorose e dirette, nelle quali sostenerci nell’avventura della vita».

Sentirsi fratelli cambia le prospettive:

«Se siamo fratelli non siamo figli unici, c’è qualcun altro vicino a noi. Se siamo fratelli possiamo decentrarci, imparando che non tutta la nostra vita gira intorno a noi e potendo guardare la nostra vita da un altro punto di vista. Infine, se siamo fratelli, sono obbligato a scegliere se accogliere l’altro, oppure, come ricorda il racconto di Caino e Abele, posso eliminarlo, anche in modo metaforico».

È passato un anno dall’incontro del vescovo Claudio con i circoli Noi, nel quale ha comunicato il suo desiderio di un’associazione in grado di “farsi piccola”. «Non intendeva una volontaria dismissione dei nostri compiti – precisa don Leopoldo Voltan – ma la consapevolezza della necessità, a tutti i livelli, di strutture ecclesiali adatte all’oggi, più agili e flessibili, felici di essere al servizio del vangelo e della nostra gente. Piccola, inoltre, è anche un’associazione che riesce a essere raggiungibile da molti, a portata di relazione, che mette le persone a proprio agio».

Il vicario per la pastorale ha proseguito nel tratteggiare i lineamenti del Noi che verrà: «Mi piacerebbe che il Noi fosse una scelta consapevole della comunità a partire dal suo consiglio pastorale. Che cosa si aspetta la parrocchia dal Noi? Che cosa vorrebbe dal circolo in ordine alla sua azione evangelizzatrice?». Una possibile risposta la anticipa direttamente don Leopoldo: «I nostri circoli potranno diventare sempre più luoghi di relazione e fraternità. Penso alla valorizzazione della domenica come giorno del Signore: la gente ha sempre meno tempo, resta solo la domenica. Ci si può investire con larghezza e creatività, perché i centri siano luoghi dove ci si apra alla condivisione».

Tra le attenzioni per i centri, sempre più ponte tra chiesa e strada, don Voltan ricorda lo stile dell’accoglienza, il primato delle relazioni, lo stile della gratuità, dell’essenzialità a partire dalla gestione dei prezzi fino all’attenzione alla sostenibilità ambientale. Ma c’è anche lo spazio per vivere pienamente il vangelo e i tempi liturgici, anche nelle attività più ricreative: «Non è che abbiano meno da dire sui temi di fede, tutt’altro.

Dato che sono aperte a tutti, l’annuncio cristiano è centrale, per evangelizzare ed essere evangelizzati da chi incontriamo». Infine, i giovani: «Dobbiamo investire su di loro. È però un miraggio per molti pensare di organizzare qualcosa perché i giovani vengano da noi. Meglio invece affidare ai giovani, che già ci sono, più responsabilità nei nostri centri».

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