Sanità veneta, la riforma tra dubbi e proteste

Nella riforma della sanità veneta è prevista la pesante riduzione dei primariati. Per molti significa penalizzare l'integrazione sociosanitaria con il territorio, privandolo delle giuste professionalità. Altro punto da realizzare è la super azienda Zero per tutto il fronte amministrativo sanitario regionale.

Sanità veneta, la riforma tra dubbi e proteste

Prosegue l’iter di attuazione della riforma della sanità veneta, che dal primo gennaio scorso ha ridotto le Ulss da 21 a 9 per «alleggerire la burocrazia e risparmiare 90 milioni di euro all’anno».

Com’è noto una delle principali novità è la nascita dell’azienda Zero, ovvero l’organo di coordinamento di palazzo Balbi che accentra le funzioni tecnico-amministrative finora svolte dagli uffici delle singole Ulss per gestire in maniera unitaria gare pubbliche, contenziosi, relazioni esterne e anche il personale. Ora l’iter è arrivato in Quinta commissione del consiglio regionale, dove è al vaglio il testo che determina le linee guida per la predisposizione da parte delle Ulss del nuovo atto aziendale e anche le linee guida per l’atto aziendale della “super“ azienda Zero.

Documenti, in sostanza, che definiscono la riorganizzazione dei servizi territoriali e che hanno sollevato non poche perplessità e preoccupazioni riguardo alla struttura dei distretti. Ma ciò che da Treviso ad Adria passando per il Vicentino viene contestato è la riduzione dei responsabili dei primariati. O meglio delle Unità operative complesse (Uoc), per usare un linguaggio più tecnico.

In numeri la riduzione del personale passa dalle 470 apicalità attuali alle 276 della nuova proposta. Calcolatrice alla mano sono 235 posti in meno in tutto il Veneto. Sono cinque le macro aree in cui si possono suddividere i servizi che vengono ridotti: per quanto riguarda il “Distretto” con le cure primarie, palliative, il Serd e la specialistica ambulatoriale si passa da 117 a 106 responsabili.

Per il Dipartimento di Prevenzione, che comprende i servizi che vanno dall’igiene e sanità pubblica a quella animale fino alla promozione della salute e alla medicina legale e del lavoro, sono previsti 13 posti in meno (da 79 a 66 Unità operative complesse). Letteralmente dimezzate le professioni sanitarie, ovvero l’infermieristica, che da 24 apicalità arriva a 12. Quelle tecnico amministrative, invece, da 155 diventano 92. Quest’ultimo è un dato, però, coerente con quanto la riforma ha sempre promosso dandosi come obiettivo quello di snellire la compagine burocratica della sanità regionale.

Azzerati, infine, quei 95 “ulteriori posti disponibili“ per figure responsabili da inserire nelle varie Ulss in caso di necessità. Ciò che preoccupa gli amministratori locali, i politici, i comitati e i cittadini, in soldoni, è che un’unica Unità operativa complessa dovrà essere punto di riferimento per più di un distretto. Per alcune macro aree, quindi, un solo dirigente dovrà essere capace di controllare l’intera gestione di provvedimenti che riguardano Ulss con circa 900 mila abitanti e un centinaio di comuni, come nel caso dell’Euganea e della Scaligera.

Una situazione che, secondo più voci, metterebbe a dura prova e penalizzerebbe l’integrazione socio-sanitaria con il territorio, depauperandolo delle professionalità direttive sanitarie, soprattutto ora che il “raggio d’azione“ è molto più esteso. In parole povere chi lancia l’allarme-riforma lamenta una mancanza di coerenza tra la legge di riordino e le delibere applicative, che al contrario di quanto previsto non lasciano inalterati i servizi alla persona e gli assetti territoriali.

Per l’azienda sanitaria 7 Pedemontana (nata dalla fusione della 3 di Bassano e della 4 Alto Vicentino) con oltre 360 mila abitanti, sono previsti 9 primariati in meno rispetto alla normativa vigente, con le Unità operative complesse che passano da 34 a 25. Per l’Ulss Berica (ex Ulss 6 Vicenza più ex Ulss 5 Ovest vicentino), invece, la riduzione è di 21 apicalità per un totale di 499 mila abitanti, passando da 46 Unità operative complesse a 25. Nel caso dell’Euganea (ex Ulss 15, 16 e 17) le 70 Uoc vengono letteralmente dimezzate e lo stesso avviene per la Scaligera (ex 20, 21, 22).

Tutti numeri che stanno turbando anche le conferenze dei sindaci, delle quali non è ancora chiaro il ruolo all’interno delle linee guida dell’atto aziendale. Oltre all’approvazione di quest’ultimo documento per le varie Ulss, l’iter di attuazione della riforma prevede l’approvazione delle schede territoriali, che i ben informati dicono avverrà entro l’anno, e che determina i posti letto delle case di riposo, degli Urt e degli hospice oltre alla gestione della medicina di gruppo. E, poi, l’approvazione delle linee guida delle schede ospedaliere rinviate al 2018, riferite ai numeri di posti letto e alle specializzazioni degli hub, degli spoke e degli ospedali di rete. Senza dimenticarsi infine della “questione” piano socio-sanitario che è stato prorogato al 31 dicembre 2018 e che molto difficilmente può prescindere dalla riorganizzazione della sanità.

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