Bosnia, per la vera pace serve il coraggio della compassione

Il vescovo di Sarajevo Pero Sudar: «Per chiudere definitivamente vent'anni di convivenza forzata servono riconciliazione, misericordia, giustizia. Siamo ancora prigionieri di una logica che considera il “perdono” come una debolezza. Di più, una vergogna! Per superare questo c’è un elemento decisivo: il coraggio della compassione».

Bosnia, per la vera pace serve il coraggio della compassione

Che peso hanno le parole “riconciliazione e compassione” per chi la guerra l’ha vissuta sulla propria pelle?
Chi ha perso i propri cari sotto le bombe e sta pagando per l’ingiustizia di una fallimentare diplomazia, in una terra come la Bosnia Erzegovina, dove «è preferibile vivere in guerra, avendo delle speranze, che vivere in pace, ma senza la speranza»?
Quanto può pesare quindi il principio del perdono, laddove la violenza ha segnato la storia di tre popoli e un’intera generazione di serbi, mussulmani e cattolici?

Mons. Pero Sudar è stato nominato vescovo di Sarajevo da Giovanni Paolo II nel pieno del conflitto iniziato nel 1992 e conclusosi nel ‘95 

È conosciuto e stimato per l’obiettività delle sue analisi su un paese, come la Bosnia, ancora profondamente lacerato da ideologie locali e diplomazie internazionali.

sudar

Lei è un testimone dei fatti. Crede che, a vent’anni dal conflitto, la Bosnia Erzegovina debba ancora riconciliarsi con se stessa e la storia?
«Sì, perché restiamo prigionieri di una logica che considera il “perdono” come una debolezza. Di più, una vergogna! Per superare questo c’è un altro elemento incisivo: la compassione. Faccio un esempio: per riconciliarmi con un serbo che non conosco, ma che nel deposito della memoria collettiva del mio popolo è visto come un ricettacolo di orrori, devo prima di tutto accettare la sua condizione, pensando che colui che sento come “nemico” soffre la storia, come pure le ingiustizie perpetrate a sua volta anche dal mio popolo e dalla mia stessa chiesa. Solo riconoscendo la verità complessa e completa, si può dire in Bosnia non ci sono innocenti. Non esiste uomo, donna o bambino che non abbia sofferto. Ecco perché urge una purificazione della memoria nazionale per liberarci dal negativo stratificato nella nostra memoria individuale. Per facilitare questo, ecco che serve la compassione umana. La stessa che ho visto in abbondanza durante la guerra, quando ho sperimentato nell’assedio di Sarajevo il tanto bene umano. Al punto che delle volte mi spiace che la guerra sia finita, pensando proprio a quello slancio benefico che si opponeva al tanto male imposto. Credo però che nella Bosnia di oggi, nonostante le tante e troppe tentazioni interne ed esterne che inducono a non “perdonare” e ostacolano il passaggio al reciproco riconoscimento dell’altro e della sua diversità, vi siano moltissime persone che silenziosamente seminano perdono e compassione, senza per questo fare notizia».

Lei ha da sempre avuto parole pesanti verso i “mandanti” del conflitto balcanico: tra questi gli Stati Uniti e l’Europa...
«Non possiamo pensare che per tutti gli orrori successi da noi, il responsabile sia sempre l’altro. La mia accusa verso gli Usa non è quella di aver provocato la guerra, ma semmai sul modo con cui hanno inteso fermarla, lasciando che gli accordi di Dayton (1995) frammentassero l’unità nazionale, e assegnando poi ai serbi il 49 per cento del territorio (oggi Repubblica Srpska, ndr) e il restante a croati e musulmani. Questa soluzione, da vent’anni ad oggi, fa continuare la guerra negli animi della gente. Ecco perché quando devo rispondere su com’è la Bosnia oggi, dico: la guerra sta continuando in tutti i modi, eccetto che con le armi. La responsabilità sta tutta nell’ingiusta soluzione imposta con Dayton, che provoca invece di stimolare i diversi popoli alla riconciliazione. A oggi, un milione e trecentomila bosniaci (per lo più musulmani e croati cattolici) non possono fare ritorno alle loro case per colpa dei trattati internazionali, lasciando che la metà del paese sia un deserto. Se poi per l’Europa “vale solo quanto produci e sei efficiente”, per la povera Bosnia non vedo nessun passo in avanti, sia economicamente che politicamente. Ancor meno nel campo del perdono e riconciliazione, al punto che spesso cado nella tentazione di pensare che tutto questo sia voluto e mantenuto per favorire una strategia mondiale».

Lei parla “d’ingiustizia istituzionale”. Perché?
«Per come è stata imposta la soluzione politica, che ha portato a fermare invece di far terminare la guerra, creando così i presupposti per farla continuare, sotto altre forme…».

Intende dire che si è trattato di una guerra programmata?
«Rispondo con questo dato: il 75 per cento dei giovani bosniaci dichiara oggi di voler lasciare a ogni costo il paese. Vent’anni dopo, questo dimostra che c’è una ferita mortale nella nostra società, dove l’ingiustizia ha prevalso sulla ragione. È possibile sopravvivere a una guerra, conservando la speranza. Mentre è difficile, se non impossibile, vivere in pace, senza speranza!».

C’era spazio per una soluzione diversa?
«Quand’ero presidente della Commissione giustizia e pace, elaborammo una proposta ufficiale avallata dalla Conferenza episcopale di Bosnia che invocava l’istituzione di quattro regioni, non secondo il principio etnico ma economico, rispettando i diritti e i valori dei tre popoli. Ma questo non è avvenuto...».

C’è desiderio d’Europa nella Bosnia attuale?
«C’è una latente diffidenza verso l’Europa, specialmente da parte del popolo serbo molto vicino a quello russo, come pure da parte del mondo islamico d’ispirazione mediorientale. La chiesa ortodossa serba accusa i cattolici di essere complici nella caduta dei valori europei. Siamo tra i paesi più poveri d’Europa, così che la popolazione vorrebbe la prosperità economica, ma non accetta tutti i valori propinati dall’Unione Europea. Ci sarà immagino un referendum nazionale per l’adesione, che probabilmente ufficializzerà la volontà dei bosniaci ad entrare nella Comunità, e questo speriamo almeno che possa relativizzare le tensioni interne al paese, per niente smorzate».

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