Le parrocchie insieme all'Aifo contro la lebbra

Anche sui sagrati di molte parrocchie della diocesi domenica 29, 64a giornata mondiale contro la lebbra, l'Aifo distribuisce opuscoli informativi e vende il “Miele della solidarietà”. Un modo per sensibilizzare tutti su una malattia che nel Sud del mondo è piaga sociale. Ascolta l'intervista di BluRadioVeneto .

Le parrocchie insieme all'Aifo contro la lebbra

Un dolce vasetto per combattere la lebbra: anche quest’anno l’associazione Aifo promuove l’iniziativa “Miele della solidarietà” in occasione della giornata mondiale dei malati di lebbra. Domenica centinaia di volontari affollano con i loro stand le piazze di molte città italiane per testimoniare l’impegno di un’associazione che da oltre cinquant’anni combatte contro una malattia che causa non soltanto sofferenza fisica, ma anche emarginazione sociale.

Di fronte alla richiesta di solidarietà anche la diocesi di Padova da anni si mette a servizio dell'Aifo. Molte parrocchie, infatti, allestiscono un banchetto dove, al termine delle celebrazioni, si ha la possibilità da un lato di contribuire alla raccolta fondi acquistando il miele e altri prodotti solidali, dall’altro di conoscere più a fondo una realtà che sembra così distante dalla nostra esperienza quotidiana.

«La percezione generale – spiega a tal proposito Francesca Succu, consigliere nazionale dell’Aifo – è che la lebbra non esista più perché nel nostro territorio non c’è. Invece non è stata debellata, anzi continua ad affliggere molti paesi del Sud del mondo. Qui in Italia molte persone non ne sono al corrente, ma quando entrano in contatto con questa realtà, dimostrano grande attenzione e generosità nel sostenere le nostre iniziative, volte ad alleviare sia la sofferenza fisica dei malati, sia il loro disagio sociale».

La lebbra, infatti, prima ancora di essere una patologia con gravi conseguenze fisiche è uno stigma sociale, un marchio infamante che ogni anno colpisce circa 230 mila persone, condannando molte di loro a una vita di solitudine, rifiuto, abbandono. Un destino riservato non soltanto ai malati, di cui si teme la capacità di contagio, ma anche alle persone che sono riuscite a sconfiggere la malattia grazie alla cure ricevute. Per loro in paesi come India o Brasile, per citare quelli con il più alto numero di casi, il ritorno alla vita normale è un vero tabù.

La lebbra, quindi, non consuma soltanto i corpi dei malati, ma anche il tessuto sociale dei paesi maggiormente esposti al contagio, motivo per cui Aifo ha messo a punto negli anni una riabilitazione su base comunitaria, la cui efficacia è stata riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità. La strategia di intervento prevede, oltre alle cure mediche, la creazione di servizi di prevenzione, la formazione del personale sanitario locale e progetti di reinserimento all’interno della società, in modo da garantire ai malati un futuro dignitoso.

Se alle ferite fisiche (come amputazioni o perdita di sensibilità in alcune parti del corpo) è difficile porre rimedio, la ferita interiore può essere riemarginata creando una rete di sostegno e di tutela che coinvolga organizzazioni locali e internazionali.

È proprio questo l’obiettivo dell’associazione fondata a Bologna nel 1961 da alcuni volontari che si sono ispirati alla figura di Raoul Follereau, un giornalista francese a cui l’incontro con i malati di lebbra ha cambiato la vita, spingendolo ad abbracciare la causa degli emarginati. Follereau si rese conto, infatti, che se non avesse combattuto contro questo problema, una lebbra ben più grave lo avrebbe contagiato: quella dell’indifferenza al dolore dei fratelli più poveri e svantaggiati.

Povertà e mancanza di servizi sono le cause che trasformano una malattia facilmente curabile in una vera e propria cancrena sociale in molti paesi dell’Africa subsahariana, dell’Asia e dell’America Latina. «Nel 2017 – conclude Francesca Succu – non è più accettabile che migliaia di persone vengano emarginate a causa della malattia. Aifo, in questi anni, ha curato milioni di persone perché è con il poco di tutti che si può fare tanto per alleviare la sofferenza di queste persone».

Ascolta l'intervista di BluRadioVeneto

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