Riforma del terzo settore finalmente operativa

La riforma del terzo settore è cosa fatta. Con l'approvazione dei decreti attuativi si dà spessore a un settore che si colloca tra lo stato e il mercato, tra la finanza e l’etica, tra l’impresa e la cooperazione, e che dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà  e della sussidiarietà. 

Riforma del terzo settore finalmente operativa

A un anno dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della riforma del terzo settore, sono stati approvati anche i provvedimenti attuativi.

La riforma riguarda più di 300 mila organizzazioni associative, cooperative e di volontariato e coinvolge più di 6 milioni di cittadini che dedicano parte del loro tempo al volontariato.

Nelle linee guida per la riforma del terzo settore, infatti, si afferma: «Un settore che si colloca tra lo stato e il mercato, tra la finanza e l’etica, tra l’impresa e la cooperazione, tra l’economia e l’ecologia, che dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà. E che alimenta quei beni relazionali che, soprattutto nei momenti di crisi, sostengono la coesione sociale e contrastano le tendenze verso la frammentazione e disgregazione del senso di appartenenza alla comunità nazionale».

Codice del terzo settore, impresa sociale e 5 per mille sono i decreti approvati a fine giugno che si aggiungono a quelli già in vigore sul servizio civile universale e fondazione Italia sociale. Presentando i decreti alla stampa il sottosegretario Luigi Bobba ha sottolineato il fatto che per la prima volta si definisce per legge cosa è terzo settore indicando chiaramente nella legge e nei decreti quali enti e soggetti lo compongono.

La nuova normativa mette a disposizione del terzo settore risorse per 190 milioni di euro che saranno investite in nuovi incentivi fiscali, nella nascita di un "fondo progetti innovativi", nello sviluppo del social bonus, nel lancio dei "titoli di solidarietà" e in un incremento della dotazione del fondo per il servizio civile in modo da mantenere anche per il 2018 lo standard di circa 50 mila posti.

Essenziale per la nuova regolazione sarà il registro unico del terzo settore, uno strumento che sarà avviato, gestito e aggiornato dalle regioni, ma che utilizzerà un’unica piattaforma nazionale: «L’obiettivo – spiegano al ministero – è il superamento della frammentazione e dell’opacità dei troppi registri oggi esistenti: l’accesso al fondo progetti, al 5 per mille, agli incentivi fiscali sarà possibile solo attraverso l’iscrizione al registro». 

La riforma prevede un ruolo importante per i Centri servizio volontariato: «Per il Csv di Padova cambia poco perché siamo già aperti a tutte le organizzazioni presenti nel territorio tenuto conto che le innovazioni sociali in genere non hanno forma – spiega Alessandro Lion, direttore del Csv Padova – Direi che per noi la riforma non comporta variazioni di sostanza, ma incide sulle prestazioni. È prevista, infatti, la modifica di tutti gli statuti associativi e noi siamo i soli a fornire questo servizio gratuitamente. Sarà un surplus di lavoro, ma sarà anche un’opportunità per riuscire a contattare associazioni che operano silenziosamente nei vari campi. Il nuovo registro servirà anche per ridare valore al terzo settore perché dai dati nazionali sembra che il volontariato veneto sia in diminuzione, ma se analizziamo i dati riguardanti il 5 per mille siamo primi. Questo vuol dire che ci sono molte associazioni silenziose, non interessate al rapporto con l’istituzione, ma se per ottenere le agevolazioni, il 5 per mille o eventuali donazioni, ora  devono mettersi in regola, le vedremo farsi avanti».

Per i Csv la riforma non prevede solo un ruolo burocratico: «La legge comporta la necessità di una maturità maggiore del volontariato – conclude Lion – e per i centri servizio saranno necessari ruoli diversi: politici e di rappresentanza. Ora siamo entrati nel codice civile perché i soggetti sono cittadini, società, associazioni e ora anche Csv, e questo comporta una grande responsabilità».

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