In Malawi con suor Anna Tommasi, che porta il Vangelo dietro le sbarre

La fede e la testimonianza di suor Anna che da Verona è giunta in Africa nel 1968. Oggi opera a favore dei carcerati in Malawi. Grazie all’impegno della religiosa, il carcere di Chicchiri è diventato un luogo speciale dove grazie allo studio, alla formazione professionale (ci sono laboratori di cucito e di falegnameria) e all’educazione della persona i detenuti possono avere l’occasione per dare una svolta alla loro vita

In Malawi con suor Anna Tommasi, che porta il Vangelo dietro le sbarre

“Faccio poche prediche. Dico sempre che ‘quello che faccio è un segno che Dio vi vuole bene, che ha per ciascuno di voi un progetto stupendo. Lo dovete scoprire e vivere fino in fondo’.

Sono qui come missionaria inviata in forza del mio battesimo, sono qui per portare l’amore del Padre a chi è considerato uno scarto della società”.

La forza della fede e della testimonianza di suor Anna Tommasi, missionaria in Malawi, risuona tra i canti dei reclusi del carcere di Chicchiri nella città di Blantyre. Qui si trovano quasi duemila uomini che, grazie alla missionaria, vivono una straordinaria scommessa di riscatto, basata su tre parole chiave: carità, onestà e progresso.

Suor Anna, nata ad Affi (Vr) nel 1944, nel 1960 è entrata nelle Francescane ausiliare laiche missionarie dell’Immacolata (Falmi) e nel 1968 è partita alla volta dell’Africa, per la Tanzania prima e per il Malawi dopo. Grazie all’impegno di suor Anna, il carcere di Chicchiri è diventato un luogo speciale dove grazie allo studio, alla formazione professionale (ci sono laboratori di cucito e di falegnameria) e all’educazione della persona a 360 gradi, i detenuti possono avere l’occasione per dare una svolta alla loro vita. Spiega la missionaria che “la scuola e la formazione educativa sono per me ‘l’autostrada per il cambiamento’ perché se una persona si impegna a studiare e arriva all’esame di Stato con risultati buoni, nelle condizioni di vita del carcere, significa che vuole cambiare davvero la sua vita. Nel carcere c’è la scuola a cominciare dalla prima elementare fino al quarto anno delle superiori”.

Fino allo scorso anno molte lezioni si svolgevano all’aperto sotto il sole, anche nelle ore più calde, o sotto la pioggia. “Ora abbiamo una struttura in muratura che ospita gli studenti” e questo è “un aiuto grandissimo che abbiamo potuto dare, grazie alla solidarietà di tutti.

Siamo partiti con l’impegno di persone di buona volontà e di alcuni carcerati a cui nessuno avrebbe dato fiducia e lavoro fuori. E questo è quello che, grazie alla Provvidenza, abbiamo realizzato”.

Miela Fagiolo D’Attilia

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir