Papa Leone XIV a San Paolo fuori le Mura. Dom Ogliari (abate): “Un uomo mite, ispirato dall’amore di Cristo”

L’abate benedettino racconta l’emozione della comunità monastica per la visita del nuovo Pontefice. Tra liturgie, accoglienza dei pellegrini e riconciliazione, San Paolo si conferma luogo di unità tra carismi e spiritualità. “Benedetto, Paolo e Agostino: tre voci, un solo Vangelo”

Papa Leone XIV a San Paolo fuori le Mura. Dom Ogliari (abate): “Un uomo mite, ispirato dall’amore di Cristo”

“Un uomo mite, ispirato dall’amore di Cristo”. Con queste parole dom Donato Ogliari, abate benedettino di San Paolo fuori le Mura, racconta l’emozione provata durante la visita di Papa Leone XIV alla Basilica romana. A pochi giorni dall’elezione, il nuovo Pontefice ha scelto di recarsi in uno dei luoghi più significativi del cristianesimo, suscitando commozione nella comunità monastica.

Abate Ogliari, a pochi giorni dall’elezione, Papa Leone XIV ha scelto di visitare San Paolo fuori le Mura. Qual è stato l’impatto di questo gesto sulla vostra comunità?
Lo abbiamo accolto con un sentimento di filiale devozione. Per noi è il padre della Chiesa. Personalmente ho provato anche un’emozione particolare: conoscevo già l’allora cardinale Prevost come prefetto del Dicastero per i vescovi, ma rivederlo ora come Papa è tutta un’altra cosa. La nostra comunità monastica ha vissuto questo momento con commozione.

Tra i monaci, i dipendenti e i fedeli c’è stata grande partecipazione. Ci è apparso come un uomo mite, desideroso di lavorare per il bene della Chiesa, lasciandosi ispirare – come ha detto lui stesso – dall’amore di Cristo, che è il cuore di tutto.

Il nuovo Pontefice ha posto subito al centro la figura di Cristo. Come avete accolto questo richiamo a una spiritualità profondamente cristocentrica?
È stato motivo di profonda gioia. San Benedetto insegna che Cristo è al centro della vita del monaco. Senza questa radice, tutto il resto si svuota. Possiamo essere attivi nel sociale o nella carità, ma se manca l’incontro vivo con il Signore, tutto perde efficacia. L’amore di Cristo deve animare ogni nostro gesto, ogni nostro pensiero.

“Dio ci ama”: ha detto il Papa citando le parole di Benedetto XVI. Come risuona oggi questo messaggio in un mondo segnato da solitudini, conflitti e fragilità?
È un messaggio di grande consolazione. Oggi viviamo un tempo di smarrimento, non solo per le violenze e le guerre, ma anche per una fragilità culturale che disorienta.

Molte persone faticano a trovare punti di riferimento. Ricordare che ciascuno è parte di un progetto d’amore voluto da Dio restituisce luce e speranza.

È come un raggio che rischiara il buio morale e spirituale in cui tanti si trovano a camminare.

Durante il Giubileo, San Paolo fuori le Mura accoglie migliaia di pellegrini. In che modo la vostra comunità vive questa missione?
Il nostro contributo si articola su due livelli. Da una parte, c’è l’accoglienza su larga scala: gruppi anche di 4-5mila persone partecipano ogni giorno alle liturgie. Dall’altra, c’è un’accoglienza più personale, che si realizza soprattutto nel sacramento della riconciliazione. I monaci sono disponibili per le confessioni, che spesso diventano momenti di grande profondità. Non si viene solo a confessare peccati, ma a cercare incoraggiamento, senso, consolazione.

Pur essendo nel cuore di Roma, la vostra abbazia mantiene una dimensione di “oasi spirituale”. Come ci riuscite?
San Paolo è un po’ periferica rispetto al Vaticano, ma resta nel cuore della città. Il quartiere è molto popoloso e vivace, anche grazie alla presenza dell’università Roma Tre.

Cerchiamo di essere un punto di riferimento, una presenza di comunione e fraternità.

Lo facciamo anzitutto testimoniando la bellezza della vita comune, nella ricerca dell’unità in Cristo e nel rispetto delle differenze.

Ieri, si sono simbolicamente incontrati tre figure centrali: Paolo, Agostino e Benedetto. Che significato ha per lei questa convergenza di carismi?
È un’immagine bellissima, che mostra la ricchezza della Chiesa. Tre figure con carismi diversi, ma unite da una stessa radice: Cristo. Paolo è l’apostolo della Chiesa nascente, l’uomo della missione. Agostino è il “doctor caritatis”, il grande interprete dell’amore divino e umano. Benedetto raccoglie tutto questo e lo traduce nella vita monastica, nella ricerca di Dio e nella carità fraterna. Il nuovo Papa, da religioso, ha voluto esprimere visibilmente questa sintesi. È un segno eloquente di comunione nella diversità: una Chiesa che cammina unita, nella pluralità dei suoi carismi.

LA BASILICA

San Paolo fuori le Mura, cuore della memoria apostolica

Fondata nel IV secolo dall’imperatore Costantino sul luogo tradizionalmente riconosciuto come la tomba dell’Apostolo delle genti, la Basilica di San Paolo fuori le Mura è una delle quattro basiliche papali di Roma. Distrutta da un incendio nel 1823, fu ricostruita fedelmente e consacrata da Papa Pio IX nel 1854. Affidata alla comunità benedettina, custodisce la memoria di san Paolo e accoglie ogni anno migliaia di pellegrini. Il chiostro, i mosaici absidali e la tomba dell’Apostolo ne fanno un luogo di preghiera e contemplazione universale.

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Fonte: Sir