Testimonianza, culture e sinodalità. Che cosa dice questo conclave alle nostre parrocchie
Che cosa rimarrà di tutte le trasmissioni tv, i lunghi speciali radiofonici, le (spesso bellissime) pagine speciali sulla stampa che stiamo seguendo e leggendo in questo giorni “sospesi” tra la morte di papa Francesco e l’elezione del suo successore?

Ce lo chiediamo mentre mandiamo in stampa il numero della Difesa del popolo di domenica 11 maggio: è martedì 6, il conclave è di là da venire. L’umana curiosità e la trepidazione dei credenti spingono con facilità a carpire quante più informazioni possibili sui 133 cardinali elettori, sulle modalità di voto, sul profilo del successore di Jorge Mario Bergoglio al soglio che fu di Pietro. Tanto più che si tratta del conclave più “cattolico” (cioè più universale) della storia, con cardinali da 71 Paesi, una quindicina dei quali mai prima d’ora erano stati rappresentati. Eppure, ci chiediamo, che cosa rimarrà di questo periodo così particolare – nel quale gli occhi del mondo sembrano tutti puntati su piazza San Pietro – per le comunità cristiane, i singoli credenti, le famiglie che tentano di trasmettere la fede ai figli, i nonni passati da una società cristiana “per precetto” a una scristianizzata. Chi vive la Chiesa di ogni giorno, chi percorre abitualmente le corsie dell’«ospedale da campo»; chi abita i centri parrocchiali dove i giovani capiscono che non esiste alcuna «divanofelicità», ma che la felicità è «consumare» tutta la vita giorno dopo giorno; chi prova sulla sua pelle molti dei temi di cui si è parlato negli ultimi Sinodi dei vescovi (che dei soli vescovi non sono più), non può fermarsi allo scoop, all’approfondimento basato su meri criteri politici, al pronostico o all’identikit di un singolo prelato. I giorni tra un papato e l’altro, ma anche le prime settimane di un nuovo papa, rappresentano un periodo fondamentale per leggere la travatura di un magistero, distillarne gli ingredienti principali, e provare a introdurli nella realtà delle parrocchie, delle associazioni, dei movimenti, delle comunità religiose e monastiche in cui si è inseriti. Sono tre gli esempi che balzano per primi agli occhi. Anzitutto la testimonianza e la narrazione del Vangelo. I fiumi di persone che stazionano oggi a San Pietro e Santa Maria Maggiore fanno dire a tutti che la vicinanza, lo stare tra la gente è stata la carta vincente di Francesco e deve esserlo anche per il suo successore. Ma possiamo avere un papa caloroso e affabile e delle comunità “tiepide”, con larghe fasce di anonimato, anche tra le persone che si ritrovano ogni domenica alla stessa messa? È ora di innervare di strette relazioni tutte le iniziative ispirate dalla religione. Si tratta di un toccasana per i molti che soffrono la solitudine – vero morbo della nostra società – e di una profezia per un mondo tutto carriera e realizzazione personale: non ci si salva da soli. Il secondo esempio ci parla della cultura, intesa come l’humus di valori, scelte, visione del mondo nella quale cresciamo e siamo immersi. Il nostro Veneto è oggi multiculturale, di certo per le circa 500 mila persone che, venendo da altri Paesi, hanno scelto di vivere qui. Ma non solo. È la stessa nostra cultura originaria che sta mutando vorticosamente, bastano pochi anni di differenza perché l’influenza tecnologica abbia influssi notevolmente differenti su persone nate nello stesso luogo. Oggi anche nella Chiesa le differenze sono evidenti, un cattolico di Timor Est o Ulan Bator (per citare due sedi cardinalizie) non può vivere come un cattolico padovano o veneziano. La sfida è dunque quella di erigere ponti tra persone di diversa provenienza e generazione: le differenze come potenzialità, non come separazione. Anche all’interno del singolo quartiere o paesino. Infine, la sinodalità. Chi deciderà da domani nelle nostre comunità? L’ultimo Sinodo ha indicato la necessità di cambiare il Codice di diritto canonico del 1983, che tutto riporta al ministero ordinato. Ma la centralità del presbitero, a volte, è anche un alibi per i laici, per non prendersi le proprie responsabilità. In attesa di comprendere da quale parte virerà la barca di Pietro con il suo nuovo timoniere, tutti noi possiamo fare la nostra parte.