Eutanasia per la rete veneta dei comitati etici nelle Ulss?

La delibera della giunta regionale n.2174, del 23.12.16, ha coinvolto nella revisione del numero delle Ulss anche i Comitati etici per la pratica clinica, riducendoli da 22 a 9. Questo provvedimento appare come espressione di una sorta di automatismo tipicamente burocratico (si spera non consapevolmente voluto...), che ignora le specifiche competenze di tali comitati, pur chiaramente delineate e ribadite da tempo dalla stessa giunta.

Eutanasia per la rete veneta dei comitati etici nelle Ulss?

Stimolato dall’intervento di Antonio Prezioso su queste pagine (nel n.5/17), desidero proporre ai lettori della Difesa (e, spero, non solo a quelli abituali) una riflessione su altre conseguenze della recente politica sanitaria della regione Veneto.
Ricordo che il prof. Antonio Prezioso è stato negli anni '70 protagonista in primo piano delle scelte regionali in ambito sanitario e sociale. Non solo ha contribuito a elaborare e definire la loro illuminata ispirazione culturale e politica, ma ne ha anche responsabilmente avviato l’attuazione nella sua veste di assessore regionale a ciò deputato. Ora, a distanza di oltre 40 anni, ha certamente tutti i titoli per esprimere una seria valutazione sulla evoluzione della politica regionale negli ultimi tempi.
Leggendo quanto ha scritto (e scusandomi con lui per il mio, certamente inadeguato, accostamento) intendo soffermarmi brevemente su una particolare conseguenza della scelta regionale (legge n.19 del 25.10.16) di ridurre il numero delle Ulss facendone coincidere (tranne in due casi) l’ambito territoriale di competenza con i confini delle province.

La delibera della giunta regionale n.2174, del 23.12.16, ha coinvolto in tale manovra di accentramento anche i Comitati etici per la pratica clinica operanti presso le Ulss, riducendone il numero da 22 a 9.
Questo provvedimento appare come espressione di una sorta di automatismo tipicamente burocratico (voglio sperare non consapevolmente voluto), che ignora le specifiche competenze di tali comitati, pur chiaramente delineate e ribadite da tempo dalla stessa giunta.

Il lavoro di un comitato etico richiede infatti una stretta prossimità con i luoghi ove vivono gli operatori sanitari (ospedali, ma anche strutture del territorio), dove possono essere promossi efficaci interventi decentrati di formazione etica, dove sorgono gli interrogativi etici ai quali la composizione multidisciplinare del comitato consente di proporre risposte meditate e adeguate al caso, esprimendo anche, partendo da essi, linee guida di ordine più generale. L’unico comitato etico della provincia di Padova, ad esempio, non potrà essere adeguatamente vicino agli operatori sanitari di ben cinque ospedali (Cittadella, Camposampiero, Sant'Antonio, Piove di Sacco, Schiavonia) e ancor meno a quelli che operano nei rispettivi e differenti territori.

Come era avvenuto per le scelte della politica sanitaria all’inizio dell'esperienza regionale, anche per i comitati etici il disegno della loro localizzazione territoriale e la definizione dei loro compiti era stato elaborato da un gruppo di persone attente e competenti, sfociato poi nel parere espresso dal Comitato etico regionale operante (a titolo sperimentale) in quegli anni, che la giunta aveva poi recepito con la dgr del dicembre 2004.
Aveva così preso avvio quella rete regionale veneta dei Comitati etici che era (ed è stata finora) una felice e collaudata formula, unica in Italia.

La decisione di accorpare i 22 Comitati etici in 9 comitati a livello provinciale rischia seriamente di compromettere questa esperienza, ammirata da molti e presa ad esempio in convegni e seminari di studio.
Perché non promuovere almeno, in questa fase di transizione, occasioni di confronto con i comitati uscenti, per trarne le preziose indicazione che un patrimonio di tanti anni di lavoro e di esperienze è in grado di fornire?

Paolo Benciolini

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Parole chiave: comitati etici (1), riforma Ulss (1), Ulss (37), sanità (92)