Israele si blinda: un unico muro lungo tutto il confine

La decisione del governo per garantire la sicurezza del paese cancella ogni possibilità di convivenza pacifica tra due stati e rischia di alimentare la radicalizzazione dei palestinesi.

Israele si blinda: un unico muro lungo tutto il confine

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la volontà del suo governo di «circondare l’intero stato di Israele con un muro», in modo da isolare il paese da possibili azioni violente.
Durante una visita ai lavori in corso al confine con la Giordania ha esplicitato senza mezzi termini che «alla fine nello stato di Israele ci sarà un muro tutto attorno».

«Non si tratta di una scelta improvvisa – spiega Claudia De Martino, ricercatrice all’Unimed di Roma e autrice del libro I mizrahim in Israele. La storia degli ebrei dei paesi islamici – La sua visione strategica è quella di “barricarsi” all’interno dei propri confini, costruendo “un’isola felice” che sappia sopravvivere indifferente ai tumulti politici della regione. Anche se secondo sondaggi recenti metà degli israeliani non sono affatto convinti che le barriere costituiscano una soluzione a lungo termine».

Con i confini “sigillati” è possibile una nuova escalation di violenze da entrambe le parti?
«La violenza tra Israele e Palestina è un flusso continuo, che ha punte di intensità maggiori e minori, ma continua quasi ininterrotta. L’attuale “Intifada dei coltelli” rappresenta soprattutto una manifestazione di rabbia da parte dei giovani palestinesi che non vedono nessuna prospettiva e, di conseguenza, si radicalizzano. La soluzione dei due stati architettata a Oslo è tramontata per sempre: non è territorialmente realizzabile e ha pochi sostenitori in Israele. Perfino l’ex partito laburista, ora Unione sionista, se n’è smarcato».

La leadership di Netanyahu è solida?
«L’elettorato israeliano non è uniforme: ne è prova il fatto che in Israele esistano una varietà di partiti di orientamenti diversi che non riescono spesso a coalizzarsi tra loro. Netanyahu guida comunque il partito di maggioranza e rappresenta, assieme alla sua coalizione, più del 50 per cento dei cittadini israeliani. Le forze di destra sono sicuramente maggioritarie e la loro popolarità non accenna a diminuire, perché in presenza di fasi acute di violenza come quella attuale, è più facile per gli israeliani virare a destra e sentirsi protetti da un “governo forte”».

Il caos che sta avvolgendo il Medioriente, soprattutto in termini di penetrazione del radicalismo islamico, sta modificando anche le dinamiche politico-sociali nei Territori?
«Purtroppo la radicalizzazione avanza nei Territori palestinesi, soprattutto a Gaza. Hamas fatica a mantenere il controllo nella Striscia e, quando lo fa, ottiene di mantenere una stretta sul territorio tramite azioni brutali e esecuzioni sommarie che alienano ampi strati di popolazione. L’Anp vi riesce meglio, ma solo perché è dotata di ingenti mezzi polizieschi e aiuti internazionali. Tuttavia scenari possibili di evoluzione si apriranno solo alla morte naturale del presidente Abu Mazen, che non accenna a preparare la sua successione, né a lasciare spazio a potenziali nuovi leader, esprimendo in questo modo una forte miopia politica e pregiudicando il futuro della Palestina».

Tutti i muri e le recinzioni costruite

Israele è già circondato da muri e recinzioni su tre confini su quattro.
Dal 2002 è stata infatti avviata la costruzione del “Muro di separazione” che avrebbe dovuto correre per circa 790 chilometri lungo tutta la Cisgiordania, includendo alcune aree a forte popolamento ebraico, ma mai formalmente annesse da Israele.
Nel Sinai nel 2010 è stata inoltre avviata la costruzione di una nuova barriera con l’Egitto per evitare possibili infiltrazioni jihadiste.
La “Linea blu” divide invece Libano e Israele: un recinto elettrizzato che corre lungo tutto il confine, rendendo difficile ogni rapporto.
Gaza è circondata da tutti i lati ed ermeticamente sigillata all’interno.
Dopo le primavere arabe, Israele ha iniziato a edificare una barriera difensiva anche sulle alture del Golan, per evitare di essere coinvolto nella guerra civile siriana e impedire il passaggio di giovani palestinesi potenzialmente attratti dal conflitto e di profughi nell’altra direzione.

Benjamin Netanyahu, che ha definito Israele una “villa nella giungla”, ha quindi riferito di un piano in via di definizione da parte del governo anche per impedire che vengano costruiti tunnel per aggirare le recinzioni lungo la Striscia.
Saeb Erekat, segretario generale del comitato esecutivo dell’Olp, ha risposto che «chi ragiona con la mentalità del muro, ragiona con la mentalità della legge della giungla. Israele sta distruggendo rapidamente l’opzione dei due stati consolidando un regime di apartheid ancor più radicato di quello che vigeva in Sudafrica».

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