La visita pastorale del vescovo a Monselice: "Siate culla per Gesù"

Mercoledì 18 dicembre, al pomeriggio il vescovo Claudio, nella sua visita pastorale nelle comunità di Monselice è stato accolto dagli alunni del Sabinianum, il polo educativo monselicense. Un pomeriggio suddiviso in due tappe, prima con gli alunni della primaria Sacro Cuore poi, a piedi, verso la primaria Bianchi Buggiani e  la secondaria di primo grado Vincenza Polloni. La prima tappa si svolge nell’antica pieve di Santa Giustina. Con gli alunni della primaria e i genitori il Vescovo ha parlato di luce, luce interiore , di fede, ma anche di comunità come culla e poi di  fede vissuta in comunità.

La visita pastorale del vescovo a Monselice: "Siate culla per Gesù"

Ad accogliere il vescovo Claudio, il 18 dicembre, nella sua visita pastorale alle comunità di Monselice sono gli alunni del Sabinianum, il polo educativo monselicense. Un pomeriggio suddiviso in due tappe, prima con i bambini della primaria Sacro Cuore e poi, a piedi, verso la primaria Bianchi Buggiani e la secondaria di primo grado Vincenza Polloni. La prima tappa si svolge nell’antica pieve di Santa Giustina, il vecchio duomo adiacente alla struttura della scuola. Non appena il vescovo fa il suo ingresso in chiesa si alza un coro di voci dolci e soffuse che accompagna una danza altrettanto armoniosa.

«Grazie per questa presenza – dice Virginia Kaladich, direttrice del polo educativo – siamo veramente felici perché ha trovato spazio per noi, per il Sabinianum. Da poco abbiamo vissuto un momento molto forte a Roma con il progetto “Io Posso” che ci rende consapevoli dell’importanza del prendersi cura della casa comune. Siamo impegnati in storie di cambiamento, piccoli sforzi. E noi tutti abbiamo detto “io posso”, ma soprattutto “noi possiamo” perché da soli non si va da nessuna parte. Anche a scuola è necessario un lavoro di squadra per accompagnare i ragazzi nella loro storia di apprendimento, creando percorsi dove cultura, fede e vita possano integrarsi. Oggi il vescovo Claudio è venuto a portare la luce della fede, la luce della parola».

I ragazzi, dopo la lettura del Vangelo e la condivisione di alcune risonanze dalla Parola di Dio, accendono un lume. Fanno fatica ad accenderlo. «Tutti pensano che sia facile accendere una luce – dice il vescovo, approfittando di un disguido tecnico per lanciare invece un messaggio più profondo – ma neanche la luce interiore che noi chiamiamo fede è facile da accendere. Troppo spesso diamo per scontato che si accenda una luce e invece ci vuole un po’ di attenzione». Il vescovo richiama poi l’immagine utilizzata dai giovani per la veglia agli Eremitani: in primo piano due personaggi secondari, Anna e Simeone, due vecchi, due nonni molto anziani che con le loro braccia formano una culla per Gesù bambino.

«Dobbiamo immaginare che noi, con le nostre piccolezze e povertà possiamo essere la culla – continua il vescovo – Dove possiamo trovare questa culla? Innanzitutto in una comunità di cristiani e anche in una scuola. Voi siete una culla. Vorrei augurarvi di incontrare e percepire queste braccia che formano una culla. Penso che il dono che possiamo fare come comunità cristiana alle famiglie è di formare semplicemente questa culla con le nostre braccia, senza ergerci a maestri».

Terminato l’incontro con i piccoli della primaria del Sacro Cuore, una delegazione di ragazzi di terza media della scuola Vincenza Polloni accompagna il vescovo Claudio a piedi verso la seconda tappa. Lungo il cammino si aggregano altri ragazzi che portano con sé un lume. Dalla pieve si discende per andare verso le due scuole, intanto si chiacchiera, il vescovo chiede, i ragazzi rispondono con semplicità. È proprio un pastore in cammino con il suo gregge e il percorso è rischiarato dalla luce della fede. «Abbiamo fatto fatica ad avere questa luce – racconta il vescovo agli alunni delle due scuole riprendendo l’immagine iniziale – non voleva accendersi. Quel lume può essere il simbolo della luce che il Signore ci dona, cioè la nostra fede: vuole dire quindi che non è così immediato oggi accenderla, perché ce ne sono tante altre che la offuscano. Poi lungo la strada si sono aggiunte altre luci, la prima si è moltiplicata, sono diventate più visibili».

Questa è la fede vissuta in comunità: «Insieme riusciamo a rendere più evidenti certe luci, “la” luce – continua don Claudio – In questi ultimi decenni ognuno di noi procede con il proprio “io” e si fa molta fatica a costruire un noi. Ma singolarmente facciamo passi molto brevi, accendiamo luci più deboli. Insieme invece, ad esempio, è possibile aiutarci anche nell’educazione e nella formazione dei nostri bambini e lo facciamo con un'ispirazione che è data da questa Luce. Alla fine una comunità realizza un servizio per avere uomini e donne capaci di servire il proprio mondo. La luce di Gesù è al servizio del nostro cammino comunitario. Oggi non è facile essere genitore, le preoccupazioni, gli ostacoli sono molti e una comunità può sostenere, restare insieme, in modo che l’impegno sia meno faticoso. Vi auguro quindi di sentire la parrocchia come vostra alleata, un riferimento a cui chiedere aiuto quando ce n’è bisogno. L’impegno dei genitori è più grande delle spalle che essi hanno, ma insieme il fardello è meno pesante».

Il saluto alle suore della Misericordia

Il vescovo Claudio è passato anche a salutare le suore della Misericordia, la cui fondazione risale a 160 anni fa. «Siete segno di una vita dedicata al Signore. Non è ancora terminato il vostro carisma».

Casa amica. Per il vescovo a Monselice tappa anche al centro diurno educativo sorto nel 1985. Dalle domande dei genitori, i criteri edicativi secondo don Claudio

Il pomeriggio del vescovo è terminato a Casa amica, una realtà sorta nel 1985 che oggi conta una ventina di volontari e 23 ragazzi seguiti, dalla terza elementare alla prima superiore. «Questo è un centro diurno educativo per ragazzi e famiglie con difficoltà che hanno però voglia di non arenarsi – ha spiegato don Giacinto Costalunga, fondatore e presidente dell’associazione, nonché vicario parrocchiale al Duomo – C’è accoglienza diurna dopo la scuola. C’è uno stile familiare, ma soprattutto i ragazzi non si arrendono, diventano protagonisti prendendo in mano la propria vita, riconoscono i propri talenti».

Un genitore chiede al vescovo quali sono i pilastri educativi oggigiorno. «Sono stato tanto in mezzo ai ragazzi prima di diventare vescovo e ho maturato alcune convinzioni – dice – Una è quella del gruppo: è importante creare gruppi educativi dove qualcuno sa dare una parola di insegnamento quando necessario, vuol dire creare un contesto che li accompagna, il gruppo sa recuperarli se escono dalla carreggiata. Si sta esasperando una forma individualistica dell’educazione, ognuno per proprio conto. Il gruppo ha il potere di custodire. Anche per la fede il gruppo è importante. Poi un altro caposaldo, soprattutto verso i 17-18 anni, è il servizio, verso chi è in difficoltà, gli ammalati, gli anziani. E poi anche il riferimento al Vangelo, alla vita spirituale interiore, è una grande ricchezza. Quando guardiamo un ragazzo andiamo a vedere che cuore ha e le nostre fedi ci aiutano a formare il cuore, un mondo di valori sui quali ci si può appoggiare».

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