Francavilla Fontana: la Passione di Cristo rivive nella tradizionale processione dei Misteri di cartapesta

La processione dei Misteri è un’immersione profonda nella Pasqua di Cristo, un’esplosione di speranza che nasce dalla certezza dell’amore di Dio. Una speranza che, soprattutto in questo anno giubilare, ci spinge all’amore, alla relazione, alla comunione piena, alla vera comunicazione.

Francavilla Fontana: la Passione di Cristo rivive nella tradizionale processione dei Misteri di cartapesta

Il malinconico tintinnio della trenula fende il denso silenzio del Venerdì Santo. I suoi sonagli vibrano come un antico lamento, un threnos, termine greco da cui deriva il nome del tradizionale strumento ligneo il cui suono, durante il triduo pasquale, sostituisce quello festoso delle campane. “Al calar della sera, la comunità attende nei vicoli di Francavilla Fontana in una quiete carica di devozione, ben diversa dalla vivacità che caratterizza le celebrazioni del Corpus Domini o della festa patronale”, racconta monsignor Alfonso Bentivoglio, parroco della cattedrale, la Basilica Pontificia minore del Santissimo Rosario, che vanta la cupola più alta del Salento.
Proprio a partire dall’antistante piazza Giovanni XXIII, dove un medaglione bronzeo ricorda come Francavilla, oggi in provincia di Brindisi, fosse centro della terra d’Otranto, parte del Regno di Napoli, il 18 aprile si snoderà la solenne e suggestiva processione dei Misteri. Una tradizione, erede del teatro medievale, che “affonda le sue radici nel Cinquecento, quando le sacre rappresentazioni bibliche lasciarono spazio a processioni di statue che raccontano la Passione e la morte del Signore. Ideate e curate non solo dalle confraternite, ma anche dai padri spirituali, queste sculture, a differenza delle rappresentazioni teatrali, parlano un linguaggio diretto, senza ambiguità interpretative. Ognuno di noi si riconosce in quelle figure – confida don Alfonso – perché la sofferenza è un’esperienza universale che unisce ogni essere umano a Cristo”.

Le preziose sculture in cartapesta, protagoniste della Via Crucis del venerdì santo, sono custodite nella Chiesa di Santa Chiara, adiacente alla cattedrale, e fulcro della Confraternita dell’Orazione e della Morte. Realizzate tra il XVIII e il XX secolo, in sostituzione di altre più antiche, da maestri come Nicola Distante, Antonio Maccagnani, Pietro Paolo Pinca e Giuseppe Manzo, hanno plasmato il ricco patrimonio artistico e religioso di Francavilla Fontana. “Altamente evocative, erano concepite per toccare le corde più profonde dell’anima, fungendo da tramite per la preghiera e la riflessione interiore”, sottolinea Pietro Balsamo, scultore cartapestaio e priore dell’Arciconfraternita di San Bernardino che nei giorni scorsi ha guidato un tour organizzato dalla Pro Loco cittadina alla scoperta dell’antica arte della cartapesta, giunta in Puglia probabilmente durante il dominio spagnolo del XVI secolo. “Non esiste un’opera bella o brutta, solo stili diversi che narrano un frammento della nostra storia. La carta, materiale umile che deriva dal legno, apparentemente inerte, possiede una sua intrinseca vitalità. E, come si dice saggiamente, il legno non muore mai”.

Tale vitalità è tangibile in ogni statua dei Misteri, dalla più sobria a quella più ricca di minuziosi dettagli. Nel Gesù vestito da pazzo, attribuita a Nicola Distante, “Gesù, deriso da Erode, è vestito di bianco come gli infermi mentali, secondo l’antica tradizione ebraica. La sua forma essenziale – precisa Balsamo – racchiude un valore artistico altissimo, perché in un solo elemento, lo sguardo, comunica un messaggio di profonda umanità”. Spicca poi per la sua maestosità, l’Addolorata che, probabilmente di scuola veneziana, è stata recentemente adornata con un nuovo e sontuoso abito. “Rappresentata come una nobildonna dallo sguardo interrogativo, sembra chiedersi: ‘Perché?’. Una domanda che risuona nel cuore di ciascuno di noi nei momenti di sconforto e di prova.” Tra le statue del Pinca, invece, non passano inosservate La Colonna e Ecce Homo. Pur con proporzioni insolite (polpacci, mani e piedi appaiono più grandi rispetto al corpo) catturano per alcuni dettagli che parlano direttamente all’anima: gli occhi che sembrano seguire lo sguardo dello spettatore, le ferite livide e i rivoli di sangue che solcano il corpo martoriato di Gesù”.

Così come la Cascata, particolarmente cara ai francavillesi. “I suoi colori vividi e il suo realismo estremo, emersi soprattutto dopo il restauro a seguito di una caduta durante la processione del 2014, hanno alimentato un’ affascinante leggenda popolare. Pare che la statua, – racconta Balsamo – mentre prendeva forma sotto le sapienti mani del maestro Pinca, abbia sussurrato all’artista: ‘Come mi vedesti, così mi facesti’”.
A portarla in processione i confratelli della parrocchia Maria Santissima del Carmine i quali, dal pomeriggio del giovedì santo fino al mezzogiorno del venerdì, incappucciati e scalzi, compiono un silenzioso pellegrinaggio agli altari della reposizione, i cosiddetti ‘sepolcri’. “Sono i pellegrini dell’Eucaristia” spiega monsignor Alfonso Bentivoglio, o popolarmente definiti pappamusci”, nome che deriva secondo alcuni dallo spagnolo ‘papamoscas’ (‘stolti’, come coloro che secondo Luca non riconobbero Gesù Risorto) o che affonda le sue radici, secondo altri, nel greco antico con l’accezione di ‘prete lento, silenzioso’.

Dietro la Cascata, invece, sotto il peso di enormi croci di legno, avanzano, ansimando, i crociferi, penitenti scalzi e con il volto coperto, a eccezione degli occhi. “La loro identità è segreta ed è custodita con cura solo dal priore della confraternita e, per motivi di sicurezza, dalle autorità locali. Quel suono stridente delle travi che sfregano sull’asfalto – racconta ancora don Alfonso – ci comunica che quel doloroso percorso non è mera imitazione di quello di Cristo, ma risponde a un profondo bisogno interiore di catarsi (su alcune croci sono persino incise le date di inizio della espiazione). Ognuno di noi porta il peso delle proprie fragilità.
È il loro incedere, fatto di pause e accelerazioni improvvise, dettate dalla fatica, a scandire il ritmo solenne della processione a cui partecipano tutte e sette le confraternite della città. Con i loro abiti preziosi e ricamati, non sono solo semplici custodi di questa tradizione, ma anche testimoni di un momento che va oltre il folklore. La processione dei Misteri è un’immersione profonda nella Pasqua di Cristo, un’esplosione di speranza che nasce dalla certezza dell’amore di Dio. Una speranza che, soprattutto in questo anno giubilare, ci spinge all’amore, alla relazione, alla comunione piena, alla vera comunicazione. In un’epoca segnata dal rumore e al tempo stesso dalla solitudine, questo rito continua a ricordarci una verità immutabile: ‘Tu, Signore, hai sofferto per me, sei morto per me’”.

Valeria De Simone

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Fonte: Sir