Leone XIV. Faggioli: “Con gli Stati Uniti sarà un rapporto difficile ma diretto”

Massimo Faggioli è ferrarese ma insegna Teologia e Studi religiosi alla Villanova University in Pennsylvania. Sul rapporto che si prefigura tra il primo Pontefice statunitense e il Paese a stelle e strisce nell’era Trump, dice: “Il cattolicesimo sociale che ha in mente Vance non è quello che ha in mente Leone. Sarà anche un rapporto diverso da quello di Papa Francesco, che era spesso apertamente conflittuale. Prevost ha la possibilità di impostarlo in modo diverso”

Leone XIV. Faggioli: “Con gli Stati Uniti sarà un rapporto difficile ma diretto”

“Sarà un rapporto complesso dal punto di vista del messaggio, perché il cattolicesimo sociale che ha in mente Vance non è quello che ha in mente Leone. Sarà anche un rapporto diverso da quello di Papa Francesco, che era spesso apertamente conflittuale da entrambe le parti, per ragioni diverse. E invece Prevost ha la possibilità di impostarlo in modo diverso”. Massimo Faggioli è ferrarese ma insegna Teologia e Studi religiosi alla Villanova University in Pennsylvania. È uno dei più profondi esperti e studiosi del pontificato di Francesco nonché profondo conoscitore del cattolicesimo Usa. Abbiamo chiesto a lui di tratteggiare i contorni del rapporto che si prefigura tra il primo Papa statunitense e il Paese a stelle e strisce nell’era dell’amministrazione Trump.

Rapporti diversi in che senso?

Papa Leone XIV non può essere accusato di essere anti-americano. Non può essere accusato di non conoscere l’America. Su certe questioni è possibile che ci sia anche meno distanza. Bisognerà vedere. I maga catholics (la parte dell’elettorato cattolico americano che si identifica con il movimento politico “Make America Great Again”, reso popolare da Donald Trump, ndr) hanno già cominciato a far passare il messaggio che questo pontificato sarà un disastro e lo hanno detto ancora prima che Leone pronunciasse la sua prima omelia. C’è da ritenere quindi che i più estremisti continueranno a vedere il Papa che parla dell’immigrazione in un certo modo come un antiamericano. Però i toni potrebbero essere molto diversi.

Di fatto, questo Papa e gli Stati Uniti si conoscono, sono della stessa famiglia linguistica, culturale e nazionale.

Quindi diciamo che in questo momento è il Papa giusto al posto giusto.

È un Papa che in pochi si aspettavano, perché l’idea di un Pontefice americano era impensabile fino a poco tempo fa. Invece il cosiddetto “trumpismo” paradossalmente ha creato certe condizioni per rompere quel tabù.

In modo però totalmente diverso da quello che Trump voleva, evidentemente, perché se voleva un Papa americano, ne voleva certamente uno diverso.

La scelta dei cardinali a suo modo risponde anche al momento politico internazionale che è di grande incertezza e il Vaticano ha lanciato in qualche modo un sasso.

Nell’agenda, questo Papa a cosa tiene di più rispetto agli Stati Uniti?

Da quello che lui aveva manifestato nei mesi scorsi, direi la questione migratoria che per la Chiesa americana è storicamente la questione numero uno. C’è poi un problema, che credo il Papa conosca bene, ed è quello legato alle scelte dell’attuale amministrazione Trump che ha messo sotto pressione negli Stati Uniti tutta una serie di entità sociali ed educative, come scuole e università che include anche il mondo cattolico. Un problema che apre la questione del rapporto Stato-Chiesa con un governo, quello attuale, che lo sta alterando. Sarà quindi molto interessante vedere come questo papato si rapporterà nei confronti di un Paese che sotto questo aspetto sta cambiando molto.

Statunitense, figlio di emigrati. Come si caratterizzerà questo papato?

La cosa più importante è Chicago che ha un valore simile a quello che ha a Milano per cattolici italiani. È la città del cattolicesimo politicamente impegnato, sociale e attivista. Prevost viene da lì, da un cattolicesimo che in buona parte non esiste più, ma le radici sono quelle. Cioè un cattolico di Chicago, non del sud-est, non del sud-ovest, non di Filadelfia o di New York e neppure di Boston, dove sono molto più irlandesi. È la Chicago catholic, dei Blues Brothers. È una delle città più importanti per la storia della Chiesa d’America.

La cosa più evidente è che il trumpismo non si è impossessato del papato ma questo papato riserverà delle soprese.

Non sarà un Francesco due, e questo perché Prevost è un agostiniano, non un gesuita, e queste due famiglie religiose sono molto diverse.

Quindi?

Per ora possiamo dire che Papa Leone non dovrà essere tradotto in inglese, una lingua che, se anche non amava molto, è pur sempre la sua prima lingua. E se avrà da dire delle cose, le potrà dire direttamente. Avrà quindi un rapporto più diretto e questo cambierà molte carte in tavola. Inoltre è giovane, e questo prefigura un pontificato lungo e avrà tutto il tempo. D’altronde ha già fatto capire che imposterà il pontificato sul dialogo e la creazione di ponti.

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Fonte: Sir