Grecia. La lezione del sirtaki, “dalla crisi si esce solo uniti"

La crisi non è finita e nemmeno i sacrifici. La prossima uscita della Grecia dal programma di salvataggio della Troika, fissata il 20 agosto, non solo non metterà la parola fine a 8 anni di recessione, "ma sarà anche preludio a una nuova stagione di tagli e sacrifici"

Grecia. La lezione del sirtaki, “dalla crisi si esce solo uniti"

Ne sono convinti il commercialista Giorgio Konstantes e l'avvocato Levantis Dimitrios che elencano le ferite tutt'ora aperte provocate dalla crisi nel Paese ellenico. I due sottolineano la necessità di ricucire il tessuto a brandelli, della società, perché "solo uniti si esce dalla crisi"

Uscire dalla crisi a passo di sirtaki, il ballo reso popolare da Anthony Quinn, alias “Zorba il Greco” che, sulla spiaggia di Stavros a Creta – dove è ambientato il film tratto dall’omonimo romanzo di Nikos Kazantzakis – a piedi nudi aumentava di ritmo passo dopo passo, al suono del bouzouki, il tipico liuto greco, trascinando con sé John, lo scrittore inglese, suo datore di lavoro. Un danza divenuta simbolo del popolo greco, da ballare abbracciati tenendosi l’un l’altro, muovendosi all’unisono, in un mix di musica lenta e veloce. Come lenta e veloce è la crisi che attanaglia da 8 anni il Paese ellenico. Il prossimo 20 agosto la Troika (Bce, Ue e Fmi) darà il via libera alla Grecia per uscire dal programma di salvataggio, costato ben 288,7 miliardi di euro di prestiti in cambio di duri pacchetti di tagli alla spesa sociale. Anni scanditi da lunghi e lenti negoziati con i creditori e da veloci quanto urgenti vari di riforme che nemmeno forti proteste, scioperi e manifestazioni popolari hanno potuto fermare. Con la consapevolezza, oggi, che il lento tornare sui mercati non vuol dire fine della crisi ma continuare con ancora più velocità sulla lunga strada dei sacrifici. La crisi obbligherà ancora per molti anni i greci a “ballare” cercando di restare tutti uniti. Così come chiede il sirtaki.

“Perché dalla crisi si esce solo uniti”: ne è convinto Giorgio Konstantes, commercialista e cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia, titolo rilasciatogli dalla Repubblica italiana per il suo impegno nella promozione dei rapporti di amicizia e collaborazione tra Grecia e Italia. Alle spalle una vasta esperienza professionale costruita su esperienze di lavoro nel settore pubblico e privato e su consulenze a vario raggio, tra le quali la Caritas Grecia.

“La verità è che ci hanno preso in giro. La crisi non è  finita e nemmeno i sacrifici”,

dice Konstantes. “Lo dico – incalza – a chi crede che i soldi ce li hanno regalati. No. I soldi ricevuti dalla Troika sono prestiti che stiamo ripagando con sudore e sangue facendo fronte agli impegni assunti.

Con circa 300 miliardi di euro di prestiti sulle spalle la sovranità della Grecia non esiste praticamente più”.

E poco importa se nella riunione del 21 e 22 giugno l’Ue ha, tra le varie decisioni, allungato il pagamento degli interessi per ulteriori 10 anni alleggerendo il debito greco. Un brodino caldo? Poco ci manca perché “dal 1° gennaio ci sarà un nuovo taglio delle pensioni, il 17° dall’inizio della crisi. Come faremo a vivere?”. È un fiume in piena Konstantes: “Abbiamo venduto tutto a livello pubblico. A livello privato sta accadendo lo stesso: arrivano tanti europei, italiani e francesi su tutti, che acquistano le nostre case a prezzi stracciati, specie nelle isole. I giovani, il fior fiore della gioventù greca, i più istruiti, medici, ingegneri, professionisti emigrano per non tornare più. Ne conosco molti. Formati nelle scuole greche, con fondi greci, vanno a fare carriera fuori. E il Paese si impoverisce sempre più e frena la sua crescita. Chi invece resta e trova un lavoro si deve accontentare, anche se laureato, di uno stipendio medio di nemmeno 500 euro al mese”.

Lavoro nero. “I più volenterosi riescono a tenere anche due o tre lavori ma pagati in nero. Se girano soldi oggi in Grecia – dichiara senza troppi giri di parole il commercialista – sono quelli in nero, una vera e propria para-economia sommersa”. Un esempio concreto: “Ci sono famiglie dove lavorano tutti in nero. Agli occhi dello Stato risultano senza reddito e, per questo motivo, ciascuno dei componenti percepisce 200 euro di aiuti mensili. Tutto a detrimento di chi, potendo contare su uno stipendio regolare anche se decurtato dai tagli, non gode di alcun aiuto. In Grecia oggi c’è chi paga le tasse per chi lavora in nero”. Che non è un buon modo per ballare uniti il sirtaki della ripresa.

Tra burocrazia e clientelismo. Dopo 8 anni di crisi il Paese soffre “la mancanza di investimenti, smarriti nelle norme di un sistema fiscale complesso e burocratizzato”, le tasse “arrivate velocemente a toccare e superare il 60%”. Per Konstantes chi sta sbagliando “i passi” della rinascita è proprio lo Stato, colpevole “di non avere prodotto una semplificazione efficace del sistema. Per avviare una attività commerciale possono passare anche due o tre anni. Le manovre economiche varate fino ad oggi non hanno promosso lo sviluppo sperato. Chi avvia un’attività sapendo che dovrà versare allo Stato il 60% di tasse? La voragine dei conti nasce nel pubblico. I greci non hanno più fiducia nella politica, si sentono abbandonati a loro stessi. La piaga del clientelismo è un’arma nelle mani dei partiti”. Non basteranno i 32 milioni – cifra record – di turisti in arrivo quest’estate a risollevare l’economia, né tanto meno “le decine di milioni di euro stanziati dall’Ue per l’accoglienza dei flussi migratori che hanno pure prodotto tra i greci molti posti di lavoro (psicologi, medici, interpreti, operatori sociali)”.

“Siamo davanti ad una rabbia nazionale che si sfoga con un alto tasso di litigiosità”, ammette Levantis Dimitrios, avvocato che assiste anche famiglie bisognose segnalate da Caritas Grecia. La crisi e i conseguenti tagli decisi dal Governo hanno ridotto ogni diritto e tutela tra i lavoratori, le famiglie e le persone più vulnerabili come malati, anziani e disabili. E il futuro non promette nulla di buono.

“Il diritto del lavoro – spiega l’avvocato – oramai non esiste più: se un lavoratore fa causa all’azienda perché è stato licenziato non otterrà nulla perché il suo datore non ha soldi per pagarlo. In questi anni di crisi migliaia di imprenditori sono stati condannati per inadempienze fiscali e contrattuali. Le loro aziende sono fallite con conseguente perdita di posti”.

“La crisi ha prodotto anche l’aumento di cause con le banche per mancati pagamenti di mutui e prestiti, con il fisco per tasse non versate e tra le famiglie cresce il numero di chi non riesce a pagare l’affitto”, aggiunge l’avvocato. I soldi che mancano hanno ridotto la possibilità di cura dei greci. “Chi ha denaro può rivolgersi alla sanità privata, chi non ne ha ricorre agli ospedali pubblici. Questi fanno il possibile ma, a causa della mancanza di medicine, macchinari e medici, non sono sufficienti a garantire cure adeguate”.

Famiglie scoppiate. La crisi economica ha il suo impatto anche tra le famiglie: “Sono in aumento divorzi e separazioni, ma non sono tutte di natura conflittuale – spiega il legale – molte coppie si separano solo per cercare di alleggerire il prelievo fiscale sui rispettivi stipendi. Non mancano le famiglie scoppiate per le difficoltà economiche”. Penalizzate anche quelle con disabili. “Molte non ricevono più il sussidio come in passato a causa dei tagli. Per ottenere una pensione prima bisognava avere una percentuale di disabilità di almeno il 67%, mentre oggi è salita all’80%.

Il tessuto sociale della Grecia è a brandelli e va ricucito nel più breve tempo possibile se si vuole andare tutti nella direzione giusta, quella di rimettersi in piedi”, conclude Dimitrios. “C’è tanta confusione – gli fa eco Konstantes – ma sono fiducioso.

Il popolo greco è generoso. Anche stavolta ci rialzeremo.

In questo Paese c’è ancora un po’ di umanità” e forse anche di pazzia, quella necessaria per sfidare questa crisi e tornare ad essere “libero”. Quella pazzia che Zorba chiede al suo capo, nella scena finale del film: “Ti voglio troppo bene per non dirtelo. Tu, mister, hai tutto meno una cosa: la pazzia. Ci vuole un po’ di pazzia se no non potrai mai strappare la corda ed essere libero”.

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