Lavoro. Più occupati tra gli over 50, cresce il divario tra giovani e adulti
La rilevazione Istat indica una tendenza che si va consolidando nel panorama economico italiano. Tra i fattori che più hanno inciso in questa direzione c’è sicuramente lo slittamento in avanti dell’età pensionabile e la conseguente permanenza nella forza-lavoro di un numero crescente di persone non più giovani.

Non si può non salutare con favore l’incremento record degli occupati: il dato – confermato dalle ultime rilevazioni dell’Istat – contiene alcuni elementi problematici che meritano una particolare sottolineatura. Uno spicca su tutti: la stragrande maggioranza dei lavoratori in aumento è concentrata nella fascia degli ultracinquantenni. Non si tratta di una lieve prevalenza, quanto di uno sbilanciamento vistoso che probabilmente contribuisce a spiegare – in termini di minore produttività – il paradosso dell’occupazione che cresce oltre tutte le serie storiche mentre il Pil resta praticamente fermo o comunque su livelli molto bassi.
I numeri. A gennaio rispetto a dicembre si registrano 145 mila lavoratori in più, tra questi gli over 50 sono ben 133 mila. Su base annuale, quindi rispetto a gennaio 2024, i lavoratori in più risultano in totale 513 mila, di cui addirittura 481 mila over 50, poiché le fasce 15-24 e 35-49 hanno segnato una diminuzione. Non si tratta di dati isolati o episodici. Il rapporto presentato a gennaio dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, un ente di ricerca vigilato dal ministero del Lavoro), ha rilevato che nel 2004 l’indicatore degli occupati under 34 superava di undici punti quello dei 50-64 enni. Il rapporto si è invertito nel 2009 e a fine 2020 era in negativo di venti punti. Ma l’andamento non è stato lineare. “Se gli anni immediatamente successivi alla pandemia avevano visto una crescita nell’occupazione dei più giovani e la contestuale riduzione del gap – osserva l’Inapp – nell’ultimo periodo questa tendenza sembra essersi invertita, con il divario giovani/adulti risalito a oltre 19 punti nel II trimestre 2024”. Tanto per essere chiari, nel 2004 i giovani occupati erano 7,6 milioni, nel 2023 erano scesi a 5,4.
Tra i fattori che più hanno inciso in questa direzione c’è sicuramente lo slittamento in avanti dell’età pensionabile e la conseguente permanenza nella forza-lavoro di un numero crescente di persone non più giovani. Con un effetto politicamente paradossale: i partiti oggi al governo che comprensibilmente rivendicano il boom dell’occupazione dovrebbero ringraziare la ministra Fornero. Ma la radice di tutto è comunque nelle dinamiche demografiche su cui pesa in negativo anche la marginalizzazione delle donne rispetto al mercato del lavoro. E’ nota, infatti, la correlazione positiva tra occupazione femminile e natalità. A gennaio i lavoratori maschi in più sono stati 116 mila, le donne solo 29 mila; considerando l’intervallo annuale, in dodici mesi i nuovi occupati maschi hanno raggiunto quota 378 mila, le donne si sono fermate a 135 mila. L’Italia resta ultima in Europa per tasso di occupazione femminile.