Accoglienza invernale: la foresta che cresce. A Padova un letto per 163 persone senza dimora
Padova ha accolto 163 persone senza dimora dal 2 dicembre al 15 marzo scorso. Il piano di accoglienza invernale quindi ha espresso anche quest’anno numeri in linea con lo scorso anno, grazie al lavoro messo a punto dal settore Servizi sociali del Comune e realizzato in collaborazione con il Tavolo Inclusione per un totale di otto strutture: la sala colazioni dell’ex ostello di via della Paglia, la Casa a colori di via del Commissario, l’Oasi di via Righi, il territorio di Granze e le parrocchie della Santissima Trinità, di san Bellino e di San Filippo Neri (l’attuale Unità pastorale all’Arcella) e la parrocchia di Altichiero.

Ci troviamo di fronte alla proverbiale e ”silenziosa” foresta che cresce facendo meno rumore del singolo albero che cade. Tra le molte criticità e le carenze che, a livello sociale e dei servizi, possono essere colmate, esistono realtà e iniziative che migliorano la situazione dei singoli e la costruzione della collettività, e di anno in anno sono capaci di confermarsi nel loro intento. Chiusa questa edizione di quella che un tempo si chiamava “Emergenza freddo”, c’è già tuttavia una nuova missione da compiere: la incarnano quelle 123 persone a cui non si è potuto offrire un giaciglio caldo per la mancanza di posti letto o di requisiti necessari. Su entrambi questi versanti possiamo fare di più e di meglio. Bene che l’assessora al sociale Margherita Colonnello – ringraziando in municipio i volontari che si sono impegnati per l’iniziativa – abbia ringraziato specificamente le quattro parrocchie che hanno aperto le loro porte. La speranza è che molte altre si impegneranno a farlo negli anni a venire, creando le possibilità laddove non ci fossero, oppure superando comprensibili titubanze laddove i locali già permettessero l’accoglienza. Un appello che si estende anche alle comunità di tutto l’ampio territorio diocesano, dislocate per lo più in piccoli Comuni: abitare con consapevolezza il proprio territorio, analizzarne le potenzialità e i bisogni, per proporre soluzioni condivise con altri attori è parte integrante del contributo che come cristiani siamo tutti chiamati a dare per l’edificazione di una società più accogliente in tutte le sue sfaccettature. Per quanto riguarda invece i requisiti dei richiedenti il servizio, è necessario compiere anzitutto uno sforzo comunicativo – perché le persone senza dimora ancora non conosciute dai servizi possano mettersi in regola. Ma serve anche un passo avanti sul piano normativo: ci chiediamo se ha ancora senso ospitare solo persone che abbiano la residenza nel Comune che offre il servizio visto che parliamo di persone senza dimora. Tanto più che un Piano di accoglienza invernale non esiste in tutti i Comuni e, come è emerso con l’istituzione della zona rossa nell’area della stazione ferroviaria (prorogata fino al 7 maggio), non sono pochi i senza dimora che scelgono Padova (o comunque i capoluoghi) per i servizi che offrono, assenti nei piccoli centri
Due sono anche gli elementi che impreziosiscono questa iniziativa e che vanno sottolineati. Il primo è la vastità della rete di soggetti che si unisce ogni anno per dare vita a tutto questo, formata da soggetti pubblici (Comune e Ulss 6), del Terzo settore (in primis le cooperative sociali che svolgono un ruolo insostituibile), associazioni e svariate realtà ecclesiali quali Caritas, Comunità Sant’Egidio, Cisom, Associazione Papa Giovanni XXIII, Noi Associazione, Associazione Casa Elisabetta d’Ungheria, i padri Mercenari e le parrocchie già citate. Il secondo elemento riguarda la scelta di offrire a chi si trova in situazione di fragilità l’opportunità di godere della bellezza dell’arte e del sapere di cui Padova è ricca, grazie alle visite a Palazzo della Ragione, al Museo di Geografia e al Musme. Per essere parte della compagine sociale non basta poter soddisfare i bisogni primari e, come sosteneva don Giovanni Nervo, non si dà per carità ciò che spetta per giustizia.