È in libreria “Delitto al Caffè Pedrocchi”, il nuovo romanzo di Alberto Raffaelli ambientato tra il Bo, il Santo e il Pedrocchi
Un nuovo romanzo di Alberto Raffaelli, il terzo, dopo “L’Osteria senza oste” e “Il Maestro vetraio” esce in questi giorni, e come i precedenti trova la sua ambientazione nella provincia veneta.
Ma come la prova d’esordio era di impronta trevigiana – l’azione avviene sulle colline del Prosecco – e la seconda era ambientata tra Venezia e Marghera, con “Delitto al Caffè Pedrocchi” la protagonista è Padova. Una città segnata dalle figure simbolo di Galileo Galilei e sant’Antonio, dai mondi dell’università e della basilica del Santo, della scienza e della religiosità popolare. Il tutto innestato nel terreno in continua e rapida trasformazione del nord est laborioso, a cui un imprenditore illuminato, Antonio Pedrocchi, ha dato una sede: il Caffè che porta il suo nome.
È in questo scenario che si sviluppa la nuova inchiesta del viceispettore Giovanni Zanca, protagonista anche dei precedenti thriller esistenziali dell’autore. L’indagine si sviluppa a partire da una sera di metà novembre, quando un professore universitario di Fisica, Eugenio Visonà, viene trovato morente nei bagni del Pedrocchi. Ricoverato d’urgenza all’ospedale Giustinianeo si trova a lottare tra la vita e la morte. La voce che fin da subito trova credito sui giornali è che lui abbia cercato di togliersi la vita per via dei debiti e degli ambienti del malaffare in cui era finito. Ma l’anziano primario del reparto di rianimazione (il professor Nigro, uno dei personaggi del romanzo più ispirati a persone reali, anche per ragioni anagrammatiche) ha qualche dubbio, alcuni particolari non gli tornano. Forse non si è trattato di suicidio, forse la verità è un’altra.
“Delitto al Caffè Pedrocchi” è l’indagine sulla vita di un uomo e su quelle che lui ha incrociato. «In fondo», confessa a sé stesso, una sera, il vice ispettore Zanca, «è ciò che ognuno, presto o tardi, è costretto a fare con la propria vita, quando una fatalità o qualcos’altro lo costringe ad andare a ritroso per cercare il segreto della sua esistenza, quell’unica cosa necessaria che aveva smarrito, dimenticato o di cui non si era mai interessato.»
«L’idea del romanzo», spiega Raffaelli, «nasce proprio dal desiderio di raccontare la città di Padova, attraverso le vicende del professor Visonà che trascina con sé in questo viaggio e in queste scoperte, lo stesso Giovanni Zanca con la sua inchiesta. La parola pietà è la nota di fondo che ho voluto lasciar emergere qua e là, nelle varie vicende del romanzo, pietà che costituisce la struttura profonda che tiene insieme la stessa città, perché come spiega una frase di Luigi Giussani che mi è particolarmente cara, “La realtà non è davvero affermata se non è affermato il suo senso ultimo”».
Alberto Raffaelli nasce in Trentino, a Rovereto, il 25 gennaio 1959. Trascorre l’infanzia a Volano, un paese della Val d’Adige tra Rovereto e Trento. Durante gli anni del liceo pratica sport a livello agonistico e partecipa agli eventi dei movimenti studenteschi degli anni Settanta. Per mantenersi gli studi fa l’operaio in catena di montaggio, il manovale in un’impresa edile e il boscaiolo nel servizio forestale della Provincia di Trento. Si laurea in Filosofia a Venezia nella Facoltà guidata da Emanuele Severino. Una volta laureato insegna italiano e storia nelle scuole superiori, di seguito lavora nel turismo e nella consulenza aziendale. Agli inizi degli anni Ottanta ricopre vari ruoli di responsabilità nel mondo dell’associazionismo d’impresa e della solidarietà. Per sette anni subisce un processo legato all’attività professionale, da cui esce assolto, che lo porta a cambiare lavoro e a trasferirsi a Valdobbiadene dove, a partire dal 2009, dirige una Scuola di Formazione Professionale nel settore della Ristorazione. Attualmente è preside a Valdobbiadene (TV). Sposato con Luisa, incontrata sui banchi del Liceo, ha cinque figli maschi e (per ora) nove nipotini.
Dall’incontro con alcuni personaggi e alcune realtà di Valdobbiadene nasce il suo primo romanzo: “L’Osteria senza Oste” (2013). Nel 2016 esce “Il maestro vetraio”, giallo ambientato a Venezia, dove Raffaelli visse durante gli anni dell’università e appena sposato. Degli ultimi mesi del 2020 è invece “Delitto al Caffè Pedrocchi”, l’ultimo romanzo della trilogia che vede come protagonista il viceispettore Giovanni Zanca.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Alberto Raffaelli, Delitto al Caffè Pedrocchi
Itaca Edizioni, Castel Bolognese
Anno: 2020 - 248 pagine
brossurato con alette
ISBN/id: 9788852606632
Formato: 14x21 cm
Prezzo: 16,00 euro
Il libro si può acquistare su https://www.itacalibri.it
LA SCHEDA DEL VOLUME
Eugenio Visonà, professore universitario di fisica quantistica, una sera di metà novembre viene trovato morente nei bagni dello storico Caffè Pedrocchi di Padova.
Ricoverato d’urgenza all’ospedale si trova a lottare tra la vita e la morte. La voce che fin da subito trova credito in città è che lui abbia cercato di togliersi la vita a causa dei debiti e degli ambienti del malaffare in cui era finito.
Il professor Nigro, anziano e stimato primario del reparto di rianimazione, ha qualche dubbio, alcuni particolari di quella vicenda non gli tornano. Tramite un amico, giudice presso il Tribunale di Venezia, coinvolge il vice ispettore Giovanni Zanca in una indagine informale tesa a capire come siano andate davvero le cose. Forse non si è trattato di un tentato suicidio, forse la verità è un’altra, forse qualcuno ha cercato di avvelenare il professore.
L’indagine porta il vice ispettore ad inoltrarsi, a ritroso, nell’esistenza di Eugenio Visonà, scoprendone via via le ‘stanze segrete’. Che cosa si nasconde dietro la facciata di quell’uomo strano, isolato, dal carattere ostico, ‘anarchico’, come lo definiscono i colleghi dell’Università, avverso ad ogni convenzione sociale, ateo e anticlericale, con una storia famigliare molto sofferta in cui si cela un dramma inconfessabile? Geniale scienziato della struttura della materia, molto apprezzato in alcuni ristretti ambienti scientifici internazionali, ma a cui, nella sua Università, solo uno strano gruppetto di studenti sembra dar credito?
L’indagine del vice ispettore si snoda tra il mondo ignoto e affascinante della fisica quantistica, dove sembrano contraddette le leggi della realtà, e gli ambienti di una città che ha conosciuto da giovane, come studente prima e poliziotto poi. La periferia, con le miserie e i drammi dell’immigrazione clandestina da una parte e le nobili sale del Caffè Pedrocchi e dell’Università dall’altra, dove si incrociano vari personaggi: il vice rettore ed alcuni giovani dottorandi, un convinto autonomista veneto, allenatore di una squadra di calcio di ragazzini, oppure Charlie, una sorta di barbone che frequenta la mensa dei poveri e vive di espedienti, o infine ancora Ermes Zen, presidente della più importante società finanziaria della città.
Uno strano gioco ‘on line’, dall’autore ignoto, coinvolge alcuni di questi personaggi e i giornali locali continuano a sostenere con ‘scoop’ e risvolti inediti, la tesi del suicidio.
Il vice ispettore Zanca però non smette di dar credito a esili indizi che via via emergono nella vita del professore, alcuni del tutto imprevisti, primo fra tutti la strana frequentazione del convento del Santo per fini forse non del tutto devozionali.
Il professor Visonà non appare mai in prima persona e, lungo i nove giorni dell’inchiesta, rimane sospeso tra la vita e la morte nella sala di rianimazione dell’ospedale Giustinianeo di Padova.
Eppure è lui il protagonista e con lui le persone che hanno incrociato il loro destino con il suo, in un susseguirsi di cadute, profonde disperazioni, impreviste rinascite, dissidi e legami profondi perché la vita e il destino sono più gravi di ogni opinione.
“Le idee sono tra le cose che contano meno nella vita”, dice ad un certo punto uno dei personaggi del romanzo.
Cosa conta allora? È possibile che il destino sia del tutto diverso dalle apparenze?
Il romanzo è l’indagine su una vita.
“In fondo”, confessa una sera a sé stesso il vice ispettore Zanca, “è quello che ognuno dovrebbe fare prima o dopo, quando una fatalità o qualcos’altro ci costringe ad andare a ritroso nella nostra esistenza per cercare quell’unica cosa segreta che abbiamo smarrito, o dimenticato”.
Questo viaggio dentro l’esistenza dei personaggi rivela pian piano scenari inaspettati.
Laggiù, “in fondo all’animo, dove ci siamo incontrati”, come nota ad un certo punto Lucia Brom, l’ex moglie del professore, si comincia a scorgere una pietà sconosciuta che crea legame inimmaginato tra il destino delle persone. Un legame (“entanglement”, prendendo un termine dalla fisica quantistica) che supera ogni barriera di tempo e di spazio.
È questa pietà l’ultima parola sulla città di Padova e sulle vite dei personaggi che in essa vivono, si dibattono e si incontrano.
Fino a scoprire che forse anche nella vita umana valgono le leggi della fisica quantistica e le persone non esistono davvero finché non le si incontra.
Come nella storia del gatto nella scatola…