Iperconnessi. Il rapporto Save the Children e l'educazione digitale

La preoccupazione riguardo l’utilizzo del web e dei social network, spesso sconsiderato e pericolosamente ingenuo, da parte dei nostri adolescenti non interessa soltanto l’Italia

Iperconnessi. Il rapporto Save the Children e l'educazione digitale

Nel nostro Paese un bambino su tre tra i 6 e i 10 anni (il 32,6%) usa quotidianamente lo smartphone, una tendenza in preoccupante aumento (nel 2018-2019 erano il 18,4%) e con una netta prevalenza al Sud e nelle Isole (44,4%, oltre 20 punti percentuali in più rispetto al 23,9% del Nord).

Il 62,3% dei preadolescenti (11-13 anni), nonostante i limiti previsti dalle leggi di tutela della privacy e dei minori, possiede “almeno” un account social. Il 31,3% dei ragazzi e delle ragazze di quest’età è connesso online con i suoi amici attraverso chat, chiamate, videochiamate più volte al giorno, il 5% lo è continuamente. L’82,2% dei preadolescenti usa Internet per scambiare messaggi, poco meno del 40% per inviare e ricevere mail, quasi 1 su 5 (il 18,5%) per leggere giornali o siti di informazione, l’11,3% per esprimere opinioni su temi politico-sociali, il 9,6% per seguire corsi online. La totalità di queste interazioni, o quasi, avviene poi nella maggior parte dei casi senza alcun tipo di controllo da parte degli adulti.

Ecco alcuni dei dati che Save the Children ha diffuso qualche giorno fa in occasione del lancio della campagna “Educazione Digitale” , tesa alla prevenzione e all’uso consapevole e competente della rete. Tra i materiali messi a disposizione sul sito è presente una guida con consigli utili per educatori al fine di accompagnare i giovanissimi a vivere la dimensione online con un adeguato livello di autonomia e protezione.

La preoccupazione riguardo l’utilizzo del web e dei social network, spesso sconsiderato e pericolosamente ingenuo, da parte dei nostri adolescenti non interessa soltanto l’Italia. Molto interessanti a questo proposito le considerazioni contenute nello studio intitolato “La generazione ansiosa”, pubblicato da Rizzoli (2024) a cura dello statunitense Jonathan Haidt, autorevole psicologo a livello internazionale e attualmente docente di Leadership Etica presso la Stern School of Business della New York University.

Secondo Haidt l’eccessivo attaccamento allo “schermo” che manifestano oggi i giovani – a livello mondiale – affonda le radici in una tendenza diseducativa messa in atto dai genitori negli anni Ottanta. C’è stato un momento in cui, afferma Haidt, la TV ha offerto il miraggio di un “intrattenimento sicuro” per i bambini rispetto alle insidie della strada. Nella ricostruzione dello psicologo, fagocitati dallo schermo i piccoli hanno perso man mano l’attitudine al gioco libero e il desiderio di uscire all’aperto. Questo scenario ha limitato in loro la possibilità di sperimentare la frustrazione, l’insuccesso e un autentico confronto con i coetanei.  Un contesto “claustrofobico” che ha alimentato esponenzialmente il senso di paura e inadeguatezza dei giovani, alimentando una certa costante e, a volte, inconscia apprensione.

La vera “grande riconfigurazione”, afferma Haidt, arriva però nel primo decennio degli anni Duemila, quando l’infanzia e l’adolescenza vengono “cablate” completamente su smartphone, rete e social network. Gli effetti principali che ne derivano sono: deprivazione delle relazioni sociali, privazione e danni del sonno, calo dei tempi di attenzione, lesioni nella memoria a breve termine e nella sfera del pensiero creativo e, infine, dipendenza.

I “danni”, specifica Haidt, assumono delle caratteristiche specifiche in base al sesso degli utenti: le ragazze risultano le più colpite da disagi legati alla percezione del proprio corpo; i ragazzi, invece, tendono a estraniarsi dalla realtà e a rifugiarsi nelle relazioni virtuali. Entrambi sono poi esposti a fenomeni come il cyberbullismo, l’adescamento online, il sexting, il dark web che concorrono ad aumentare ansia e depressione.

Le soluzioni proposte da Haidt sono drastiche e passano attraverso una serie di forti e incisive limitazioni dell’utilizzo precoce delle nuove tecnologie. Tuttavia, il dibattito sull’utilizzo di Internet e dei social media da parte di giovani e giovanissimi è ampio. Ci sono studi che vedono la rete come possibile risorsa, ad esempio nel campo dell’apprendimento. C’è perfino chi sostiene che con il tempo assisteremo allo sviluppo di nuove abilità cognitive e sensoriali.

Intanto, l’avvento dell’AI pone nuove sfide educative e interrogativi sul tappeto.

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Fonte: Sir