Restare a Granze: «Il vero errore? Sarebbe isolarci»
Portare il mondo a Granze. Sembra un'utopia, ma è il pensiero di Damiano Fusaro, giovane consigliere che da anni organizza eventi, si dà da fare per alimentare la vita del piccolo paese. Ha deciso di restare così come Ettore Fornasiero, proprietario di un'azienda agricola gestita dal nonno e dal padre che spera a sua volta di cedere un giorno al figlio.

«Voglio impegnarmi per portare il mondo a Granze».
A metà tra una sfida e una promessa da mantenere, come se si potesse svuotare l’acqua di un oceano in una bottiglia o concentrare in un minuscolo punto sulla cartina tutti gli spunti e le diversità del pianeta.
Damiano Fusaro, 31 anni, nato e cresciuto a Granze, spiega così la sua voglia di rimanere in questo paese di circa duemila abitanti della Bassa padovana. Dal 2012 è consigliere comunale con delega a manifestazioni, spettacolo, sport, associazionismo e politiche giovanili.
È uno stimolo mosso dagli affetti, dalla caparbietà di poter realizzare qualcosa in un luogo che, nel corso degli anni, si è spopolato, dove i ragazzi, attratti dai centri più grandi, provano in ogni modo a evadere, dove non conviene aprire attività commerciali perché distanti da arterie principali e dove le corriere passano un paio di volte al giorno e niente più.
«Eppure le opportunità ci sono – spiega Damiano – L’errore nostro è isolarci: la troppa frammentazione danneggia un territorio vasto, con risorse che non sempre riusciamo a cogliere. La cosa bella è che qui si possono fare tante cose, crearne di nuove, trovando spontanei momenti di aggregazione che solo in piccole realtà si possono cogliere». È come un agrume di Sicilia, impensabile senza il rapporto viscerale e simbiotico con il territorio in cui cresce: «Siamo come dei “prodotti tipici”, io non mi vedrei lontano da Granze».
Le strutture sportive funzionano e occupano i pomeriggi dei ragazzini, ma è necessario sperimentare e promuovere altre attività: così Damiano, attore, appassionato di teatro e scrittore, organizza incontri di letture e diverse iniziative culturali.
Inoltre, ha introdotto in città il gioco della palla tamburello, reminiscenza di uno sport praticato nei borghi rinascimentali: «L’ho imparato durante le medie a Solesino – racconta Damiano – Ora lo sto insegnando a mia volta e abbiamo creato una squadra a Granze che partirà dalla serie C».
Se mancano gli sbocchi, allora, è opportuno guardarsi attorno, sfruttando le potenzialità che sfuggono a un primo sguardo, come la scelta di alcuni ragazzi di intraprendere un percorso “al contrario”, avvicinandosi alla campagna, a contatto con l’agricoltura e la natura.
Un percorso che, a suo tempo, aveva fatto Ettore Fornasiero, titolare dell’azienda agricola La Calendula che sorge alle porte di Granze. Un passaggio di testimone, un forte legame empatico con la terra che circonda da generazioni la sua famiglia: nel 1927 suo nonno creò una stalla, successivamente suo padre innalzò un fabbricato fino ad arrivare a fine anni ’80.
E' in quel momento che Ettore, poco più che ventenne, decide di ristrutturare il tutto e di ideare, assieme ad altri membri dell’Associazione nazionale giovani agricoltori, un percorso innovativo focalizzato sulle piante officinali: «Abbiamo iniziato in 13, siamo rimasti in sei – racconta Ettore – Fare “agricoltura in camice bianco”, trasformare le piante in estratti, 30 anni fa significava sacrifici e rimetterci soldi».
Ora dispongono di un nuovo laboratorio, di un parco biologico da 10 mila metri quadri con quasi 100 tipi di piante differenti che vengono lavorate nell’azienda Agripharma, creata da Ettore e altri soci, che realizza estratti da destinare all’uso erboristico, farmaceutico e cosmetico.
Da metà anni 2000, inoltre, La Calendula è una fattoria didattica con percorsi per bambini e adulti, un museo di attrezzi e arnesi da lavoro, aule con insetti e un’aia con animali.
Come un ininterrotto cordone ombelicale, Ettore è rimasto attaccato al posto in cui è cresciuto, anche se in lui c’era l’idea di partire
«Soprattutto all’inizio, quando c’erano da fare tanti investimenti, ero indeciso se continuare il lavoro di mio padre o andare via. Alla fine ho creduto in questo progetto ed è andata bene. Mio figlio lavora con me: spero che continui, ha voluto studiare agraria, non l’obbligherò in futuro, ma mi farebbe solo tanto piacere».