Organismi di comunione: l'introduzione di Stefano Bertin

Il saluto introduttivo di Stefano Bertin all’incontro congiunto degli organismi di comunione diocesani: lo sguardo alle giovani generazioni, l’elezione di Sergio Mattarella a presidente della repubblica, il ruolo della comunità cristiana nella società italiana, le crisi internazionali, il valore dei nostri mezzi di comunicazione.

Organismi di comunione: l'introduzione di Stefano Bertin

Carissimi,
ben ritrovati all’Incontro congiunto degli Organismi diocesani di comunione. Siamo qui, insieme al nostro vescovo Antonio, per dare continuità a quanto abbiamo vissuto nell’Assemblea diocesana, ulteriore momento per ricordare e celebrare tutto il bene che c’è tra noi. È su questo invito dell’Apostolo che stiamo costruendo il percorso annuale nelle nostre realtà pastorali.
In Assemblea abbiamo anche ripercorso i 25 anni del vescovo Antonio tra noi ed è stata l’occasione propizia per scoprire, in questo cammino di chiesa diocesana, che il bene tra noi è grande, esorbitante, difficile da contenere in recinti, spesso obsoleti; solo l’apporto di più punti di vista, di più voci può raccontarlo. È un bene immenso, che ha visto e richiede la collaborazione di tutti.

È un bene gravido di novità
Novità che chiedono spazio per fiorire e portare frutto. Una comunità, grembo che genera alla fede, spontaneamente è anche spinta a preparare un’accoglienza amorevole. Si impongono, perciò, nella vita personale e comunitaria dei cambiamenti significativi: nella scala delle priorità, nei ruoli, nei tempi e luoghi della vita insieme.
Ci incontriamo per questo, oggi. Siamo chiamati, infatti, a discernere su scelte che nascono dal condividere il bene di essere Chiesa «con lo sguardo che si allarga».

Uno sguardo allargato alle nuove generazioni
Uno sguardo che ci deve render pronti a preparare le condizioni perché le nuove generazioni trovino nella comunità modo di crescere in forza e sapienza, attraverso cammini che favoriscano l’incontro con il Signore e con i fratelli. È un impegno che viene da lontano, quello dell’Iniziazione cristiana, il quale ci ha provocato a una profonda conversione personale e comunitaria. Eravamo partiti con la preoccupazione di creare le condizioni per mantenere i nostri figli nel recinto della comunità e da loro ci è venuto l’annuncio di una chiesa più essenziale ed estroversa, pronta a uscire per riconoscere e a annunciare il Dio con noi. Su questo solco oggi ci viene chiesto di fare un ulteriore passo verso il completamento della proposta.

Uno sguardo allargato al mondo
Se l’elezione a presidente della Repubblica di un uomo della statura morale e civile come Sergio Mattarella aiuta a vedere con più speranza al futuro del Paese, il perdurare di una crisi economica e morale lacerante e quanto sta succedendo nel mondo, con significative ripercussioni tra noi, ci chiede di essere vigilanti e operosi.
Dinanzi al perdurante impoverimento di larghe fasce di popolazione, al fanatismo religioso con la sua ferocia esibita e al facile ricorso alle armi le nostre comunità devono diventare testimoni credibili e persuasivi: il male non si vince con il sospetto, la paura, l’incubo della sicurezza assoluta, ma riscoprendo il valore di ogni uomo, il quale deve ispirare la legislazione e il costume, i rapporti di convivenza familiare, civile, internazionale.
Scriveva Vittorio Bachelet: «non si vince l'egoismo mostruoso che stronca la vita se non con un supplemento d'amore, se non contrapponendo la capacità di dare la vita per il sostegno e la difesa degli inermi, degli innocenti, di chi vive in una insostenibile situazione di ingiustizia».
Allargare lo sguardo al mondo significa anche fare scelte ponderate sulle modalità dell’esserci, come comunità cristiana, in un territorio che cambia; collocandoci in esso secondo uno stile evangelico, l’unico che ci deve caratterizzare; sapendo discernere i “segni dei tempi”, quali dono e chiamata di Dio, che interrogano anche le modalità organizzative e gestione dei beni. È tempo che quanto abbiamo stabilito in merito, nelle proposizioni di Aquileia II, divenga prassi ordinaria nella vita delle nostre comunità.

Il bene che c’è tra noi chiede, infine, di essere ben comunicato a tutti
Nei mesi scorsi un giornale locale, in più articoli, gettava una luce negativa e fallimentare sugli ultimi cinque lustri di vita pastorale della nostra diocesi. Non entro in merito alla questione, perché in altre sedi si è dimostrata l’infondatezza e l’ingenerosità di quel giudizio.
Preme sottolineare quanto siano stati preziosi in questo frangente gli organi di comunicazione della Diocesi, che con competenza e misura hanno saputo ripristinare la verità delle cose, assegnando ai fatti la loro giusta collocazione.
 Valorizzare e diffondere questi preziosi strumenti diventa oggi una priorità ineludibile. Sarebbe curioso ipotizzare una chiesa in uscita afasica.

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