Per un'economia secondo Francesco

“Economia dell’inclusione o dell’esclusione” è il tema dell'incontro in programma sabato 14 febbraio dalle 15.30 alle 19 presso la Facoltà teologica del Triveneto (via Seminario 7 a Padova). L’appuntamento, promosso dalla Fisp, scuola di formazione all’impegno sociale e politico, in collaborazione con la Caritas, vede come relatore Paolo Foglizzo, redattore della rivista Aggiornamenti sociali.

Per un'economia secondo Francesco

Economia dello scarto, esclusi, periferie esistenziali
Il nuovo lessico introdotto da papa Francesco, con il suo linguaggio semplice e diretto, definisce per la chiesa una rotta che – pur nel solco della linea tracciata dai suoi predecessori – apre piste nuove. A partire da queste considerazioni Paolo Foglizzo, redattore della rivista Aggiornamenti sociali e apprezzato relatore a “Openfield” lo scorso novembre, proporrà la sua riflessione nell’incontro “Economia dell’inclusione o dell’esclusione”, sabato 14 febbraio dalle 15.30 alle 19 presso la Facoltà teologica del Triveneto (via Seminario 7 a Padova).
L’appuntamento, promosso dalla Fisp, scuola di formazione all’impegno sociale e politico, in collaborazione con la Caritas, è aperto a tutti e destinato principalmente a corsisti ed ex corsisti della Fisp stessa e agli operatori e volontari della Caritas e della pastorale sociale. Dopo l’intervento introduttivo di Foglizzo, i partecipanti si confronteranno in gruppi per poi ritrovarsi insieme a mettere in comune le riflessioni emerse. Una collaborazione significativa, quella fra ufficio diocesano di pastorale sociale e Caritas, che «diventa sempre più concreta oltre che attraverso il fondo straordinario di solidarietà ora anche attraverso alcuni momenti formativi condivisi», come spiega il direttore della Caritas diocesana don Luca Facco.

La lezione di papa Francesco, maturata nelle periferie di Buenos Aires
«La grossa novità del messaggio di papa Francesco, che si propone come pienamente coerente con la Dottrina sociale della chiesa – è l’analisi di Foglizzo – sta proprio nell’esperienza diretta che ha fatto delle periferie negli anni in cui è stato vescovo di Buenos Aires: un’esperienza e una formazione che lo hanno portato a conoscere da vicino il punto di vista degli ultimi e che lo rendono capace di offrire una visione che presenta molti elementi cui non eravamo abituati».
Mettendo all’indice in modo ripetuto la cultura imperante dello scarto, papa Francesco denuncia come nel mondo oggi «ha posto solo chi è considerato utile perché “serve” alla società e le persone che non trovano posto – i poveri nei paesi del Sud del mondo, i disoccupati e un’intera generazione di giovani che non riesce ad accedere al lavoro nel nostro paese – non hanno modo di dare il loro contributo e di fatto sono escluse dalla partecipazione alla vita sociale». La conoscenza diretta delle “periferie” del papa è all’origine della sua visione secondo cui «i poveri non sono soggetti passivi in attesa di aiuto», ma «soggetti capaci di auto-organizzarsi, di portare alla luce “possibilità” mai esplorate e di trovare risposte alla loro condizione che non obbediscono alle logiche dominanti».

I poveri non vogliono solo aiuti, ma diventare protagonisti
Una visione ribadita da papa Francesco anche in occasione del recente incontro mondiale con i movimenti popolari: i poveri – ha detto in quell’occasione – non stanno neppure aspettando a braccia conserte l’aiuto di ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai, o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare, questo è piuttosto pericoloso.
I poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato, o quantomeno ha molta voglia di dimenticare. «L’invito del papa – precisa Foglizzo – non è quello di andare dai poveri per aiutarli, ma piuttosto quello di andare a vedere le periferie, di mettersi in ascolto per cogliere le situazioni in cui sono all’opera logiche – come quella della gratuità – cui non siamo abituati. Chi sta in periferia ha spesso intuizioni positive: il lavoro degli operatori sociali, anche a casa nostra, non dovrebbe essere tanto quello di calare aiuti e progetti dall’alto, ma di raccogliere queste intuizioni, che altrimenti resterebbero inascoltate, per dare loro una voce pubblica e un riconoscimento e proporre risposte che partono dal basso».
Un lavoro che chiede un grande esercizio, una modalità «che lo stesso Bergoglio in Argentina ha sperimentato direttamente ad esempio con il movimento dei cartoneros», che riunisce cooperative nate da poveri che con l’aiuto di volontari si sono “inventati un lavoro” che prima non esisteva dedicandosi al recupero e alla rigenerazione degli oggetti e dei materiali trovati fra i rifiuti gettati nei quartieri ricchi.

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