Il Gabon è spaccato a metà

«Vorrei invitare ad una speciale preghiera per il Gabon, che sta attraversando un momento di grave crisi politica. Affido al Signore le vittime degli scontri e i loro familiari». Sono parole di papa Francesco, domenica scorsa all'Angelus. Parole che riflettono la gravità della situazione attuale nel centro dell'Africa dove Ali Bongo Ondimba, il presidente uscente, e Jean Ping, suo sfidante alle elezioni presidenziali del 27 agosto, si sono entrambi proclamati vincitori, scatenando così violenti scontri tra esercito e dimostranti nella capitale Libreville.

Il Gabon è spaccato a metà

Le elezioni presidenziali dello scorso 27 agosto in Gabon rischiano di trascinare il paese in una pericolosa spirale di destabilizzazione. Ali Bongo Ondimba, presidente uscente, stando ai risultati della commissione elettorale nazionale avrebbe raggiunto il 49,80 per cento dei voti contro il 48,23 per cento di Jean Ping.

La giovane repubblica gabonese, poco più di un milione e mezzo di abitanti di lingua francese a maggioranza cristiana, è una straordinaria area di risorse forestali e minerarie nell’Africa centro-occidentale. I due candidati, Ali Bongo Ondimba, che correva per un secondo mandato, e Jean Ping, ex presidente della Commissione dell’Unione africana (ed ex ministro degli esteri), si sono tuttavia proclamati entrambi vincitori.

Ali è figlio di Omar Bongo, ex presidente e padre-padrone del paese dal 1967 sino alla morte avvenuta nel 2009. El Hadji Omar Bongo Ondimba scelse Ali tra una trentina di figli, tutti avuti da donne diverse, nonostante nel paese in molti dubitassero sulla sua reale discendenza di sangue (garantì all’epoca la madre di Ali, la cantante Patience Dabany).

Nella capitale Libreville si vivono momenti di enorme tensione: l’esercito si scontra quotidianamente con i dimostranti, che hanno incendiato automezzi e anche il palazzo dell’assemblea nazionale. Le forze di sicurezza gabonesi, leali al presidente uscente Ali Bongo, hanno presidiato le arterie stradali che portano alla capitale e i centri di Port-Gentil e Mouila. Nelle zone vicine al quartiere della capitale Triomphal gli scontri hanno causato circa una decina di morti.

I sostenitori di Ping, uniti nel Front uni de l’opposition, hanno denunciato brogli e irregolarità e fanno appello alle istituzioni sovranazionali per chiedere il riconteggio dei voti. L’opposizione ha reclamato una verifica soprattutto nella provincia di Haut-Ogooué, dove ci sarebbe stato un tasso di partecipazione di quasi il 100 per cento.

«Jean Ping riafferma con forza, d’accordo con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, che la pubblicazione dei risultati seggio per seggio è il solo mezzo di garantire la lealtà dello scrutinio»,

ha affermato il suo responsabile della comunicazione in Gabon, Jean-Gaspard Ntoutoume Ayi. Nel frattempo la guardia repubblicana ha arrestato circa una trentina tra i membri dell’opposizione e i sostenitori dell’ex ministro degli esteri.

Con Ping si è schierato anche il ministro della giustizia Séraphin Moundounga, dimessosi vista la diretta contrapposizione con il blocco di potere di Bongo: «Mi dimetto dal mio incarico di governo e mi congedo dal partito democratico gabonese. Il governo non ha dato risposte alle preoccupazioni sulle richieste di pace e di maggiore democrazia».

L’Unione africana ha espresso il proprio timore per un inizio di focolaio di tensione nell’Africa centrale. La Francia, ex potenza coloniale sino all’indipendenza nel 1960 e ancora molto “interessata” alle dinamiche gabonesi, ha avallato la pubblicazione dei risultati seggio per seggio. Jean Marc Ayrault, capo della diplomazia parigina, ha spiegato che «le condizioni dell’annuncio dei risultati dell’elezione presidenziale in Gabon sono causa di preoccupazione. La Francia reitera la sua preoccupazione per la trasparenza».

Anche papa Francesco, nel breve messaggio che ha preceduto l’Angelus di domenica scorsa, si è detto preoccupato per la crisi gabonese e ha chiesto «una speciale preghiera per il Gabon, che sta attraversando un momento di grave crisi politica. Affido al Signore le vittime degli scontri e i loro familiari».

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