Padre Giuseppe Riggio. "Mattarella? Ha un patrimonio di prestigio che gli renderà ancora più incisivo il suo ruolo di garante"

Rassicurato dalla conferma del presidente Mattarella al Quirinale, ma al tempo stesso preoccupato per il quadro politico che ne è uscito. Sono i sentimenti che p. Giuseppe Riggio, da poche settimane direttore di Aggiornamenti Sociali, esprime dopo l’esito delle votazioni per il Quirinale. Abbiamo raggiunto al telefono il direttore della rivista dei Gesuiti per fare con lui un bilancio di questo passaggio così delicato nella vita politica del Paese.

Padre Giuseppe Riggio. "Mattarella? Ha un patrimonio di prestigio che gli renderà ancora più incisivo il suo ruolo di garante"

La scelta di Mattarella è rassicurante perché «conosciamo le qualità e lo spessore della persona, testimoniati da come ha svolto il suo mandato in questi sette anni, nel rispetto della Costituzione e vicino alla gente. Ci sono, però, campanelli di allarme, basta pensare ai giorni delle elezioni, che sono stati caotici. Non si riusciva a capire che orientamento avevano i partiti».

Il governo Draghi aveva sancito la crisi dei partiti e aperto un tempo in cui questi potevano dedicarsi a un ripensamento profondo. Il voto del Quirinale non ci consente illusioni: la crisi c’è ancora.

«La crisi dei partiti non è ancora, evidentemente, superata. Dopo un anno di governo Draghi i partiti hanno, di fatto, scelto di congelare la situazione ai vertici delle istituzioni più importanti del Paese. La riconferma di Mattarella e il mantenimento di Draghi alla guida del governo è come dire “teniamo tutto fermo perché non riusciamo a prendere altre strade”».

Come valuta lo svolgimento dei diversi e inutili scrutini?

«C’è stata fretta e improvvisazione, non avendo lavorato prima per preparare un’elezione così delicata. Questo ha impedito di giungere a un esito diverso e dover perciò chiedere al presidente Mattarella di dare la disponibilità a una rielezione che non desiderava. Bisogna riconoscere che i grandi elettori dovevano far fronte a una difficoltà oggettiva: non si trattava solo di eleggere il Presidente della Repubblica, ma anche di essere attenti alle ripercussioni di questa elezione sul governo e sulla vita di questa legislatura. In questa partita erano coinvolte le massime istituzioni dello Stato, le cui sorti erano vicendevolmente collegate. Tenere insieme i vari livelli significava avere una visione di insieme e di ampio respiro. Soprattutto, richiedeva la ricerca di un consenso quanto più esteso possibile su una candidatura credibile. Purtroppo questa attenzione è stata ben poco presente nei giorni dell’elezione».

In questa logica è tornata più volte la questione femminile. È stata posta con convinzione o strumentalmente?

«Per il politically correct si sono prese in considerazione delle candidature di donne e sono stati fatti diversi nomi. Ma è come se non si fosse mai effettivamente creduto nella possibilità di individuare una figura femminile da eleggere, anche quando vi è stato il voto del centrodestra per la presidente Casellati».

Il king maker per eccellenza doveva essere Matteo Salvini. Come ne è uscito?

«Non ha superato l’esame: ha fatto una serie di scelte dubbie che si sono poi rivelate, dal suo punto di vista, assolutamente controproducenti. Si era arrogato il diritto di essere colui che gestiva, per il Centrodestra, la partita del Quirinale, ma alla fine è stato molto ondivago nelle scelte, come se non avesse una vera strategia e di volta in volta cercasse un appiglio per giungere a una soluzione. Ha dato così l’impressione di aver gestito la partita in modo improvvisato».

Tra un anno avremo le elezioni politiche. Come si esce dalla situazione di crisi del sistema partitico?

«Le coalizioni e i partiti escono con le ossa rotte da questo passaggio. Dopo aver festeggiato per la rielezione di Mattarella, ora vengono fuori le ferite che questa rielezione ha prodotto. Se da questa vicenda si aprisse un vero confronto all’interno dei partiti, ecco questa sarebbe una buona notizia per il nostro sistema politico e per le nostre istituzioni. Un altro tema di cui sentiremo molto parlare sarà se andare al voto con l’attuale legge elettorale o meno».

In tanti sembrano, in effetti, volere il proporzionale …

«Anche i più convinti sostenitori di una logica maggioritaria bipolare pensano che, in questa fase, sia necessario avere un proporzionale, con soglie di sbarramento e meccanismi per evitare una eccessiva dispersione del voto. Potrebbe servire a chiarire le posizioni e le proposte dei vari partiti».

Il quadro politico che uscirà dalle prossime elezioni sarà profondamente diverso da quello uscito nel 2018. Cosa immagina?

«Impossibile dirlo ora. La partita si giocherà molto su quanto l’azione del governo potrà incidere sui problemi concreti della gente. Nelle pochissime parole pronunciate subito dopo la comunicazione dell’esito della rielezione, Mattarella ha fatto riferimento proprio ai problemi che vivono tanti cittadini. Fino a che i partiti non si sintonizzano su questa dimensione e agiscono su questo, rischiano di aumentare il senso di lontananza dei cittadini. Il voto che ci sarà tra un anno dipenderà molto da quanto i cittadini percepiranno che le forze politiche si sono prese carico in modo reale dei loro problemi».

Come cattolici che contributo si può dare per rigenerare la politica?

«Da un lato serve fare attenzione a quella che è la dinamica della partecipazione che come società oggi facciamo fatica a vivere. Il livello di partecipazione alle iniziative pubbliche è calato. Serve chiedersi cosa significa oggi partecipare e come si può farlo in un contesto in cui, con l’avvento del digitale, le cose sono completamente cambiate (si pensi alla possibilità di firmare on line i referendum). È importante poi interrogarsi sullo stile con cui si partecipa. In tale prospettiva, come cattolici, possiamo recuperare e rivitalizzare un patrimonio che è stato fecondo, che ha dato frutti e che costituisce un modo costruttivo di stare dentro il dibattito pubblico». 

Che settennato si immagina?

«Non credo ci saranno grandi cambi di stile da parte del Presidente. La differenza fondamentale sta nel fatto che sette anni fa arrivava al Quirinale una persona poco conosciuta. Ora, invece, Mattarella inizia il suo mandato sostenuto da un grande apprezzamento, perché è riconosciuto come una figura che ispira fiducia e che rappresenta tutti noi. Dispone di un patrimonio di prestigio personale a livello interno e internazionale, che gli permetterà, nel rispetto della Costituzione, di svolgere in modo ancora più incisivo il proprio ruolo di garante e arbitro della vita istituzionale e politica del Paese». 

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