Chiede, Francesco, di guardare nelle nostre case il Crocifisso: "misura dell’amore di Dio per noi"

Siamo giunti alla fine della Quaresima, un tempo per riflettere sul proprio percorso di vita, tempo di conversione.

Chiede, Francesco, di guardare nelle nostre case il Crocifisso: "misura dell’amore di Dio per noi"

È una basilica vuota, non ci sono le file di banchi per accogliere i fedeli, ma, forse, le persone sono più numerose, strette come non mai attorno al Papa, in questa domenica delle Palme, nel silenzio delle nostre città al tempo del Covid 19. Dal IV secolo, come testimonia la pellegrina Egeria nel suo Giornale di viaggio, a Gerusalemme la domenica che precede la Pasqua era la domenica in cui si entra nella grande settimana. Una grande processione con i rami di palma, racconta, faceva memoria dell’ingresso di Gesù nella città santa. Accolto dal popolo, dai giovani, mentre procedeva a dorso di un asino.

Nel silenzio di questa domenica, il Papa celebra all’altare della Cattedra. Non c’è la processione con i rami di palme e ulivi. C’è un silenzio che rende ancora più suggestiva e carica di significati questa liturgia, che esalta il potere dei segni per usare una espressione cara a don Tonino Bello.

Siamo così giunti alla fine della Quaresima, un tempo per riflettere sul proprio percorso di vita, tempo di conversione. È un tempo duro fatto di penitenza, per cogliere e capire meglio ciò di cui veramente si ha bisogno; tempo nel quale ci è chiesto di lasciare quanto di negativo ci siamo portati dietro, e di far crescere la nostra relazione con Dio. Quest’anno avvertiamo in modo nuovo questi giorni che ci separano dalla Pasqua. Le chiese sono aperte solo per la preghiera personale, la tv diventa la compagna di messe e preghiere, con sacerdoti che celebrano sui tetti delle loro canoniche, o nelle chiese, in streaming. È il silenzio che scandisce le liturgie. Viene alla mente l’immagine del deserto, il tempo della prova, dell’ascolto della parola di Dio. Tempo in cui dovremmo scrollarci di dosso quanto di negativo si è incrostato nel corso della nostra esistenza.

Ma non siamo soli in questo deserto. Ce lo ricorda Papa Francesco nell’omelia che pronuncia in basilica: “quando ci sentiamo con le spalle al muro, quando ci troviamo in un vicolo cieco, senza luce e via di uscita, quando sembra che perfino Dio non risponda, ci ricordiamo di non essere soli”. Francesco celebra la Messa, ai lati dell’altare l’antica icona mariana della Salus Populi Romani, venerata nella Cappella Paolina di Santa Maria Maggiore e il Crocifisso di San Marcello che nel 1522 attraversò le strade di Roma, preghiera silenziosa per chiedere la fine della grande peste. Sono le stesse immagini che aveva voluto sul sagrato di San Pietro, venerdì 27 marzo. Ricorda il tradimento di Giuda, Francesco nell’omelia, e dice: “quante falsità, ipocrisie, e doppiezze. Quante buone intenzioni tradite. Quante promesse non mantenute. Quanti propositi lasciati svanire. Il Signore conosce il nostro cuore meglio di noi, sa quanto siamo deboli e incostanti, quante volte cadiamo, quanta fatica facciamo a rialzarci, e quant’è difficile guarire certe ferite”. Ma non siamo soli: “io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente”.

Non siamo soli. Pietro lo ha tradito tre volte, come leggiamo in Matteo e negli altri sinottici; ma proprio a Pietro, Gesù ha consegnato la sua chiesa. Così il Papa dice: “oggi, nel dramma della pandemia, di fronte a tante certezze che si sgretolano, di fronte a tante aspettative tradite, nel senso di abbandono che ci stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno: coraggio. Apri il cuore al mio amore. Sentirai la consolazione di Dio, che ti sostiene”.
È scesa la sera, diceva venerdì sul sagrato di San Pietro. “Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante”. Di fronte a questo dramma siamo chiamati “a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore”.
Chiede il Papa di guardare, nelle nostre case, il Crocifisso, “misura dell’amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare”. La via del servizio, afferma, “è la via vincente, che ci ha salvati, e che ci salva, ci salva la vita”.

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Fonte: Sir