Il 6 febbraio ricorre l'anniversario dei trent'anni dalla morte di Padre David Maria Turoldo

Il 6 febbraio ricorre l’anniversario della morte di David Maria Turoldo, una delle figure più significative della Chiesa moderna. David Maria Turoldo può essere definito il “profeta” della povertà” ma anche il “poeta” che sognava una Chiesa a servizio di coloro che “hanno fame e sete di opposizione”.

Il 6 febbraio ricorre l'anniversario dei trent'anni dalla morte di Padre David Maria Turoldo

Lo scrittore Dino Buzzati cercando di definire un suo ritratto ebbe a dire: “ E’ friulano, giovane, alto, magro, longilineo…In borghese potrebbe sembrare un violinista, uno scienziato nordico ….ma scelse la chiesa dei poveri”. Era sicuro che “i poveri sono la profezia di Dio per la risoluzione della vita di tutti. Ciò è vero anche nel senso negativo della profezia; che cioè, ad esempio, non ci può essere pace sulla terra finché ci sarà un solo povero umiliato e offeso nel mondo. Ma per questo bisognerebbe che la chiesa – almeno la chiesa fosse chiesa dei poveri, essa stessa chiesa povera: non bastando neppure che sia chiesa per i poveri. O è o non è. E infatti non è”. (David Maria Turoldo – “Profezia della povertà” (Servitium, ed.) Nato in Friuli a Codorno nel 1916, sacerdote, frate dei Servi di Maria, laureatosi in Filosofia, visse presso il Convento di S.Carlo al Corso in Milano negli anni della Resistenza e della ricostruzione. Dal 1963, per sottolineare la sua soddisfazione per l’inizio del Concilio Vaticano II°, scelse come sua dimora la comunità del Priorato di S.Egidio in Fontanella di Sotto il Monte, paese natale di papa Giovanni XXIII. E’ proprio a Fontanella che David Maria affina la sua grande vena poetica e oratoria. David Maria Turoldo era convinto che “ il cristiano o è un resistente o non è cristiano”. Dal pulpito del Duomo di Milano intonò persino Bandiera Rossa. Sempre stato dalla parte degli ultimi ( “ meglio perdenti che perduti”), diceva, subì l’ostracismo delle gerarchie ecclesiastiche ma l’amico Cardinal Martini non esitò a dire: “Abbiamo sbagliato”. “ Fatelo girare, perché non coaguli”, disse il Capo del Sant’uffizio, cercando di sradicarlo, di farne appassire la vocazione. Operazione impossibile che non riuscì con “I folli di Dio” come li chiama Mario Lancisi ( “I folli di Dio”,(ed.S.Paolo,2020), dove Padre David si è trovato in buona compagnia: La Pira, Milani, Facibeni, e altri. La scelta della povertà di David Maria Turoldo parte da lontano. E’ lui stesso a confidarsi che, data la estrema povertà dei suoi genitori, per loro si augurava una morte prematura.

Forte per tutta la sua vita il vivere nei palazzi troppo sontuosi di una Chiesa che di povertà aveva ben poco, sentiva di scontare un certo senso di colpa. Nei suoi numerosi libri di poesie, Canti ultimi, al termine del suo cammino terreno, in attesa di tornare alla Casa del Padre così si esprime:
Ma tu, Amica
quando verrai
sarà sempre tardi
e Lui sa perché
Pur certo di emigrare
di vita in vita
sapere di dissolversi è triste
anche il corpo delira

di te, o Deità.
Solo una grazia chiedo:
che là
almeno non ci facciamo più male.
(Padre David Maria Turoldo a Milano il 6 febbraio 1992)

Alberto Trevisan

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