L’equità di Dio. Dio, che non fa il calcolo dei nostri meriti, ma ci ama come figli

La grazia di Dio supera la giustizia mentre noi “a volte rischiamo di avere una relazione ‘mercantile’ con Dio

L’equità di Dio. Dio, che non fa il calcolo dei nostri meriti, ma ci ama come figli

“Migrare dovrebbe essere una scelta libera e mai l’unica possibile”. Nelle parole che pronuncia dopo la preghiera mariana dell’Angelus, Papa Francesco ricorda la Giornata mondiale, domenica, del migrante e del rifugiato, sul tema “Liberi di scegliere se migrare o restare”, ma anche la sua partecipazione ai Rencontres Méditerranéennes svoltisi a Marsiglia. Proprio nella città francese, “crocevia di popoli e culture”, che si affaccia sul Mediterraneo, il Papa è tornato a dire che siamo chiamati a “creare comunità pronte e aperte ad accogliere, promuovere, accompagnare e integrare quanti bussano alle nostre porte”. È un messaggio chiaro che Francesco ripete dal suo primo viaggio a Lampedusa, 8 luglio 2013, quando parlò di “globalizzazione dell’indifferenza”, di un mare diventato cimitero liquido. A Marsiglia il “mare nostrum” è diventato “mare mortuum”, e il Mediterraneo – “il misterioso lago di Tiberiade” lo chiamava Giorgio La Pira – “da culla della civiltà” a “tomba della dignità”.
Così all’Angelus afferma che “il diritto di migrare oggi per molti è diventato un obbligo, mentre dovrebbe esistere il diritto a non emigrare per rimanere nella propria terra”. Va garantita a ogni uomo e donna la possibilità “di vivere una vita degna nella società in cui si trova. Purtroppo, miseria, guerre e crisi climatica costringono tante persone a fuggire”.
Angelus nel quale il Papa commenta il Vangelo di Matteo, la parabola del padrone della vigna che chiama in tempi diversi persone a lavorare sul suo terreno, ma a tutti da un uguale compenso, anche se sono arrivati in un secondo momento. Un’ingiustizia? Sembrerebbe, dice il Papa, “ma la parabola non va letta attraverso criteri salariali; piuttosto, ci vuole mostrare i criteri di Dio, che non fa il calcolo dei nostri meriti, ma ci ama come figli”. Scelta che litiga con la logica del mondo, ma ecco che ci aiuta Isaia, la prima lettura: “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”.
Nel Regno di Dio non ci sono disoccupati, tutti sono chiamati a fare la loro parte, ricordava Francesco qualche anno fa commentando questo passo del Vangelo di Matteo. E questa domenica sottolinea che nella parabola “i lavoratori non sono soltanto gli uomini, ma soprattutto Dio che esce sempre senza stancarsi” perché “non aspetta i nostri sforzi, non ci fa un esame per valutare i nostri meriti prima di cercarci, non si arrende se tardiamo a rispondergli; al contrario, Lui stesso ha preso l’iniziativa e in Gesù è “uscito” verso di noi, per manifestarci il suo amore”. La parabola ci dice inoltre che nella vigna possiamo entrare tutti, anche in momenti diversi, e Dio “largo di cuore, ripaga tutti con la stessa moneta, che è il suo amore”. Nessuna ingiustizia perché quella di Dio “è una giustizia superiore”.
Ma è inevitabile, per noi, prendere le parti di coloro che hanno lavorato di più ricevendo lo stesso compenso, e che chiedono al padrone di dare meno soldi a chi è venuto dopo di loro. Come non pensare alla parabola del figlio prodigo, o, meglio, del padre misericordioso: il fratello maggiore è indignato non tanto da ciò che lui ha ricevuto, ma da quanto ha dato al fratello minore, tornato a casa dopo aver dilapidato tutto il denaro avuto.
La giustizia di Dio, afferma il vescovo di Roma, “non misura l’amore sulla bilancia dei nostri rendimenti, delle nostre prestazioni o dei nostri fallimenti: Dio ci ama e basta, ci ama perché siamo figli, e lo fa con un amore incondizionato un amore gratuito”.
La grazia di Dio supera la giustizia mentre noi “a volte rischiamo di avere una relazione ‘mercantile’ con Dio, puntando più sulla nostra bravura che sulla sua generosità e la sua grazia”. Anche come chiesa, aggiunge Francesco, “invece che uscire a ogni ora del giorno e allargare le braccia a tutti, possiamo sentirci i primi della classe, giudicando gli altri lontani, senza pensare che Dio ama anche loro con lo stesso amore che ha per noi”. E ancora, nelle nostre relazioni, dice il Papa, “la giustizia che pratichiamo a volte non riesce a uscire dalla gabbia del calcolo e ci limitiamo a dare secondo quanto riceviamo, senza osare qualcosa in più, senza scommettere sull’efficacia del bene fatto gratuitamente e dell’amore offerto con larghezza di cuore.

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Fonte: Sir