"La Chiesa deve entrare nelle questioni conflittuali che riguardano ambiente e lavoro". A Treviso il 4° seminario di pastorale sociale

Si è aperto a Treviso il 4° Seminario nazionale di Pastorale sociale. Don Bignami (Cei), “nuovo stile nasca dalla Laudato si’. Prossima Settimana sociale sulla sostenibilità”. Padre Occhetta (Civiltà Cattolica), “la Chiesa deve entrare nelle questioni conflittuali che riguardano ambiente e lavoro”, “nei conflitti sociali fondamentale il discernimento delle comunità”.

"La Chiesa deve entrare nelle questioni conflittuali che riguardano ambiente e lavoro". A Treviso il 4° seminario di pastorale sociale

Una pastorale “trasversale”, che lavora per progetti prima che per ambiti. Attenta ad “accompagnare le comunità” ma anche a cogliere le sfide che arrivano dall’esterno, come quella che “i giovani lanceranno venerdì con la giornata di mobilitazione sul clima”. È questa la pastorale sociale delineata da don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale sociale e i problemi del lavoro, nell’introdurre oggi pomeriggio a Treviso l’intervento il 4° Seminario nazionale di Pastorale sociale, intitolato “Cercare un nuovo inizio, per una pastorale sociale capace di futuro: lavoro, giovani, sostenibilità”, rivolto in particolare ai direttori degli Uffici di pastorale sociale e alle associazioni interessate. Don Bignami ha ammesso che quello della pastorale sociale è un ambito difficile, ma quella dell’ecologia integrale delineata dalla Laudato si’ è una “bella sfida e prospettiva”. Il direttore dell’Ufficio Cei ha, a questo proposito, anticipato che la prossima Settimana sociale nazionale sarà dedicata ai temi della sostenibilità e del bene comune. Don Bignami ha poi individuato tre questioni che guideranno i lavori del seminario, che si concluderà sabato. La prima è quella di una pastorale sociale, per usare le parole del cardinale Martini, profetica e trasversale, capace di “agire per progetti insieme ad altre dimensioni pastorali, come Caritas, Salute, Giovani”. In secondo luogo, l’utilizzo di quelle che il direttore ha chiamato le “tre corsie dell’autostrada”: la capacità di integrare, la capacità di dialogo, la capacità di generare”. In terzo luogo, don Bignami ha segnalato “due salvagenti”: il principio che l’unità prevale sul conflitto, indicato dal Papa, e la sostenibilità.

“Quando un Ufficio diocesano della pastorale sociale e del lavoro deve decidere cosa fare davanti alle questioni legate all’inquinamento o al degrado dei territori occorre avere un’attitudine come premessa a qualsiasi nostra forma di accompagnamento: il servizio della fede e la promozione della giustizia”. Lo ha detto il gesuita padre Francesco Occhetta, redattore della “Civiltà Cattolica”, tenendo oggi pomeriggio a Treviso l’intervento introduttivo del 4° Seminario nazionale di Pastorale sociale, intitolato “Cercare un nuovo inizio, per una pastorale sociale capace di futuro: lavoro, giovani, sostenibilità”, rivolto in particolare ai direttori degli uffici di Pastorale sociale e alle associazioni interessate. Padre Occhetta, intervenuto sul tema “L’Unità prevale sul conflitto. Essere enzimi nei nostri territori”, ha proseguito: “Senza la dimensione della giustizia e della sua concreta costruzione la nostra fede si ritrae nel cultico. Senza la fede la nostra azione diventa ideologica e rischia di far diventare l’idea più forte della vita delle persone che si devono servire. Tra i valori e la realtà incarnata occorre attraversare quella terra di nessuno che si chiama discernimento che porta la dottrina sociale a essere dinamica e sempre in divenire nella storia”. La Chiesa, ha spiegato il redattore della “Civiltà Cattolica”, non deve avere paura a “entrare” nelle questioni che riguardano il delicatissimo nesso tra ambiente e lavoro e ha portato l’esempio dell’Ilva di Taranto, partendo dal fatto che per la Dottrina sociale “il lavoro è soprattutto la vita del lavoratore” e questa è la bussola che deve orientare il discernimento in casi complessi o di conflitto. Padre Occhetta, nel ripercorrere l’impegno della Chiesa nel caso Ilva. Ha individuato alcune caratteristiche paradigmatiche, già sperimentate in altri contesti, come quello tedesco: la denuncia di ciò che umilia la persona; l’accompagnamento dei processi di mediazione; lo stile di povertà; la competenza tecnica; la proposta di alternative possibile che rendono l’azione neutra ma non neutrale.

I conflitti sociali “non sono una patologia della vita sociale ma al contrario la sua fisiologia: una comunità cresce affrontando questi nodi e sciogliendoli con giustizia, viceversa si disgrega se non li affronta o se li risolve in modo iniquo”. Padre Occhetta, nella parte conclusiva del suo intervento, intitolato “L’Unità prevale sul conflitto. Essere enzimi nei nostri territori”, ha proseguito: “I conflitti quindi non vanno evitati ma attraversati, sapendo che nella vita di una comunità vale quel che accade anche nella vita personale: o si procede verso il meglio o si arretra, non si rimane mai in equilibrio nello stesso punto di maturazione morale”. I conflitti sociali, per esempio in materia di ambiente e lavoro, diventano importanti dinamiche di “discernimento comunitario”, con dinamiche adatte al tipo di comunità che fa da contesto ai problemi (una cosa è una comunità religiosa, un’altra una comunità civile), che diano soddisfazione alle attese di riconoscimento e alla storia morale dei desideri delle parti confliggenti. Per quanto riguarda il ruolo della della comunità ecclesiale nel contesto più ampio e plurale della comunità civile e dei suoi conflitti nella ricerca del bene comune, padre Occhetta ha invitato a tenere in considerazione tre livelli: le comunità come luoghi di esperienza, di ascolto e discernimento; le comunità come luoghi di ospitalità e di formazione ai servizi di Giustizia riparativa; le comunità come luoghi d’incontro, di mediazione e di legami sociali.

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Fonte: Sir