"Lo Stato nazionale non può essere considerato come un assoluto". Papa Francesco denuncia nazionalismo, razzismo e antisemitismo

“Alcuni Stati nazionali attuano le loro relazioni in uno spirito più di contrapposizione che di cooperazione”. A lanciare il grido d’allarme è il Papa, durante l’udienza concessa ieri ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in corso fino a domani presso la Casina Pio IV in Vaticano, sul tema: ”Nation, State, Nation-State”.

"Lo Stato nazionale non può essere considerato come un assoluto". Papa Francesco denuncia nazionalismo, razzismo e antisemitismo

Le frontiere degli Stati non sempre coincidono con demarcazioni di popolazioni omogenee e che molte tensioni provengono da un’eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli Stati, spesso proprio in ambiti dove essi non sono più in grado di agire efficacemente per tutelare il bene comune”, l’analisi di Francesco, che ha citato la Laudato sì e il discorso ai Membri del Corpo Diplomatico di quest’anno, in cui ha attirato l’attenzione “sulle sfide a carattere mondiale che l’umanità deve affrontare, come lo sviluppo integrale, la pace, la cura della casa comune, il cambiamento climatico, la povertà, le guerre, le migrazioni, la tratta di persone, il traffico di organi, la tutela del bene comune, le nuove forme di schiavitù”. Poi la citazione della “bella nozione” di “popolo” che troviamo in San Tommaso: “Come la Senna non è un fiume determinato per l’acqua che fluisce, ma per un’origine e un alveo precisi, per cui lo si considera sempre lo stesso fiume, sebbene l’acqua che scorre sia diversa, così un popolo è lo stesso non per l’identità di un’anima o degli uomini, ma per l’identità del territorio, o ancora di più, delle leggi e del modo di vivere, come dice Aristotele nel terzo libro della Politica”.

La Chiesa osserva con preoccupazione il riemergere, un po’ dovunque nel mondo, di correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati, come pure quel crescente nazionalismo che tralascia il bene comune”. “Così si rischia di compromettere forme già consolidate di cooperazione internazionale, si insidiano gli scopi delle Organizzazioni internazionali come spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi su un piano di reciproco rispetto, e si ostacola il conseguimento degli Obiettivi dello sviluppo sostenibile approvati all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015”, il monito di Francesco, che ha ricordato che “la Chiesa ha sempre esortato all’amore del proprio popolo, della patria, al rispetto del tesoro delle varie espressioni culturali, degli usi e costumi e dei giusti modi di vivere radicati nei popoli”. Nello stesso tempo, però, “la Chiesa ha ammonito le persone, i popoli e i governi riguardo alle deviazioni di questo attaccamento quando verte in esclusione e odio altrui, quando diventa nazionalismo conflittuale che alza muri, anzi addirittura razzismo o antisemitismo”.

“È dottrina comune che lo Stato è al servizio della persona e dei raggruppamenti naturali delle persone quali la famiglia, il gruppo culturale, la nazione come espressione della volontà e i costumi profondi di un popolo, il bene comune e la pace”. Troppo spesso, tuttavia, “gli Stati vengono asserviti agli interessi di un gruppo dominante, per lo più per motivi di profitto economico, che opprime, tra gli altri, le minoranze etniche, linguistiche o religiose che si trovano nel loro territorio”. Il Papa ha ribadito che “il modo in cui una nazione accoglie i migranti rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l’umanità”. “Ogni persona umana è membro dell’umanità e ha la stessa dignità”, ha ricordato Francesco: “Quando una persona o una famiglia è costretta a lasciare la propria terra va accolta con umanità”. “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”, i quattro verbi che per il Papa riassumono gli “obblighi verso i migranti”: “Il migrante non è una minaccia alla cultura, ai costumi e ai valori della nazione che accoglie. Anche lui ha un dovere, quello di integrarsi nella nazione che lo riceve”. “Integrare non vuol dire assimilare – ha precisato Francesco – ma condividere il genere di vita della sua nuova patria, pur rimanendo sé stesso come persona, portatore di una propria vicenda biografica. In questo modo, il migrante potrà presentarsi ed essere riconosciuto come un’opportunità per arricchire il popolo che lo integra”. Nell’ottica del Papa, “è compito dell’autorità pubblica proteggere i migranti e regolare con la virtù della prudenza i flussi migratori, come pure promuovere l’accoglienza in modo che le popolazioni locali siano formate e incoraggiate a partecipare consapevolmente al processo integrativo dei migranti che vengono accolti”.

Uno Stato che suscitasse i sentimenti nazionalistici del proprio popolo contro altre nazioni o gruppi di persone verrebbe meno alla propria missione. Sappiamo dalla storia dove conducono simili deviazioni. Penso all’Europa del secolo scorso”. “Anche la questione migratoria, che è un dato permanente della storia umana, ravviva la riflessione sulla natura dello Stato nazionale”, la tesi di Francesco, secondo il quale “tutte le nazioni sono frutto dell’integrazione di ondate successive di persone o di gruppi di migranti e tendono ad essere immagini della diversità dell’umanità pur essendo unite da valori, risorse culturali comuni e sani costumi”. “Lo Stato nazionale non può essere considerato come un assoluto, come un’isola rispetto al contesto circostante”, la denuncia del Papa: “Nell’attuale situazione di globalizzazione non solo dell’economia ma anche degli scambi tecnologici e culturali, lo Stato nazionale non è più in grado di procurare da solo il bene comune alle sue popolazioni. Il bene comune è diventato mondiale e le nazioni devono associarsi per il proprio beneficio. Quando un bene comune sopranazionale è chiaramente identificato, occorre un’apposita autorità legalmente e concordemente costituita capace di agevolare la sua attuazione. Pensiamo alle grandi sfide contemporanee del cambiamento climatico, delle nuove schiavitù e della pace”. “Mentre, secondo il principio di sussidiarietà, alle singole nazioni dev’essere riconosciuta la facoltà di operare per quanto esse possono raggiungere – ha spiegato Francesco –  d’altra parte, gruppi di nazioni vicine – come è già il caso – possono rafforzare la propria cooperazione attribuendo l’esercizio di alcune funzioni e servizi ad istituzioni intergovernative che gestiscano i loro interessi comuni”. Di qui l’auspicio che “non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra”. “In America Latina – ha ricordato il Papa – Simón Bolivar spinse i leader del suo tempo a forgiare il sogno di una Patria Grande, che sappia e possa accogliere, rispettare, abbracciare e sviluppare la ricchezza di ogni popolo”.

Una “visione cooperativa fra le nazioni può muovere la storia rilanciando il multilateralismo, opposto sia alle nuove spinte nazionalistiche, sia a una politica egemonica”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso rivolto ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha spiegato che l’umanità “eviterebbe così la minaccia del ricorso a conflitti armati ogni volta che sorge una vertenza tra Stati nazionali, come pure eluderebbe il pericolo della colonizzazione economica e ideologica delle superpotenze, evitando la sopraffazione del più forte sul più debole, prestando attenzione alla dimensione globale senza perdere di vista la dimensione locale, nazionale e regionale”. “Di fronte al disegno di una globalizzazione immaginata come ‘sferica’, che livella le differenze e soffoca la localizzazione, è facile che riemergano sia i nazionalismi, sia gli imperialismi egemonici”, la proposta di Francesco: “Affinché la globalizzazione possa essere di beneficio per tutti, si deve pensare ad attuarne una forma ‘poliedrica’, sostenendo una sana lotta per il mutuo riconoscimento fra l’identità collettiva di ciascun popolo e nazione e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto viene prima delle parti, così da arrivare a uno stato generale di pace e di concordia”. “Le istanze multilaterali sono state create nella speranza di poter sostituire la logica della vendetta, del dominio, della sopraffazione e del conflitto con quella del dialogo, della mediazione, del compromesso, della concordia e della consapevolezza di appartenere alla stessa umanità nella casa comune”, ha ricordato il Papa: “Certo – ha proseguito – bisogna che tali organismi assicurino che gli Stati siano effettivamente rappresentati, a pari diritti e doveri, onde evitare la crescente egemonia di poteri e gruppi di interesse che impongono le proprie visioni e idee, nonché nuove forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell’identità, degli usi e dei costumi, della dignità e della sensibilità dei popoli interessati”. “L’emergere di tali tendenze sta indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una scarsa credibilità nella politica internazionale e di una progressiva emarginazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni”.

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Fonte: Sir